Gente di Montagna
i 50 del 2023

Eccoli i magnifici 50 della montagna. Alcuni hanno compiuto imprese importanti, a volte incredibili. Altri hanno contribuito in modo consistente alla conoscenza e allo sviluppo del mondo che amiamo. Arrivano da tutto il mondo, anche se riconosciamo di avere talvolta peccato di campanilismo, alcuni hanno appena superato i 20 anni, altri hanno spento da un pezzo le 70 candeline. Tutti, indistintamente li abbiamo amati, magari anche solo per un giorno, ma tanto è bastato.

Quella che potete scorrere in queste pagine non è una classifica. I numeri sono stati assegnati dall’ordine alfabetico, un po’ come il registro della scuola. Incontrerete quindi in ordine sparso alpinisti e scrittori, free climber e rifugisti, trailrunner e custodi dell’ambiente. Tutti con il loro perché.

Il piacere di celebrare, anche solo virtualmente, 50 protagonisti della montagna si è diluito con il rammarico per coloro, forse altrettanti, che non incontrerete e che pure avrebbero avuto i titoli per fare parte del gruppo. È il destino di questo genere di iniziative.
Ne erano consapevoli fin da subito i cinque professionisti della comunicazione della montagna - Stefano Ardito, Tatiana Bertera, Paolo Paci, Ettore Pettinaroli e Serafino Ripamonti - che hanno prima indicato i potenziali nomi da segnalare secondo le loro diverse sensibilità e quindi provveduto alla dolorosa scrematura per scendere a quota 50.
Buona lettura

1. Valerio Annovazzi

Alpinismo

I pensionati di una volta non esistono più. Valerio Annovazzi, classe 1958, vive in Val Brembana, in Lombardia, ha lavorato come camionista e muratore, era sovrappeso, fumava. Ha deciso di cambiar vita nel 2002, dopo un infarto, per dedicarsi a escursionismo e alpinismo. È sceso da 93 a 70 chili, si è allenato, lo scorso 3 luglio, sugli 8126 metri del Nanga Parbat, ha festeggiato il suo quinto “ottomila” insieme ai veneti Mario Vielmo e Nicola Bonaiti, all’argentino Juan Pablo Toro e al pakistano Muhammed Hussein. Negli anni precedenti, Annovazzi aveva salito il Cho Oyu, il Manaslu, il Gasherbrum II e il Broad Peak, e grandi vette delle Ande come l’Aconcagua, lo Huascarán e l’Alpamayo. Nel 2018, un tentativo sul Makalu gli era costato seri congelamenti alle mani. “Quella al Nanga Parbat è stata l’ultima spedizione” spiega Valerio. Sarà vero?

2. Hervé Barmasse

Alpinismo

Per molti anni, in Italia, a raccontare al grande pubblico la montagna e l’alpinismo è stato quasi solo Reinhold Messner. Da qualche tempo, e con particolare forza nel corso del 2023, il posto dell’altoatesino è stato preso da un altro figlio delle Alpi. Parliamo di Hervé Barmasse, guida alpina del Cervino, e figlio d’arte, che nel 2010 ha aperto insieme al padre Marco una via sulla parete Sud della “Gran Becca”. Autore di molte ascensioni importanti sul Monte Bianco, in Himalaya, in Karakorum e in Patagonia, Hervé nel marzo 2014 ha concatenato in solitaria e d’inverno le quattro creste del Cervino. Nello stesso anno, l’uscita de “La montagna dentro” lo ha proiettato nel mondo della comunicazione e dei libri. L’ultimo della serie, il volume illustratoCervino. La montagna leggendaria”, è diventato anche una mostra al Museo Nazionale della montagna di Torino.

Hervé Barmasse è fra i protagonisti del nostro Podcast "Il mistero dell'Everest"

Foto: Alex d'Emilia

3. Iris Bielli

Alpinismo

Lecchese, non ancora ventenne, Iris Bielli è la più giovane tra i componenti del Cai Eagle Team. Nel mese di settembre - accompagnata da Matteo della Bordella, Massimo Faletti e Maurizio Giordani - ha avuto l’occasione di aprire dal basso e poi liberare “Madre roccia”, nuova via alpinistica sulla parete sud della Marmolada. La via, con uno sviluppo di circa 900 m, presenta difficoltà di 8b max/7b obbligato. La Bielli ha avuto, tra l’altro, l’onore – e l’onere – di liberare quello che si è rivelato il tiro più duro della via (8b).

Foto: CAI

4. Léo Billon e Benjamin Védrines

Alpinismo

Doppia impresa per i due forti scalatori francesi, già balzati agli onori delle cronache per la Trilogia delle grandi Nord delle Alpi realizzata nel 2022 (con Sébastien Ratel) poi immortalata in un docu-film uscito all’inizio di quest’anno.
In febbraio i due hanno scalato a tempo di record la via Gousseault-Desmaison alle Jorasses, impiegando complessivamente meno di 20 ore. Nel mese di luglio i due si sono divisi portando a casa, praticamente in contemporanea, due vie in velocità sul versante italiano dl Bianco. Billon ha salito in meno di 16 ore la Super Integrale di Peuterey (insieme a Enzo Oddo), mentre più in là Védrines ha scalato in solitaria in 6h51’ l’Integrale di Peuterey.

Foto: Benjamin Vedrines

5. Remi Bonnet

Skialp

Il titolo di campione del mondo 2022/2023 di skialp, è il fiore all’occhiello del polivalente atleta svizzero, che ha appena portato a termine una stagione di primissimo livello. Quando ancora la neve imbiancava le montagna si è portato a casa un gran numero di vittorie in gare internazionali di scialpinismo tra cui diverse tappe delle ISMF World Series. Poi è stata la volta della corsa su sentieri e ha fatto suo il record della Pike's Peak Ascent di Manitou Springs (Colorado, USA), che resisteva da 30 anni. Una gara, questa, che faceva parte delle Golden Trail World Series, anch’esse dominate la cui classifica finale è stata vinta dallo stesso Bonnet. Nel palmares 2023 dello svizzero brilla anche la vittoria alla Marathon du Mont-Blanc, una delle gare di trail running più frequentate dai campioni di questa disciplina.

Foto: ISMF

6. Sebastien Bouin

Alpinismo

Abbonato al 9. Sono tante e importanti le linee di grado elevatissimo salite anche nel 2023 dal climber di Draguignan. L’elenco, non certamente esaustivo, comprende, innanzitutto, la salita di Bibliographie (9b+) a Céüse.
Sulle celebri pareti di Flatanger, in Norvegia, Bouin, ha realizzato in luglio la terza salita di Move Hard (9b) , disegnata nella grotta di Hanshelleren e che prevede alcuni passi in comune con la leggendaria Silence (9c).
In Italia lo abbiamo visto ad Andonno dove ha ripetuto Lapsus, gradata 9b (Bouin ha, però, proposto 9A+) liberata nel 2015 da Ghisolfi
A queste si aggiunge Jamming Destruction da lui liberata a fine estate nel Verdon e per la quale ha proposto il grado 9 a+/b.

Foto Facebook Seb Bouin

7. Vivian Bruchez

Freeride

Sono almeno due le discese che hanno lasciato il segno nel mondo dello sci ripido effettuate da Vivian Bruchez nel 2023. La forte guida francese ha iniziato l’anno con il botto percorrendo con Tom Lafaille un’inedita linea di discesa sul monte Oreb, nella catena di Haut-Giffre, poco distante da Chamonix. L’itinerario (5.3/E4/700m), che Bruchez aveva nel mirino da ben sei anni, è stato chiamato Le couloir Zooreb a causa dei numerosi animali incontrati durante l’impresa. Dopo altre discese estreme nel Gruppo del Bianco, suo giardino di casa, ed avere sciato sulla parete sud ovest del Dürrenhorn, nel gruppo svizzero dei Mischabel dove con due compagni ha aperto la linea The Golden Eye (5.1/E2/700 m), Bruchez si è diretto in Patagonia. Qui con Aurelien Lardy e Jules Socie ha sciato la big wall dell’Aguja Poincenot nel massiccio del Fitz Roy. Dopo avere effettuato la prima ripetizione della Whillans Cochrane (5.5/E5/300m), definita da Andreas Franssonuna delle più ripide ed esposte della mia vita”, ha aperto con i compagni la più sciabile Mini-Whillans (5.3/E4/300m).

Foto: Vivien Bruchez

8. Enrico Camanni

Cultura

Ne ha fatta di strada, il giovane alpinista torinese che voleva scrivere di montagna! Dopo essersi fatto le ossa alla “Rivista della Montagna” (1977-1984) e aver fondato e diretto “Alp” (1985-1998), Enrico Camanni ha curato “L'Alpe”, un’elegante rivista internazionale di cultura alpina, è diventato collaboratore de “La Stampa” e ha contribuito all’allestimento del Museo del Forte di Bard, in Valle d’Aosta, e alla trasformazione del Museo Nazionale della Montagna di Torino. Negli anni, però, Camanni è diventato sempre più uno scrittore, passando da libri di storia e da biografie di alpinisti come Giusto Gervasutti e Amé Gorret ai romanzi. Mette insieme i due filoni “Se non dovessi tornare”, sottotitolo “La vita bruciata di Gary Hemming, alpinista fragile” (Mondadori 2023). Un romanzo dedicato alla vita dell’uomo che ha portato per la prima volta sulle Alpi la forza del nuovo alpinismo californiano e le contraddizioni della generazione beat d’America.

9. Stefano Carnati

Free Climbing

Lo scalatore lombardo nella scorsa primavera ha salito un 9b in falesia (Erebor ad Arco di Trento) e di recente ha realizzato la salita di un boulder di 8c+ (Vecchio leone sit start, a Briona). Si tratta di uno dei pochissimi scalatori al mondo (una decina?) che può vantare il superamento di difficoltà di questo livello nelle due discipline. La prestazione è ancora più eccezionale se si tiene conto che Carnati non è un'atleta professionista, bensì un cosiddetto weekend warrior che normalmente durante la settimana è concentrato nello studio (Scienze ambientali all’Università dell'Insubria a Como).
Altra perla dello straordinario 2023 di Carnati è la salita flash di Paradise Lost, un blocco gradato 8b+ che si trova presso il Sustenpass, in Svizzera. Anche in questo caso si contano sulle dita di due mani gli arrampicatori che sono riusciti a compiere un simile exploit.

Foto Sport Specialist

10. Paolo Cognetti

Cultura

Dal Monte Rosa al Monte Rosa, passando per le nebbie della Valsesia. Il 2023 per l’autore de “Le otto montagne” è iniziato con il successo ottenuto nelle sale dal film tratto dal suo libro più noto, girato tra i borghi, i larici e le pietraie della Val d’Ayas dai belgi Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, con protagonisti gli attori Luca Marinelli e Alessandro Borghi. In autunno, l’uscita di “Giù nella valle”, il nuovo romanzo ispirato a ballate di Bruce Springsteen come “The River”, “Highway Patrolman” e “Nebraska”, e ambientato in una bassa Valsesia particolarmente cupa, ha riportato Paolo Cognetti in prima pagina. Le critiche di alcuni amministratori locali per la cattiva immagine della Valsesia nel libro si sono sciolte come neve al sole davanti all’annuncio che “Giù nella valle” si trasformerà probabilmente in un altro film, ovviamente girato lì.

11. Franco Collè

Trail Running

Per la quarta volta l’ingegnere di Gressoney ha fatto suo il Tor des Géants, l’endurance trail di 330 chilometri che percorre le Alte Vie 1 e 2 della Valle d’Aosta. Pur correndo sui sentieri di casa e vantando un’esperienza con pochi uguali anche per quanto riguarda tattica e gestione delle energie, la vittoria non era affatto scontata. Franco Collè , infatti, aveva già vissuto dolorosi ritiri ed era ben consapevole che al Tor, più che mai, la gara finisce sulla linea del traguardo. Questa volta ha trovato sulla sua strada un avversario tenace come il francese Olivier Romain che lo ha costretto a spingere al massimo. Al punto che, nonostante una flessione nel finale, Collè ha stampato il nuovo tempo record della gara: 66h39’16.

Foto: Roberto Roux Zzam! Agency

12. Courtney Dauwalter

Trail Running

La riconosciuta regina del trail running quest’anno l’ha combinata grossa, completando una straordinaria tripletta di vittorie. In poche settimane Courtney Dauwalter si è portata a casa Western States Endurance Run (con il nuovo record del percorso in 15h 29’ 33”), Hardrock Hundred Mile Endurance Run (dove è giunta quarta assoluta) e Ultra Trail Mont Blanc, ovvero le tre 100 miglia più famose del mondo. Nessuna atleta di vertice era mai riuscita a terminare queste tre gare nella stessa stagione. Lei le ha vinte... Tre perle che illuminano ulteriormente la corona già più che scintillante della campionessa proveniente dal Minnesota. E che ha ancora intenzione di vincere molto, in tutto il mondo.

Foto: Philipp Reiter

Courtney Dauwalter

13. Alessandro De Guelmi

Ambiente

In Trentino, nel 2023, il rapporto tra gli esseri umani e gli orsi è diventato improvvisamente drammatico. La sera del 5 aprile, l’uccisione del giovane runner Andrea Papi da parte dell’orsa JJ4 ha ricordato agli italiani (e non solo) che i plantigradi che vivono tra le Dolomiti di Brenta e la Val di Sole si sono moltiplicati, che il loro monitoraggio è stato ridotto, che una parte dei residenti non adotta comportamenti prudenti. La politica, a iniziare da Maurizio Fugatti, presidente della Provincia autonoma di Trento, ha invocato la riduzione degli orsi. Tra le voci più autorevoli che si sono alzate a difesa di questi animali è stata quella di Alessandro De Guelmi, ex-veterinario della Provincia e specialista di esemplari problematici. “Conosco M49, l’ho catturato tre volte, l’ho sentito respirare da vicino. Se davvero andava tolto di mezzo, sarebbe stato più dignitoso ucciderloha detto nel 2020.

14. Matteo Della Bordella

Alpinismo

Per l’alpinista di Varese, da anni nell’élite mondiale, il 2022 era iniziato con una tragedia. A gennaio, Matteo Della Bordella aveva aperto sul Cerro Torre, con Matteo De Zaiacomo e David Bacci, la via "Brothers in arms". In cima i tre hanno incontrato il piemontese Corrado "Korra" Pesce e l’argentino Tomás Aguiló. Ognuna delle cordate è scesa per il proprio itinerario, ma “Korra” è stato investito da una scarica di pietre ed è morto. Della Bordella ha partecipato al tentativo di soccorso. Nel 2023 Matteo è tornato in Patagonia, e ha aperto con Leonardo Gheza e al belga Sean Villanueva ‘O Driscoll la via “¿Qué mirás, Bobó?”, con difficoltà fino al 7b, sull'Aguja Mermoz, un elegante satellite del FitzRoy. Tra gli highlights dell’anno anche la ripetizione italiana della “Care Bear Traverse, 4 km di scalata fino al 7a attraverso Aguja Guillaumet, Aguja Mermoz, Pilastro Goretta e Fitz Roy, e il progetto Eagle Team, ideato da Matteo e realizzato con il CAI e il CAAI, per far crescere una nuova generazione di alpinisti italiani di alto livello.

15. Franco Faggiani

Cultura

Anno d’oro per l’autore de La Manutenzione dei sensi, il romanzo che nel 2018 lo fece conoscere al grande pubblico. Nel 2023 al suo nuovo “L’inventario delle nuvole” sono stati assegnati il Premio Cortina e il Gambrinus, due tra i più prestigiosi riconoscimenti letterari del panorama nazionale. Appassionato escursionista, il suo buen ritiro si trova in un paesino dell’Alta Val di Susa, è un instancabile cacciatore di storie dalle quale trarre spunto per i suoi romanzi, Faggiani è uno dei pochi autori di punta che ama confrontarsi senza riserve con i suoi lettori. Non si contano le presentazioni nelle librerie di tutta Italia, ormai sempre affollate, e mai noiose. A lui, sarà a causa della saggezza derivante dall’età, la fama non ha dato alla testa. E quando ci si accomiata da Faggiani la frase “è stato un piacere”, viene sempre dal cuore.

16. Stefano Ghisolfi

Free Climbing

Se riesci a liberare la via più dura d’Italia non puoi non entrare nella lista dei grandi dell’anno. Stefano Ghisolfi c’è riuscito il 3 febbraio quando a portato la corda in catena su Excalibur proponendo il grado 9b+. La linea disegnata su una parete che strapiomba a 40 gradi a Drena, poco distante da Arco di Trento, era da tempo nel mirino dei grandissimi dell’arrampicata sportiva, ma mai nessuno era riuscito a completarla, sebbene non sia molto lunga: sono solo una ventina di movimenti, ma tutti tecnici ed esplosivi.
Neppure Adam Ondra era riuscito a venirne a capo e dopo vari tentativi disse Game over, facendo gli auguri ai colleghi che avrebbero provato in futuro. Ghisolfi, dopo aver compiuto l’impresa ha detto di non avere mai salito una via tanto impegnativa nonostante avesse già in curriculum altri tre 9b+ quali Perfecto Mundo a Margalef, Change a Flatanger e Bibliographie a Céüse.

Foto: Sara Grippo

17. Simon Gietl

Alpinismo

Senza tregua. Lo scalatore della Valle Aurina ha inanellato nel 2023 una collana di salite notevolissime. In febbraio ha effettuato la prima traversata invernale in solitaria delle Odle, una cavalcata su 12 vette consecutive che ha richiesto tra l’altro due bivacchi in parete. In maggio – con Mathieu Maynadier e Roger Schaeliha aperto una nuova via sul Meru Sud (6660 metri), nell’Himalaya del Garwhal (India) battezzandola Gold Fish. Poi è stata la volta di Identitat, la via aperta in solitaria sulla Croda Antonio Berti, nelle Dolomiti di Sesto, per completare la quale ha impiegato ben sei giorni su difficoltà sostenute e roccia spesso friabile. Tra la fine di novembre e la metà di dicembre Gietl ha inoltre realizzato ben quattro nuove salite di misto: una sul Sass Pordoi e tre in Val di Tures.

18. Anna Giorgi

Cultura

Instancabile anima di Unimont, l’università della montagna con sede a Edolo, Anna Giorgi alza ancora una volta l’asticella. Presidente del corso di Laurea in Valorizzazione e tutela dell’Ambiente e del territorio montano e coordinatrice scientifica del CRC Ge.S.Di.Mont., ha introdotto il corso di laurea magistrale internazionale, multidisciplinare, in lingua inglese Valorization and sustainable development of mountain areasMOUNTSIDE, che consentirà di ampliare ulteriormente le collaborazioni con esperti internazionali e offrirà ulteriori sbocchi professionali agli studenti. Responsabile di numerosi progetti di ricerca nazionali e internazionali sulle tematiche montane. Nel 2023 è anche principal investigator del progetto di ricerca "MountResilence - Accelerating transformative climate adaptation for higher resilience in European Mountain Regions" che coinvolge 47 partner di 13 Paesi europei. Interessante anche la collaborazione con l’Esercito Italiano per "Campi d'Alta Quota 2023" un progetto di ricerca scientifica e di sperimentazione di nuove tecnologie in ambiente dalle caratteristiche "artiche", sul Ghiaccio del Gigante del massiccio del Monte Bianco.

19. Gioachino Gobbi

Cultura

Imprenditore, la Grivel è della sua famiglia, e appassionato valorizzatore delle storie e delle tradizioni della sua Courmayeur, Gobbi ha dato alle stampe nei mesi scorsi il libro Croméyeuï. Le Regine. È il secondo volume della trilogia Croméyeuï, ed è interamente dedicato a figure femminili importanti per la località ai piedi del Bianco. Non solo donne famose – come Isabelle Straon, Henriette d’Angeville o la Regina Margherita di Savoia, tra le tante, ma anche tante “regine” sconosciute ai forestieri ma che hanno saputo lasciare un’impronta indelebile nella vita della comunità locale. E c’è spazio anche per le Regine del cielo, come le statue dedicate alla Madonna poste sulla vetta del Dente del Gigante e del Mont Chetif e il piccolo santuario di Notre Dame de la Guérison. Un meritorio e rigoroso esercizio culturale di notevole spessore, che consente di conoscere da una prospettiva diversa, una delle capitali turistiche delle Alpi.

20. Kristin Harila

Alpinismo

È stato l’anno di Kristin Harila, l’ex-campionessa di sci da fondo norvegese che ha stabilito vari record sugli “ottomila”. Tra il 2021 e il 2022, Harila aveva fatto registrare due tempi da record (prima 12 ore, poi 9 ore e 5 minuti) per salire Everest e Lhotse. Tra il 2022 e il 2023, il suo tentativo di raggiungere Nirmal Purja salendo tutti gli “ottomila” in 6 mesi è fallito per la chiusura del confine cinese. Con le frontiere, però, Kristin e Tenjen Sherpa hanno raggiunto le 14 vette in soli 92 giorni, e hanno stabilito un altro record con 26 “ottomila” in un anno. La norvegese, soprannominata la “climbfluencer”, è stata criticata per l’uso dell’ossigeno in bombola, i trasferimenti in elicottero da una montagna all’altra, a volte (ma questo non è stato chiarito) con atterraggi più in su del campo-base. L’anno dei record è finito in tragedia il 7 ottobre, con la morte di Tenjen sullo Shisha Pangma insieme alla cliente statunitense Gina Marie Rzucidlo impegnata in un altro tentativo di record.

21. Mohamed Hassan

Alpinismo

L’alpinismo senza pietà dell’Everest è arrivato sul K2. Il 27 luglio del 2022, un’ottantina di alpinisti e di Sherpa ha raggiunto gli 8611 metri della seconda cima della Terra. Prima dell’alba, ai piedi del gigantesco seracco che chiude il canalone del “Collo di Bottiglia”, un portatore d’alta quota è caduto, si è ferito e ha rotto la maschera per l’ossigeno. Alcuni Sherpa lo hanno soccorso, nessuno ha interrotto l’ascensione per riportarlo a valle, in discesa i reduci dalla cima hanno scavalcato il suo cadavere. Si chiamava Mohamed Hassan, era nato ad Askole, ha lasciato la moglie, tre figli e una madre invalida, lavorava per la Lela Peak Expedition e per il Seven Summits Club. Sul K2 non aveva mai superato il campo-base, indossava del vestiario non adatto alla cima. “Non tentare di riportare Mohamed a valle è stata una vergogna, mandarlo lassù in quelle condizioni è stata un’infamia” ha scritto Alessandro Filippini. Siamo d’accordo.

22. Werner Herzog

Cultura

Due esploratori insaziabili e visionari”. Con queste parole, in collegamento da Los Angeles, il grande regista tedesco Werner Herzog, 81 anni ma sempre capace di stupire, ha reso omaggio ai vulcanologi e cineasti francesi Katia e Maurice Krafft, protagonisti di straordinarie esplorazioni e autori di meravigliosi filmati, uccisi nel 1991 da una nuvola di gas e materiali incandescenti sulle pendici dell’Unzen, un vulcano giapponese. La pellicola di Herzog, al Festival di Trento 2023, è stata premiata con la Genziana d’Oro della Città di Bolzano. Il regista bavarese si è occupato più volte di eruzioni e vulcani. Nel 1991 ha girato “Grido di pietra” tratto da un soggetto di Reinhold Messner e dedicato al Cerro Torre. Tra gli interpreti attori come Donald Sutherland e Vittorio Mezzogiorno e alpinisti come Stefan Glowacz e Hans Kammerlander.

Foto Raffi Asdourian from New York, United States via wikimedia commons

23. Alex Honnold

Free Climbing

Grazie a lui, l’arrampicata a Yosemite (e non solo) ha fatto un nuovo balzo in avanti. A rendere celebre il californiano Alex Honnold tra i praticanti sono stati i suoi record di velocità sulle grandi vie di El Capitan come The Nose (1 ora 58 minuti e 7 secondi con Tommy Caldwell, 5 ore e 49 minuti da solo) e sul Salathé Wall. Il film “Free Solo” di Jimmy Chin ed Elizabeth Chai Vasarhelyi, che lo mostra salire in 3 ore e 56 minuti i 900 metri di Freerider a El Capitan, lo ha fatto conoscere anche al grande pubblico. Nel 2015, insieme a Caldwell, ha compiuto la prima traversata integrale del FitzRoy in Patagonia, e per questo ha ottenuto il Piolet d'Or. Un anno fa Honnold è diventato padre, si è stabilito a Las Vegas, e ha continuato ad arrampicare nel vicino Red Rock Canyon. Nell’estate del 2023, ha salito l’Ingmikortilaq, un monolite alto 1140 metri nel cuore della Groenlandia. L’uomo delle pareti assolate non si spaventa di fronte alla neve, al vento artico e alle temperature abbondantemente sotto allo zero.

Foto FB @Alex Honnold

24. Kílian Jornet i Burgada

Trail Running

Il fenomeno catalano quest’anno ha dovuto rinunciare ai grandi appuntamenti del Trail running causa infortuni che non gli hanno consentito di essere al massimo per competere con rivali sempre più agguerriti. Il Piano B che ha messo in atto ha comunque lasciato tutti a bocca aperta.

Killian, a fine estate, ha infatti concatenato 177 cime dei Pirenei sopra i 3000 metri di quota in soli otto giorni percorrendo quasi 500 km con 43mila metri di dislivello positivo. I concatenamenti per lui non sono una novità. All’inizio del 2023 aveva per esempio completato una traversata, questa volta con gli sci, di sette vette norvegesi.

25. Eberhard Jurgalski

Cultura

La storia dell’alpinismo himalayano va riscritta? Eberhard Jurgalski, scrittore e storico tedesco che ha fondato il sito www.8000ers.com, dedicato alle 14 cime più alte della Terra pensa di sì. La domanda di Jurgalski e dei suoi collaboratori (Rodolphe Popier, Tobias Pantel, Damien Gildea, Federico Bernardi, Bob Schelfhout, Thaneswar Guragai) non riguarda le cime con una vetta definita, ma quelle che culminano in una cresta di neve frastagliata, dov’è difficile capire quale sia il punto più alto. Secondo Jurgalski su Annapurna, Broad Peak, Manaslu e Dhaulagiri molti alpinisti si fermano lontano dalla vetta, e vanno quindi depennati dagli elenchi. Nel settembre del 2023 questa posizione è stata ripresa dal “Guinness dei Primati” e ha fatto il giro del mondo. La reazione sdegnata di Messner, di Ed Viesturs e dell’UIAA, che raggruppa i Club Alpini di tutto il mondo, ha costretto l’editore del tomo a una precipitosa marcia indietro.

26. George Lowe

Alpinismo

Il Piolet d’or alla carriera assegnato a George Lowe, riporta sotto la luce dei riflettori il fortissimo scalatore statunitense. Un riconoscimento globale e certamente meritato che, infatti, non ha scatenato le polemiche registrate in anni passati in relazione a questo premio. Al fortissimo e versatile scalatore statunitense si devono importanti aperture dalle Montagne Rocciose ai Tetons, dall’Alaska all’Himalaya. Sull’Everest ha effettuato nel 1983 la prima salita della parete Kangshung forzando il contrafforte roccioso inferiore di circa 1.100 m che ora porta il suo nome.
Nella sua infinita carriera George Lowe ha anche salito (in solitaria da quota 6.400 m) la Cresta nord-est del Dhaulagiri I nel 1990, mentre l’anno successivo salì in sole 26 ore El Nose su El Capitan con l’omonimo, ma non parente, Alex Lowe.
Di lui il compagno di tante ascensioni Micheal Kennedy ha scritto: "ci sono pochi scalatori che meritano di essere descritti come titani. George Lowe è uno di questi. In una carriera che abbraccia più di cinquant'anni e più generazioni, ha eccelso in ogni forma d'arte alpinistica. Nessuno come lui".

Foto: Piolet d'Or

27. Nadir Maguet

Trail Running

Il “mago”, come lo chiamano i suoi numerosissimi tifosi ha lasciato il segno la scorsa estate realizzando un clamoroso FKT (Fastest Known Time) sulle Grandes Jorasses impiegando solo 3 ore e 19 minuti per salire (e scendere) la via normale. Solo una settimana prima Maguet aveva fatto suo anche il primato della storica Skymarathon Sentiero 4 Luglio, una delle gare più tecniche del calendario delle corse in montagna, domando i tecnicissimi 42km (2700 m d+) del percorso in 4h03’01”. È invece sfumato per appena 5 minuti il sogno di battere il record della salita al Cervino detenuto da Kilian Jornet. Notevole, anche per l’elevato livello dei partecipanti, la vittoria nella gara di 50 dalla Lavaredo Ultra Trail a fine giugno.

Foto di Maurizio Torri

28. Jackson Marvell, Matt Cornell e Alan Rousseau

Alpinismo

“Forse la migliore salita in stile alpino degli ultimi decenni". Così è stata definita l’impresa portata a termine in ottobre dai tre alpinisti statunitensi sulla parete Nord dello Jannu (7710 m.). La nuova via si chiama "Round Trip Ticket" e ha richiesto ben sette giorni di scalata con sei bivacchi (uno in discesa). I tre hanno superato 2700 metri di dislivello su difficoltà stimate M7 AI5+ A0. Nella parte iniziale la via segue quella aperta da una spedizione russa del 2004, poi da quota 7000 circa segue un itinerario diverso e sempre su difficoltà estreme alternando tratti di ghiaccio ad altri di arrampicata, molto impegnativa, su roccia. Per i tre questa salita è stato il coronamento di un anno straordinario: in primavera avevano già scalato insieme in Alaska, aprendo sempre in stile alpino una direttissima sulla formidabile parete est del Mount Dickey sopra il Ruth Glacier.

Foto: Jackson Marvell

29. Jeff Mercier

Ghiaccio

Non più giovanissimo, il savoiardo Jeff Mercier continua a essere un punto di riferimento per gli ice climber di tutto il mondo. E, quasi non volesse deluderli, continua a collezionare scalate memorabili. Molto interessanti – e originali - sono le numerose esplorazioni nelle grotte dei ghiacciaio del Gruppo del Monte Bianco, la sua montagna di casa, che esplora anche allo scopo di monitorare lo stato di salute dei suoi ghiacciai. Da queste esplorazioni è scaturito docu-film Cave of Dreams, imperdibile per la qualità delle immagini ma anche per il valore scientifico. Mercier ha di recente effettuato notevolissime salite anche nella regione canadese del Quebec, storicamente una delle destinazioni preferite quando si allontana da casa.

Foto: Rab Equipment

30. Nives Meroi, Romano Benet, Peter Hamor, Bojan Jan

Alpinismo

Una delle ascensioni himalayane più belle del 2023 è stata realizzata sulla parete Ovest del Kabru South (o Kabru IV, 7318 metri), a sud del Kangchenjunga, dallo slovacco Peter Hamor, dallo sloveno Bojan Jan e dagli italiani Nives Meroi e Romano Benet. I quattro hanno piazzato il campo-base a 4610 metri, l’indomani hanno attaccato la parete, superando una seraccata impegnativa. Il tentativo finale è iniziato il 9 maggio, gli alpinisti sono arrivati in vetta nel pomeriggio del 12. Nel tratto centrale la parete, formata da ghiaccio duro e ripido, era molto impegnativa. L’itinerario è stato battezzato “Diamonds on the Soles of Her Shoes”, come una canzone di Paul Simon. “La nostra salita è stata fatta in stile leggero e pulito (light, fair style in inglese), senza corde fisse, senza ossigeno in bombole, senza campi fissi e senza nessun tipo di aiuto. Con neve instabile la parete può diventare pericolosa” spiega Hamor.

Nives Meroi è fra i protagonisti del nostro Podcast "Il mistero dell'Everest"

31. Reinhold Messner

Alpinismo

Non è possibile dimenticare il vecchio Reinhold! Il grande alpinista altoatesino, che nel 2024 festeggerà gli 80 anni, continua a ripetere che gli anni passano anche per lui, e che si sta avvicinando alla fine. Quando lo ha scritto su Instagram, a metà dicembre, molti si sono preoccupati, ma lui stava solo partendo per l’India. Dimostra il ruolo di Messner nell’immaginario e nel cuore di migliaia di persone anche la levata di scudi degli appassionati di montagna quando, in autunno, l’edizione 2024 del “Guinness dei primati” ha cercato di togliergli il titolo di primo salitore dei 14 “ottomila”. Il pubblico, l’Unione Internazionale delle Associazioni Alpinistiche (UIAA) di solito burocratica e fredda, persino il presunto rivale Ed Viesturs (che è corso in Europa per abbracciare Reinhold) lo hanno rimesso sul trono. Nella prossima estate nascerà il nuovo Messner Mountain Museum del Monte Elmo, in alta Val Pusteria. Se questo è andare in pensione…

Foto: Lesekreis via Wikimedia Commons

32. Antonio Montani

Cultura

Dopo un inizio complicato, l’architetto nato sulle rive del Verbano, eletto un anno e mezzo fa presidente generale del Club Alpino Italiano ha iniziato a dare un nuovo slancio al vecchio e glorioso sodalizio che quest’anno ha festeggiato i 160 anni di età. Tra i temi più cari al nuovo presidente sono l’ambiente e l'alpinismo di alto livello, proposto ai giovani con iniziative come l'Eagle Team e l'Eagle Meet. Il 2023 di Antonio Montani è iniziato all’insegna della commozione, con la consegna delle “tessere alla memoria” ai discendenti dei soci cacciati dalla Sezione di Roma perché ebrei dopo le leggi razziali fasciste del 1938, e si è chiuso all’insegna della discussione tra i soci nel 101° Congresso Nazionale del CAI. Nonostante i tentativi, fino a oggi, il Club Alpino e il suo presidente non sono finora riusciti a farsi ascoltare dal mondo politico con l’attenzione che loro e la montagna italiana meritano.  

Foto Stefano Ardito

33. Cristina Murgia e Simone Brogioni

Trail Running

Sono stati 5.200 i fortunati partecipanti all’edizione 2023 della Lavaredo Ultra Trail, by UTMB, la più importante gara di trail running del nostro Paese. Sì, fortunati. Sono quelli baciati dalla buona sorte al momento del sorteggio che ha selezionato i concorrenti tra ben 11.584 preiscritti. Probabilmente Cristina Murgia e Simone Brogioni non immaginavano un simile successo quando nel 2007 organizzarono la prima edizione della gara. Oggi invece tutti i trail runner vogliono essere al via a Cortina d’Ampezzo. Merito dei luoghi fantastici in cui si corre, certo, ma anche della capacità dei due organizzatori che negli anni hanno saputo cogliere le sempre nuove esigenze dei corridori e l’evolversi del settore, riuscendo allo stesso tempo a gestire anche la clamorosa crescita numerica dei partecipanti. A proposito… i preiscritti all’edizione 2024 sono stati 14.300 provenienti da 95 nazioni. Se il mondo riconosce ancora in Cortina una meta autenticamente sportiva, è anche merito loro.

34. Adam Ondra

Free climbing

Nel 2011, quando l’arrampicatore di Brno, nella Repubblica Ceca, ha vinto per la terza volta il Salewa Rock Award, la motivazione è stata perentoria. "Per la capacità di alzare continuamente il livello dell'arrampicata, superando sé stesso e facendo sognare tutti i climber". Adam Ondra, classe 1993, ha iniziato ad arrampicare da bambino, e non ha mai smesso. Eccelle su ogni tipo di roccia, nei monotiri e nelle vie multipitch, e anche nelle competizioni su prese artificiali. È stato il primo climber a scalare un 9c, “Silence” sugli strapiombi di Flatanger, in Norvegia. Nel 2016, alla prima esperienza a Yosemite, ha salito il difficilissimo “Dawn Wall”. In gara è stato il primo a vincere il Campionato del Mondo e la Coppa del Mondo nelle categorie Lead e Boulder. Nel Rock Master 2023 Adam si è imposto tra gli uomini, mentre la slovena Janja Garnbret ha trionfato tra le donne. Sta per uscire “Adam the Climber”, la sua biografia, scritta a due mani da Ondra e dal climber e alpinista vicentino Pietro Dal Prà.

35. Santi Padrós

Alpinismo

Uno dei migliori interpreti dell’alpinismo dolomitico di oggi vive in Val di Zoldo, ma è nato alle porte di Barcellona. Santi (diminutivo di Santiago) Padrós si è trasferito in Italia dopo essere diventato guida alpina. Per lui, l’alpinismo è “un mezzo per stare in montagna, come forma di pensiero e di vita, semplice come un sorriso, da condividere con la mia compagna, con i miei amici e con i miei clienti”. Nel suo curriculum compaiono scialpinismo, ghiaccio e canyoning nei Pirenei, un lungo soggiorno alpinistico a Yosemite, quattro spedizioni in Nepal con vie aperte sul Karyolung, il Kang Nachugo e l’Ama Dablam, e vie nuove in Patagonia e nella Cordillera Blanca. Nel 2021 ha effettuato notevoli exploit sulle Pale di San Lucano. Il 21 febbraio 2023, con Dani Ascaso, Santi ha compiuto la prima invernale in libera della Via degli Inglesi sulla Nord-est del Piz Badile, una delle pareti-mito delle Alpi.

36. Paul Ramsden

Alpinismo

L’alpinismo dei grandi dilettanti britannici c’è ancora. È passato un secolo da Albert Frederick Mummery e Geoffrey Winthrop Young, un po’ meno da Eric Shipton e Bill Tilman, ma Paul Ramsden rientra bene in quel filone. “Non mi nascondo ma non mi faccio pubblicità, non ho un blog, non sono su Facebook. Anche l’idea di essere sponsorizzato mi sembra di cattivo gusto” ha dichiarato l’alpinista dello Yorkshire, che nel 2023 ha vinto per la quinta volta un Piolet d’Or. Insieme al connazionale Tim Miller, Ramsden è stato premiato per la salita dello Jugal Spire, una cima nepalese di 6563 metri. I precedenti premi erano arrivati dopo imprese su altre vette toste e poco note, tra i 6000 e i 7000 metri, in Nepal, India e Tibet. In tre ascensioni Paul si era legato con Mick Fowler, nella quarta con Nick Bullock. Tra i sogni di Ramsden c’è l’Alaska. Quando ha provato ad andarci, però, gli USA gli hanno negato l’ingresso a causa dei visti (di lavoro) della Libia e dell’Arabia Saudita sul suo passaporto.

37. Kami Rita Sherpa

Alpinismo

Nel 2023 il versante nepalese dell’Everest ha fatto registrare un nuovo record di affluenza. Dei 479 alpinisti stranieri che avevano ottenuto il permesso 263 sono arrivati sulla cima, accompagnati da 393 guide nepalesi, in prevalenza di etnia Sherpa. La guida britannica Kenton Cool è arrivata in cima per la diciassettesima volta, ma a contendersi il record assoluto sono due Sherpa, Pasang Dawa o “Pa Dawa” del villaggio di Phortse, e Kami Rita di Thame, in testa con 28 salite alla cima. Nella primavera 2023, Kami Rita è arrivato a 8848 metri di quota il 17 e il 23 maggio, ovviamente con clienti diversi. A settembre, dopo il passaggio del monsone, lo Sherpa dei record è arrivato sul Manaslu, compiendo l’ascensione numero 42 di un “ottomila”. Un altro primato straordinario.

38. Laura Rogora

Free Climbing

Annata da incorniciare quella di Laura Rogora. Nel mese di agosto la climber romana ha infatti salito a vista Ajo crudo (8c) a Cicera in Spagna. È la terza donna a superare con questo stile una via di questo dopo Janja Garnbret (2021) e Chaehyun Seo (2022). Non contenta, qualche settimana dopo la Rogora ha poi effettuato la prima salita femminile di Lapsus, ad Andonno, giudicando poi favorevolmente la proposta avanzata da Seb Bouin di abbassarne il grado a 9a+ . Sempre ad Andonno la Rogora ha scalato Noia, il primo 8c+ italiano. La ventiduenne climber romana si è fatta notare anche al Trento Film Festival dove è stato proiettato Never Give Up il docu-film che la vede protagonista.

Foto FB Laura Rogora

39. Eleonora Saggioro

Lavoro

Uno dei rifugi più amati dell’intero Appennino sorge sui 2102 metri di quota del Colletto di Pezza, nel massiccio del Velino, in Abruzzo ma a poche centinaia di metri dal confine con il Lazio. Il rifugio, di proprietà della Sezione di Roma del CAI, dedicato a Vincenzo Sebastiani che lo ha ideato prima di morire a Gorizia durante la Grande Guerra, deve la sua popolarità alla comodità dell’accesso da Campo Felice o dal Piano di Pezza, alla possibilità di arrivare senza difficoltà anche d’inverno e soprattutto alla gestione, coordinata da anni da Eleonora Saggioro. Buona cucina, accoglienza cordiale, eventi culturali rendono il Sebastiani amato e frequentato. I lavori di ampliamento condotti tra il 2021 e il 2022 dal CAI hanno reso la struttura più accogliente e il lavoro dei gestori più comodo. Ma la passione si sente.

Foto Stefano Ardito

40. Ermanno Salvaterra

Alpinismo

Il signore del Cerro Torre e delle Dolomiti di Brenta se n’è andato. Il 18 agosto 2023, la vita di Ermanno Salvaterra è finita a causa di un volo sulla via Hartmann-von Krauss del Campanile Alto, terzo e quarto grado su roccia magnifica, che stava percorrendo per l’ennesima volta insieme a un cliente. Nato nel 1955 a Pinzolo, Ermanno ha scoperto la roccia e l’arrampicata da bambino, poi ha alternato l’attività di alpinista e di guida, con vie nuove e concatenamenti, a quella di gestore del rifugio XII Apostoli, uno dei più solitari del Brenta. Dal 1982 si innamora della Patagonia Argentina e del Cerro Torre, dove negli anni traccia quattro vie nuove e compie la prima invernale assoluta. Il suo libro “Patagonia. Il grande sogno”, curato da Mattia Fabris e che esce nel 2021 ricorda la sua passione per quelle montagne.

41. Luciano Sammarone

Ambiente

Nel 2022 il Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise ha celebrato a Roma il suo primo secolo di vita, insieme al Parco del Gran Paradiso, alla presenza del presidente Sergio Mattarella. In estate, i festeggiamenti sono proseguiti con convegni scientifici, escursioni ed eventi. Il 2023 per la prima area protetta dell’Appennino è stato invece un “annus horribilis”, segnato dalla morte dell’orso Juan Carrito, ucciso da un’auto il 23 gennaio, e poi quello di sua madre Amarena, abbattuta da una fucilata il 31 agosto a San Benedetto dei Marsi. Polemiche infuocate sui media hanno investito i responsabili del Parco, ma il direttore Luciano Sammarone ha traversato la tempesta a testa alta. Nato a Capracotta in Molise, arrivato a Pescasseroli dopo una lunga carriera nel Corpo Forestale dello Stato e poi nei Carabinieri Forestali, ha avuto esperienza, competenza e tenacia sufficienti per consentire al Parco di andare avanti. Grazie.

Foto Stefano Ardito

42. Valentina Santoni

Lavoro

Nell’iconografia tradizionale della montagna, i gestori dei rifugi sono dei burberi signori con la barba. Niente di più lontano dal sorriso di Valentina Santoni, che gestisce dalla primavera del 2023 il rifugio Nino Pernici alla Bocca di Trat, sulle Alpi di Ledro e alla testata della Valle di Concei. Un punto d’appoggio a quota relativamente modesta, tradizionalmente frequentato dagli escursionisti locali e diventato famoso in Europa grazie agli appassionati di mountain-bike. Quando ha preso in gestione il rifugio, Valentina non aveva ancora compiuto i 23 anni, e ha stabilito un record per le montagne italiane. La sua biografia pubblicata sul sito della SAT spiega che ha sempre amato la montagna, che è una socia attiva della Sezione di Arco e che ha già lavorato al rifugio Marchetti allo Stivo. “Spero di riuscire a far sentire tutti accolti e coccolati” spiega la gestrice da record.

43. Jakob Schubert

Free Climbing

Jakob Schubert ce l’ha fatta. Portando la corda in catena su B.I.G. ha liberato la terza via di grado 9c al mondo. È successo in settembre nella grotta Hanshelleren di Flatanger, in Norvegia, la stessa sulla quale si trova Silence (altro 9c). Lo scalatore austriaco si è mosso sulla chiodatura lasciata da Adam Ondra che a suo tempo aveva però rinunciato ai tentativi di liberarla considerandola troppo dura. La salita di Schubert è stata seguita in diretta su YouTube da circa 4.000 persone (un segno dei tempi) che si sono strette intorno a lui in un unico applauso, seppur virtuale.
Qualche settimana dopo Schubert è stato al centro di una interessante discussione.
Dopo avere salito Clash of the Titans a Gotterwandl, in Austria, fino a quel momento considerata 9a+, ha proposto l’upgrade a 9b, contrariamente a quanto avviene di solito. Una decisione in merito non è ancora stata presa.

Foto FB Jakob Schubert

44. Silvan Schüpbach e Peter von Känel

Alpinismo

Notevolissimo 2023 per Silvan Schüpbach e Peter von Känel. I due hanno aperto in settembre una nuova via in stile trad, e senza uso del trapano, sulla Nord dell’Eiger, battezzandola Renaissance. Poche settimane dopo, in compagnia anche di Rolf Zurbrügg, hanno scalato l’inviolata parete nord del Rottalhorn (3.972 m), un muro di gneiss e calcare di 1.000 metri di dislivello nell’Oberland bernese a brevissima distanza dalla Jungfrau, impiegando tra l’altro meno di 10 ore per toccare la vetta. Silvan Schupbach, inoltre, ha completato anche la sfida 7x24 a Wenden portando in catena la corda su 7 vie multipitch (dal 6B+ al 7C ) in altrettanti settori dell’enorme parete calcarea svizzera, in sole 24 ore.

45. Alex Txikon

Alpinismo

Un posto nell’élite dell’alpinismo himalayano moderno spetta certamente al basco Alex Txikon, nato a Lemona, che a tre anni ha raggiunto i 1481 metri del Gorbea, una delle cime più amate dei Paesi Baschi. A 21 anni Alex ha raggiunto la vetta del suo primo Ottomila, il Broad Peak, poi ha aggiunto alla sua collezione 11 delle 14 cime più elevate della Terra. Tra le sue salite più famose la prima invernale del Nanga Parbat, 8125 m, compiuta nel 2016 con Simone Moro, Ali Sadpara e Tamara Lunger. Altre invernali si sono svolte sul K2, sull’Everest e sul Manaslu, che Txikon ha raggiunto nel gennaio del 2023 insieme agli Sherpa Tenjen Lama, Pasang Nurbu, Mingtemba, Chhepal, Pemba Tasi e Gyalu. Mentre scriviamo queste righe, il basco sta tentando l’ascensione invernale all’Annapurna insieme all’italiano Mattia Conte. Molte spedizioni di Alex Txikon comprendono programmi di ricerca sulla salute dei ghiacciai himalayani.

46. Ainara Vera Esparza

Cultura

L’edizione 2023 del Festival di Trento ha riconosciuto il lavoro di diversi registi giovani. La Genziana d’Oro, il premio più importante, è andato alla giovane regista spagnola Ainara Vera Esparza. Il suo film, “Polaris”, è una storia commovente, con magnifiche immagini delle onde e dei ghiacci dell’Artico traversati in barca a vela. Racconta la storia della skipper Hayat, in fuga dopo un’infanzia traumatica in Francia, di sua sorella Leila, e della piccola Inaya che Leila mette alla luce prima di partire. La motivazione parla di “potente uso del linguaggio cinematografico nel raccontare con empatia la storia di due donne che tracciano la rotta del proprio destino”. Ainara Vera Esparza, classe 1985, ha studiato all’Università della Navarra e all’Università Pompeu Fabra di Barcelona ed è stata assistente del documentarista russo Viktor Kossakovsky. Tra le sue opere precedenti “Sertres”, “Demonstration” e “Mira, mi rey”.

47. Ed Viesturs

Alpinismo

Il polverone scatenato dal “Guinness dei primati ha avuto anche degli effetti positivi. Uno dei più evidenti è stato di far conoscere anche in Italia lo statunitense Ed (in realtà Edmund, come Hillary) Viesturs, che è arrivato sette volte in cima all’Everest, è stato il dodicesimo alpinista a completare la collezione degli “ottomila” nel 2005 e continua a lavorare come guida sulle montagne degli USA e del mondo. Scaraventato suo malgrado al primo posto dal Guinness, Viesturs ha immediatamente dichiarato alla stampa di essere “salito nelle tracce di Reinhold”. Poi ha attraversato l’Atlantico per raccontare la sua storia, abbracciare Messner a Castel Firmiano e presentare i suoi libri (l’ultimo s’intitola “K2, la montagna più pericolosa”) al Festival dello Sport di Trento. La sua frase più bella? “Non andiamo in montagna per i record, ma per il viaggio”.

Foto Stefano Ardito

48. Jim Walmsley

Trail Running

Fortissimo lo è sempre stato, ma per un motivo o per l’altro Jim Walmsley non era mai riuscito a vincere l’Ultra Trail du Mont Blanc, la corsa più prestigiosa del panorama mondiale del trail running. Eppure il trentatreenne dell’Arizona aveva tutte la carte in regola per tagliare per primo il traguardo di Chamonix. Sembrava una maledizione, Così ha deciso di trasferirsi a vivere sulle montagne francesi, ad Arêches-Beaufort, allo scopo di conoscere meglio luoghi, sentieri e tutti quei dettagli “invisibili” da lontano ma spesso decisivi. Scelta vincente. Sabato 9 settembre, dopo una corsa durata quasi 20 ore per completare i 171 km con 10mila metri di dislivello della gara, il primo ad arrivare a Chamonix è stato proprio lui. Quando si dice non lasciare niente di intentato.

49. Alessandro Zeni

Free Climbing

Finalmente per Alessandro Zeni è scoccata l’ora di Wu Wei. Lo scalatore trentino, accompagnato dal suo mentore Riccardo Sky Scarian, ha salito il 16 agosto la via che aveva iniziato ad attrezzare già nel 2016. Wu Wei si trova in Val Nuvola, nelle Dolomiti Feltrine ed è una via di sei tiri (9a max e 8a obbligato), ovvero ai massimi livelli mondiali di difficoltà per questo tipo di salite. Zeni ha scalato da primo in libera tutti i tiri “senza mai cadere”, sottolinea.

L’impresa estiva non deve far dimenticare un’altra grande salita effettuata da Zeni nel 2023. All’inizio dell’anno infatti aveva salito Malvazija. Gradata inizialmente 8b+, questa via su placca è diventata un 8c+ dopo che Cody Mc Roth salendola aveva constatato la rottura (manomissione?) di alcune prese. Grado, quest’ultimo confermato anche da Zeni.

50. Matteo Zurloni

Free Climbing

Fino a pochi mesi fa non lo conosceva quasi nessuno al di fuori dell’ambiente dell’arrampicata sportiva agonistica. Poi Matteo Zurloni ha conquistato a Berna il titolo di Campione del mondo nella specialità Speed Climbing e allo stesso tempo il pass per partecipare alle Olimpiadi di Parigi 2024. Al momento è lui l’unico azzurro sicuro di prendere parte ai Giochi. Dobbiamo quindi abituarci al nome di questo ventunenne, originario del Milanese e studente della facoltà di Scienze Motorie, per essere pronti a sostenerlo in occasione della sfida più importante. Intanto lui si rilassa guardando i film Marvel e divorando i romanzi di Stephen King.

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