Montagne

Ama Dablam

Lo chiamano Cervino dell’Himalaya e con i suoi 6812 metri accompagna i trekkers diretti al campo base dell’Everest rendendo in qualche modo unici quei passi verso la più alta montagna della Terra. Creste affilate e pareti ripide rendono l’Ama Dablam sogno per molti appassionati di montagna e alpinismo. Da chi si vuole approcciare alle altissime quote, a chi vuol portarsi a casa un’ascensione esteticamente appagante, magari in velocità.

Il suo nome, Ama Dablam, significa “collana della madre” e deriva dalla particolare forma della montagna che presenta creste laterali molto sviluppate, quasi fossero le braccia di una madre che protegge il proprio figlio. Altra caratteristica che porta a questo nome è il ghiacciaio pensile tipico della montagna che viene visto come un Dablam, cioè il tradizionale ciondolo contenente immagini degli dei indossato dalle donne.

Geografia

Situato a 162 chilometri da Kathmandu, capitale del Paese, l’Ama Dablam domina il panorama di chi percorre il trekking verso il campo base dell’Everest. La montagna è costituita da due vette evidenti e ben separate. La principale misura 6812 metri, mentre quella occidentale tocca i 6170 metri.

La prima salita

La prima salita dell’Ama Dablam è avvenuta il 13 marzo del 1961 a opera dei neozelandesi Mike Gill e Wally Romanes, insieme all’americano Barry Bishop e all’inglese Mike Ward. A guidare la spedizione Sir Edmund Hillary, già primo salitore dell’Everest insieme a Tenzing Norgay.

In realtà bisogna dire che l’obiettivo della spedizione non sarebbe stato l’Ama Dablam fin dal principio, infatti gli alpinisti non erano in possesso del permesso di scalata alla vetta. Lo scopo di questa puntata esplorativa ai piedi del Seimila sarebbe stato quello di effettuare alcuni test fisiologici utili a migliorare la conoscenza degli effetti della quota sul corpo umano. Poi, una volta raggiunta la montagna, la passione ha prevalso e l’eleganza dell’Ama Dablam ha avuto il sopravvento. Così, in un paio di settimane, verso la fine della stagione invernale, gli alpinisti hanno messo a segno questa prima salita lungo il versante sud-ovest per una bella linea di misto. Una realizzazione pulita e senza nessuna problematica, se non quelle burocratiche legate alla mancanza dei permessi di scalata. Quando infatti il governo nepalese viene sapere dell’avvenuta salita minaccia Hillary di espulsione. In tutto questo il capospedizione, giunto solo dopo il successo in Nepal per promuovere una spedizione al Makalu, è del tuto ignaro dell’accaduto. Ma è comunque lui a mediare e risolvere le problematiche che si concludono con una strigliata e 60 dollari di multa, oltre ovviamente a prima salita e prima invernale dell’Ama Dablam.

Vie alpinistiche

La principale e più battuta via di salita all’Ama Dablam è quella seguita dai primi salitori della montagna nel marzo del 1961. Si sviluppa lungo la cresta sud-ovest e non è per nulla banale. Al tempo della sua apertura solo la via aperta dagli italiani sul Gasherbrum IV nel 1958 superava per difficoltà tecnica quanto realizzato sull’Ama Dablam. Oggi le cose sono drasticamente cambiate, soprattutto a causa del grande afflusso alpinistico che la montagna riceve dagli anni Novanta.

La massificazione della sua frequentazione ha comportato un’attrezzatura della via con corde fisse che rimangono in loco e che facilitano di molto salita e discesa dalla vetta.

Nel corso degli anni sono state aperte numerose altre vie di salita.

  • 1979 – il 30 aprile Jeff Lowe in solitari apre una nuova via lungo la parete sud.
  • 1979 – Tra il 21 e il 23 ottobre una spedizione francese guidata da Raymond Renaud riesce nella prima salita della cresta nord.
  • 1981 – Gli americani Tim McCartney-Snape, Lincoln Hall e Andrew Henderson salgono per lo sperone nord.
  • 1983 – Il belga Alain Hubert e i francese André Georges riescono nella prima salita della cresta est.
  • 1985 – I giapponesi Masayuki Ariake e Naoe Sakashita realizzano una nuova via sulla parete ovest.
  • 1985 – Gli americani Michael Kennedy e Carlos Buhler salgono in invernale la parete nord-est.
  • 1996 – Gli sloveni Vanja Furlan e Tomaž Humar aprono la Stane Belak Šrauf Memorial Route sulla parte nord-ovest. La via viene premiata con il Piolet d’Or.
  • 2001 – Gli inglesi Jules Cartwright e Rich Cross aprono una nuova linea sulla cresta nord-ovest.
  • 2008 – Francesco Fazzi e Santi Padro aprono una nuova linea sulla parete ovest.
  • 2021 – I cechi Zdenek Hacek e Jakub Kacha aprono una nuova via in stile alpino sulla parete ovest. La linea unisce due vie già esistenti: : l’American Direct e la Smid.

Altre salite degne di nota

  • 1984 – Naoe Sakashita effettua la prima salita solitaria della cresta sud-ovest.
  • 1996 – Friedl Huber, Max Berger, Alois Badegruber e Roman Dirnböck salgono la cresta nord in stile alpino.
  • 2021 – François Cazzanelli realizza il record di salita all’Ama Dablam in 5 ore 32 minuti e 6 secondi.

Guida all’Ama Dablam

Raggiungere le pendici dell’Ama Dablam è facile e non richiede alcuna competenza di tipo alpinistico. Diverso è invece il discorso per quanti fossero interessati a raggiungerne la vetta. La via di salita più facile segue l’itinerario realizzato dai primi salitori e presenta caratteristiche di esposizione e difficoltà tecniche attenuate dalla presenza di numerose corde fisse. Il percorso non va comunque preso sottogamba.

La prima cosa da fare per raggiungere l’Ama Dablam è raggiungere Kathmandu, capitale del Nepal. Quindi, tramite volo interno si raggiunge Lukla, una di quelle esperienze da fare almeno una volta nella vita. Sono operative diverse compagnie e il volo dura appena 25 minuti ma, per alcuni potrebbe essere l’esperienza più adrenalinica di tutto il viaggio. In alternativa è possibile volare su Phaplu, tre giorni di cammino a sud di Lukla, o a Jiri, a sette giorni da Lukla. In caso di maltempo i voli potrebbero subire ritardi o slittamenti.

A Lukla inizia il nostro viaggio di avvicinamento all’Ama Dablam, che nella prima parte ricalca quello per l’Everest. Raggiunto il villaggio di Namche Bazar si prosegue per Pangboche dove si pernotta e il terzo giorno si giunge al campo base della montagna a circa 4650 metri. Il rientro avviene per lo stesso itinerario. Per chi volesse intraprendere la salita alla montagna deve mettere in conto una quindicina di giorni extra necessari per l’acclimatazione e il tentativo di vetta. La salita lungo la via normale può essere effettuata con organizzazione autonoma della spedizione, se si è alpinisti con esperienza sia ad altissima quota che in spedizione non ci saranno certamente intoppi. In caso contrario il consiglio è quello di rivolgersi alle molte agenzie specializzate che offrono esperienze di questo tipo, garantendo l’organizzazione di tutta la logistica e un margine di sicurezza superiore sulla montagna. Inoltre è opportuno ricordare che per tentare la salita è necessario pagare un permesso. Stessa cosa vale per chi si cimenta nel trekking al campo base, che deve pagare la tassa di ingresso al Parco nazionale di Sagarmatha, circa 3000 Rupie Nepalesi.

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