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Grandes Jorasses. Védrines e Billon realizzano la prima invernale in giornata della “Gousseaut-Desmaison”

Il Monte Bianco, in particolare il settore delle Grandes Jorasses, è stato protagonista nella settimana che volge al termine di una serie di imprese notevoli. Dopo la prima ripetizione, a distanza di 37 anni dalla sua apertura, della Direttissima alla Punta Walker, messa a segno in inverno e in libera da Symon Welfringer, Charles Dubouloz e Clovis Paulin, arriva sempre dalla nord delle Grandes Jorasses la notizia di una prima invernale realizzata in giornata da Benjamin Védrines e Léo Billon sulla via Gousseaut-Desmaison (ED/+, 1100 m).

Coppia che abbiamo visto in azione lo scorso anno sulla medesima parete, insieme a Sébastien Ratel, intenti a ripetere in tre giorni la Directe de l’Amitié nel corso della realizzazione del trittico invernale delle grandi nord delle Alpi, avviato con la salita della Direttissima Harlin sull’Eiger e concluso con la Gogna-Cerruti sul Cervino.

Un sogno che si avvera, questo il commento emozionato condiviso sui social da Védrines al termine dell’impresa di questo inverno. “Con Léo Billon mercoledì 15 febbraio alle 1:30 di notte siamo partiti da Chamonix con tutta la nostra attrezzatura per scalare uno dei sentieri più iconici sulla parete settentrionale delle Grandes Jorasses. Una via che mi ha intimorito a lungo per le storie e le immagini degli scalatori degli anni 2000. All’epoca l’alpinismo misto mi sembrava inaccessibile. Non avrei mai immaginato di farcela 12 anni dopo, in giornata, partendo da Chamonix, per poi trascorrere la sera al caldo in un buon letto.”

Un’ascesa, realizzata in meno tempo del previsto, partendo da Chamonix senza prevedere bivacchi – “15 ore dal parcheggio alla vetta, 9 ore e 10 sulla via e 4 ore più tardi davanti a una vera pizza” –  vissuta “con la gioiosa sensazione di padroneggiare quella bellissima arte dell’alpinismo.”

“Tutto andava bene, la cordata funzionava perfettamente”, racconta Védrines, sottolineando che il senso di serenità con cui hanno affrontato la salita fosse così elevato da arrivare a raggiungere una “dimensione alpinistica simile a un Nirvana“.

Una salita resa ulteriormente speciale dal forte legame di amicizia tra i due. “Il mio fedele compagno di cordata”, così Benjamin definisce Léo, con cui dal liceo racconta di aver immaginato di vivere grandi avventure tra le vette alpine. “E ora con il tempo e l’esperienza la nostra creatività ci permette di vivere questo genere di avventure. Che divertimento ed emozioni regala l’aver fatto tutto questo insieme!”.

Un pensiero al termine dell’impresa va ai nomi legati alla via, Serge Gousseuat e René Desmaison. L’itinerario porta il nome di entrambi ma dei due solo Desmaison ebbe modo di completarlo arrivando in vetta, nel 1973, accompagnato da Giorgio Bertone e Michel Claret. Due anni prima Desmaison era partito insieme a Serge con l’intento di tracciare una direttissima alla Walker, ma i due furono travolti dal maltempo a meno di 100 metri dall’uscita. Serge morì di sfinimento e freddo e René fu salvato in elicottero. “Che epoca…”, commenta Védrines.

“L’idea di dover contare su noi stessi – conclude – di essere autosufficienti dalla valle, di non avere informazioni aggiornate sull’itinerario, e avere la sorpresa di arrivare molto prima del previsto in vetta, senza occhiali da sole! Tutti elementi che erano lì per farci vivere il grande alpinismo come piace a noi […] .  Ricorderò a lungo questa giornata di 19 ore.”

Alla ricerca di emozioni “folli”

Per Védrines le avventure tra amici difficili da dimenticare nelle ultime settimane saranno almeno due. Tra il 28 e il 29 gennaio si è reso protagonista, insieme a Nicolas Jean e Julien Cruvellier de Luze, di quella che definisce “una delle ascese più folli che abbia mai vissuto sulle Alpi”. I tre hanno aperto una via che sale per una “leggendaria goulotte sul lato sud della Barre des Ecrins (4102 m).”

 

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“Abbiamo avuto il privilegio di poter aprire uno degli ultimi maggiori itinerari delle Alpi. Lungo, sostenuto, sulla vetta più alta del massiccio Ecrins, i 4000 più a sud.”

Una linea evidente, a detta di Védrines, ma rimasta a lungo vergine. “La Gorge, ben nota agli alpinisti locali, temuta in estate a causa delle sue cadute di pietra, ci ha regalato un grande momento di alpinismo.”

Un sogno coltivato per 10 anni, dalla prima volta che l’ha adocchiata dopo l’ascensione del couloir Dérobé sul Pic Coolidge. Essenziale è stato trovare i giusti compagni di avventura e le giuste condizioni, che si sono palesate a fine gennaio. La via (1000 m, max M7, A1, 5+ su ghiaccio ED+) è stata ribattezzata De l’Or en Barres.

Così tante anche in quel caso le emozioni accumulate, da aver impiegato un paio di giorni per trovare le parole per raccontare il tutto. Quello che ricordoscriveva Benjamin all’indomani dell’apertura – è un lungo avvicinamento da Champhorent, una traccia laboriosa fino al colle delle valanghe, delle condizioni e dimensioni ‘himalayane’, tante grandi battaglie per ognuno di noi, tra cui la prima lunghezza, per me dura, il 1° giorno, con una salita sulla roccia tipica degli Ecrins, sezioni pazzesche, ghiaccio insospettato, un indimenticabile bivacco in un grande buco di neve, appollaiato su quella parete con finestra sull’oceano. E soprattutto dove non immaginavamo di poter andare, dove pensavamo di dover scendere di nuovo, lì c’è la lunghezza pazzesca che ha salito Nicolas Jen. Una audacia rara per una salita difficile ma magnifica! E un finale che non arrivava mai, per incontrarci poi in vetta il secondo giorno, alle 19. Eccezionale? Ne sono sicuro. Grazie ai miei compagni per aver creduto in questo sogno, grazie agli Antenati per averci lasciato questa opzione. Mathieu Detrie, che avrebbe tanto voluto essere con noi, ha trovato il nome che si adatta bene: “De l’Or en Barre” .

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