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Notizie dall’Himalaya: dal record di Kristin Harila al soccorso di Piyali Basak

Tutti gli aggiornamenti dagli Ottomila, tra record e salvataggi in extremis

L’alpinista di nazionalità indiana Piyali Basak è stata tratta in salvo il 20 maggio durante la discesa dal Monte Makalu, di cui aveva raggiunto la cima il 17 maggio senza ossigeno supplementare. La trentaduenne bengalese, che era accompagnata nella sua impresa dagli sherpa del gruppo Pioneer Adventure, è al suo secondo Ottomila – ha salito l’Everest nel 2022 senza ossigeno – e si è trovata in difficoltà alla quota di 7800 metri.
Le sue condizioni di salute erano peggiorate dopo aver trascorso 24 ore in quota all’aperto senza ossigeno. Gli sherpa che erano con lei, dopo averla accompagnata fino al Campo III, erano dovuti scendere ulteriormente di quota, perché anche loro privi di ossigeno supplementare. In suo aiuto era stato però inviato dalla Pioneer Adventure un altro sherpa, in attesa dell’arrivo dell’elicottero dei soccorsi, che avrebbe dovuto raggiungere il Campo II e che non era riuscito ad atterrare a causa dei forti venti.
Piyali è un’insegnante di scuola materna, proviene da una famiglia di umili origini ed è “posseduta – ha riferito la madre Swapna in una intervista del 2022 prima del suo secondo tentativo all’Everest  – da una grandissima passione per le montagne. Non può resistere alla chiamata delle montagne e nonostante la povertà lei continua nelle sue imprese. Alcune persone generose la assistono nel raggiungere i suoi obiettivi […] La sua forte determinazione, dedizione ed esercizi di respirazione l’hanno aiutata a perseguire pienamente i suoi sogni”. Il 20 maggio Piyali è stata portata all’ospedale di Lukla e poi a quello di Kathmandu per proseguire le cure.

Il 18 un’altra alpinista si trovava in difficoltà sul Makalu, l’israeliana Danielle Wolfson, che aveva smarrito la via assieme ai suoi sherpa nel salire al Makalu. La donna era riuscita a inviare un messaggio di SOS dal suo telefono satellitare e una squadra di soccorritori li ha condotti in salvo.
Il 20 maggio è venuta a mancare invece un’altra cittadina indiana di 59 anni, Suzanne L. Jesus, anche lei insegnante di scuola materna, originaria di Silvassa. Desiderava ad ogni costo raggiungere la cima dell’Everest e dopo sei giorni di malattia al campo base dell’Everest, è venuta a mancare. Voleva ottenere un record mondiale diventando la prima a salire la vetta con un pacemaker, oltre ad essere l’indiana meno giovane a farlo.

Rimanendo in tema di disabilità, dal 18 maggio non si hanno notizie di un alpinista sordo muto della Malesia, il trentatreenne Muhammad Hawari Bin Hashim, che stava tentando l’Everest. Nivesh Karki, direttore di Pioneer Adventure Pvt Ltd ha riferito che i contatti con lui si sono interrotti dopo il suo arrivo al Campo IV, quando gli altri membri del team hanno lasciato il campo per soccorrere un altro alpinista malesiano.

Il 18 maggio è stato invece il giorno dell’ennesimo successo per la record woman alpinista norvegese Kristin Harila, che ha raggiunto la vetta del Kangchenjunga, in un giorno in cui nessun altro ci era riuscito a causa del vento e del freddo, e per un errore nella scelta del couloir, indovinato invece dal team della norvegese. Kristin era assieme a Tenjen (Lama) Sherpa e Gelu Sherpa della Seven Summit Treks e pochi giorni prima aveva raggiunto anche la vetta dello stesso Makalu, immediatamente dopo che gli sherpa della stessa agenzia avevano fissato le corde.

 

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È invece di ieri la notizia che Harila, che detiene il record di prima donna ad aver compiuto la salita più veloce di 14 vette di Ottomila metri in solamente un anno e cinque giorni, ha guadagnato le cime di Everest e Lhotse in sole otto ore, calcando i piedi su sei Ottomila in meno di un mese.

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