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Il veterinario Alessandro De Guelmi, M49 e gli altri orsi del Trentino

Ho incontrato più volte M49, che è un animale meraviglioso. La prima volta, tra noi, c’era solo una grata di ferro. Lui mi fiutava, io lo osservavo clinicamente per valutare il suo peso e la sua salute. Aveva due anni e mezzo, era già l’orso dominante della zona”. Alessandro De Guelmi, veterinario, conosce bene l’orso più celebre del Trentino. Per cinque anni, fino a quando è andato in pensione a novembre, ha seguito la salute di questi animali. Protagonista della prima cattura di M49, nel 2018, conclusa con l’installazione di un radiocollare, era presente anche nel 2019 e nel 2020, quando l’orso è stato catturato e rinchiuso nel recinto del Castellèr, da cui è evaso. 

Per De Guelmi, in partenza per mesi di lavoro in Lapponia, l’orso è un animale straordinario, che può essere pericoloso per l’uomo, e dev’essere gestito con attenzione. Aver ricostituito una popolazione di un centinaio di esemplari è un vanto e una responsabilità per il Trentino. Un bosco popolato dall’orso offre sensazioni speciali, e fa capire che non siamo i padroni del pianeta. 

Mi sono occupato per 5 anni degli orsi, effettuando 18 catture, restando dipendente della ASL e non della Provincia, e questo mi consente di dire quel che penso” spiega il veterinario. “E’ un peccato che le scelte sugli orsi vengano decise solo dalla politica, e che i nostri zoologi, da Claudio Groff ad Andrea Mustoni, non possano esprimersi liberamente. Invece l’orso è un patrimonio di tutti”. 

 

In primavera, dopo la nuova cattura di M49, lei ha scritto su L’Adige che l’animale “meritava una morte dignitosa nei suoi boschi”. Qualcuno l’ha attaccata come nemico degli orsi. 

“E’ ridicolo. Conosco o M49, l’ho catturato tre volte, l’ho sentito respirare. Ho detto che, se davvero andava tolto di mezzo sarebbe stato più dignitoso ucciderlo. Si fa così in tutto il mondo, a iniziare dagli USA, l’ipocrisia dei recinti esiste solo da noi”. 

Vivere prigioniero, per un orso, non è meglio di morire?

“Non credo, per un animale abituato a spostarsi per molti chilometri al giorno, venire rinchiuso è una sofferenza tremenda. Prima di tenerlo in un recinto bisognerebbe “spezzarlo” chiudendolo in una gabbia minuscola e imbottendolo di farmaci. Meglio una morte dignitosa. E c’è una questione di costi…”

In che senso? 

“Un buon recinto, grande, costa un milione di euro. In Trentino si cattura un orso “problematico” ogni anno o due, gli orsi in cattività vivono 40-50 anni. Possiamo permetterci 12 o 15 recinti? E’ assurdo“. 

Quando ha incontrato per la prima volta M49?

“Nel 2018, quando è stato catturato per la prima volta, per visitarlo e mettergli un radiocollare. Aveva due anni e mezzo, pesava 129 chili, era diventato “a rischio” perché un uomo ha lasciato un secchio di latte fuori dalla malga. Lui lo ha bevuto, ha seguito il suo olfatto, è entrato nella malga e ha trovato altre cose da mangiare. Questo ha segnato il suo destino”. 

Poi vi siete ritrovati più volte, no?

“Ero presente alle catture del 2019 e del 2020, che hanno portato M49 al Castellèr. Ma nell’autunno del 2018, qualche mese dopo il primo incontro, durante un’escursione in Val Manez, l’orso ha fiutato la mia presenza a due chilometri di distanza, e ha seguito la mia traccia per due notti”. 

Serve mettere il radiocollare agli orsi?

“Sì, per controllare gli orsi problematici, e per conoscere meglio questi animali che hanno una forza e una resistenza straordinaria. Qualche anno fa, d’inverno, un orso si è spostato dal Bondone verso Pejo, il Gavia e Foppolo. Al ritorno, con metri di neve, è partito da Ponte di Legno, ha scavalcato l’Adamello ed è tornato a casa in 4 ore”. 

Sono cose che non si sanno?

“Non del tutto, e questo spiega errori come i recinti del Castellèr, calcolati sulla forza di un orso in cattività, non su quella di un orso libero. Il primo è una palla di grasso, il secondo è tutto muscoli. Qualche anno fa, nell’area faunistica di Spormaggiore, una femmina è andata in calore. Un maschio libero ha scavalcato il recinto, si è accoppiato con lei ed è uscito senza difficoltà”.  

Qualche giorno fa, a Roma, il presidente Maurizio Fugatti ha incontrato il ministro Sergio Costa chiedendo di “ricollocare” circa 30 orsi trentini in sovrannumero. Si può fare? E ha ancora senso il numero di “massimo 60 orsi” ipotizzato dal progetto LIFE-Ursus?  

“Il Trentino, che ha una densità di popolazione elevata, ospita una importante popolazione di orsi. E’ un caso unico al mondo, che dovrebbe renderci orgogliosi. E’ una grande responsabilità, e contribuisce ad attrarre visitatori”.

Però il LIFE-Ursus ipotizzava l’espansione degli orsi anche fuori dai confini della Provincia.

“E’ vero, e non ha funzionato. Le femmine non si spostano dall’area più protetta, tra la Val Rendena e la valle del Chiese. Se gli orsi provano a spostarsi verso est trovano la barriera dell’Adige, con l’autostrada, il fiume, la ferrovia e le luci”. 

E allora?

Veneto, Lombardia, Alto Adige e Friuli hanno firmato il LIFE-Ursus, dovrebbero accettare di accogliere qualche esemplare. Spostando un paio di orse nei Lagorai, in Comelico e in altre zone si ripopolerebbe un territorio molto più vasto. I maschi le possono seguire. Qualcuno potrebbe arrivare dal Tarvisiano, dove oggi vivono 5 o 6 maschi e nessuna femmina”. 

La gente del Trentino orientale accetterebbe? M49 ha passato un inverno sui Lagorai.

“Temo di no. I danni causati da M49 in Val di Fiemme sono stati contenuti, ma in quelle zone pesa il ritorno del lupo. E quando in una zona vivono sia l’orso sia il lupo, i danni seri non sono quelli dell’orso”.

Tutti gli orsi possono attaccare le malghe?

“No, e l’esempio è Gasper, il più grande orso del Trentino, che non ha mai predato un animale domestico”. 

Lei ha scritto più volte di “pericolo genetico” per gli orsi del Trentino.

“E’ vero, i nostri orsi discendono tutti da due maschi e quattro femmine, la variabilità genetica è troppo bassa, la popolazione potrebbe collassare. Per questo gli incontri con altri esemplari sarebbero utili”.

Ho letto che, per evitare incontri pericolosi, si debba legare un campanello allo zaino, come nei Parchi degli USA. E’ così?

“Non credo, ed è fastidioso per chi cammina. Nelle escursioni in zone a rischio bisogna parlare, tossire, far rumore con i bastoncini. L’orso ascolta, ha paura e si allontana”. 

Come spiega, allora, le aggressioni degli ultimi mesi e degli ultimi anni?

“Le orse, quando hanno i cuccioli, fanno dei falsi attacchi, a scopo dimostrativo. E’ successo più volte con l’orsa KJ2, che poi è stata uccisa, e quest’anno con l’orsa JJ4 sul Monte Peller. Entrambe hanno dato qualche zampata e qualche morso, hanno fatto male. Se avessero voluto uccidere lo avrebbero fatto in un secondo”. 

Come bisogna comportarsi, allora?

“Urlare e alzare le braccia può aumentare la paura dell’orso, e spingerlo ad attaccare. Mettersi a correre può destare il suo istinto di predatore. Bisogna allontanarsi lentamente, tenendolo d’occhio”. 

I boschi dove vivono orse e cuccioli andrebbero vietati agli umani?

“No, ma dovrebbe essere obbligatorio parlare, e vietato lasciar liberi i cani. I cani devono essere al guinzaglio, o tenuti a pochi metri di distanza, per essere richiamati rapidamente. Se il cane insegue l’orso questo reagisce, e rischia di non distinguere tra il cane e il padrone”.      

   

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