In cordataLibriMeridiani MontagneNews

“Se non dovessi tornare”, la biografia romanzata di Gary Hemming

Il nuovo libro di Enrico Camanni dedicato alla vita avventurosa e tormentata del climber americano che si arrese di fronte al male di vivere

Tutti conoscono Gary, alpinista di fama. Ha

firmato quelle due grandi vie sulle Alpi. Lo conosci, non è vero? Ha portato in Europa la reputazione

degli scalatori americani. Davvero una grande reputazione. E anche lui è uno scalatore, un uomo importante. È stato ovunque. Chiedigli un po’ che cosa non ha scalato. Non ci crederesti mai…

Se non dovessi tornare, Enrico Camanni

 

Stronzo. Trovati una vetrina per specchiarti e ammirare i tuoi capelli arruffati, il tuo sorriso da eterno ragazzo, la tua abilità nel parlare e non dire niente. Sei magnifico, no? Sei qualcuno”.

C’è una corrente nella letteratura alpinistica (c’è sempre stata, ma ultimamente di più) che si occupa di antieroi. E il libro che ho appena finito di leggere, Se non dovessi tornare (nella collana Strade Blu di Mondadori), è un (piccolo?) capolavoro di questa corrente. Un po’ perché narra la biografia romanzata dell’antieroe per eccellenza, Gary Hemming. Un po’ perché nasce dalla penna di uno scrittore che come il buon vino più invecchia e più migliora.

Enrico Camanni non è nuovo a queste operazioni: già tanti anni fa con La guerra di Joseph aveva offerto un’ottima prova di romanzo biografico, rispolverando la figura (minore nella storia dell’alpinismo) di Joseph Gaspard, guida del Cervino e combattente della prima guerra mondiale. Uno sconfitto dalla vita. Oggi ci riprova con Hemming, più famoso e certo più sconfitto.

Un po’ di scetticismo, prima della lettura, ce l’avevo: ma c’era bisogno di ri-narrare le gesta del climber americano, dopo il bellissimo saggio di Mirella Tenderini (Gary Hemming, una storia degli anni ’60, CDA Vivalda), che pareva aver già esaurito l’argomento? La risposta naturalmente è sì, perché la (buona) fiction molto meglio di un saggio ci permette di entrare nella mente e nell’anima di un personaggio, e riempire le lacune che le fonti storiche lasciano scoperte.

Camanni dunque parte dalla base delle solide fonti scritte, lettere, diari, articoli e perfino filmati, ma poi si cala con un’operazione tutta letteraria nell’uomo Gary, con la sua immensa forza e le sue altrettanto immense fragilità. Lo ritroviamo vivo e carico di incredibile energia e umanità, generoso ed egotico, sulle pareti del Bianco come a casa dell’amico John Harlin a Leysin, mentre gioca con i figli e corteggia la moglie, perso tra i ponti di Parigi e le miniere dell’Alaska, attore e spalatore di neve, sempre all’inseguimento di un sogno verticale o di un amore impossibile.

Il Gary di Camanni non è un eroe positivo, troppe sono le ombre (o gli abissi) del suo carattere, troppe le contraddizioni, e mentre ci riempie di stupore con il leggendario soccorso al Dru, ci diventa subito antipatico, da tirargli uno schiaffo, quando cede alla vanità della fama, quando scappa dalle sue responsabilità di genitore, quando picchia gli amici, si ubriaca, si dimentica di sé. Quando si uccide. Ne esci un po’ estenuato da questa lettura, e ciò significa che è un buon libro.

C’è un altro motivo per cui questo Gary Hemming di Camanni è tanto ben riuscito. E una conversazione telefonica con l’autore me l’ha confermato. L’alpinista americano, poeta e rivoluzionario, somiglia moltissimo (con una quindicina di anni di distanza) a Gian Piero Motti, che per Camanni è stato un’imprescindibile figura di riferimento: il suo “Gary italiano”, di cui quest’anno ricorre il quarantesimo della scomparsa. Davvero tante, e inquietanti, le corrispondenze tra i due: l’idealismo e la purezza dell’andare in montagna, il sentirsi fuori da ogni schema sociale, le letture filosofiche. Infine, il suicidio, quasi con la medesima pistola: la resa di fronte a un male di vivere che amici, ammiratori, biografi, possono solo immaginare. Hemming aveva 34 anni, Motti 37. Ancora due ragazzi, se li rapportiamo alle generazioni di oggi. E tuttavia, due uomini che avevano esaurito ogni gesto e ogni parola, dopo una vita densa di progetti e straordinari gesti alpinistici, e che sul fondo cieco della solitudine decisero, in solitaria, di abbandonarsi a un salto nel vuoto.

Tags

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close