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Paul Ramsden, il dilettante dei cinque Piolets d’Or

Nessuno prima dell’alpinista inglese aveva mai ricevuto tanti “Oscar” dell’alpinismo. Il profilo di un uomo lontano dai riflettori ma che fa parlare le sue salite. Spesso straordinarie

L’alpinismo himalayano è ancora vivo. Nonostante le code sulle vie normali degli “ottomila”, nonostante gli incidenti causati dalla competizione, nonostante alle polemiche causate dal “Guinness dei Primati”, decine di forti alpinisti, provenienti da ogni parte del mondo, continuano a tracciare delle vie straordinarie sulle vette del Nepal, dell’India, del Pakistan e del Tibet.

Si tratta di vette definite ingiustamente “minori” perché culminano tra i 6000 e i 7000 di quota, di vette che possono essere salite in stile alpino. Di montagne dove quasi sempre un’intera spedizione, compresi i voli da e per l’America o l’Europa, costa meno che una singola partecipazione a un’ascensione guidata all’Everest.

Grande merito dei Piolets d’Or, gli “Oscar dell’alpinismo” che si assegnano ogni anno in Francia (quest’anno dal 14 al 16 novembre a Briançon), è di tenere un riflettore acceso sul volto più puro dell’alpinismo himalayano. Non a caso, dei tre premi di quest’anno, uno solo riguarda un’ascensione sulle Ande (i canadesi Alix Berg e Quentin Roberts sull’Jirishanca, in Perù). Gli altri due, invece, sono andati a imprese compiute nel cuore dell’Asia.

I francesi Christopher Ogier, Victor Saucède e Jerôme Sullivan riceveranno il premio per la prima assoluta del Pumari Chhish East (6850 m), in Pakistan. I britannici Tim Miller e Paul Ramsden per la prima salita di una vetta nepalese che hanno battezzato Jugal Spire (6563 m), nella catena dello Jugal Himal, a nord di Kathmandu.

Un uomo di poche parole. Ma che lasciano il segno proprio come le sue scalate

Per Ramsden, 54 anni, nato e residente nello Yorkshire, si tratta del quinto Piolet d’Or. I precedenti gli erano stati assegnati per la parete Nord del Siguniang (6250 m, Tibet, 2002), lo Sperone Nord-ovest dello Shiva (6142 m, India, 2012), la cresta Nord del Gave Ding (6571 m, Nepal, 2015) e lo sperone Nord del Nyanchen Tanglha (7000 m, Tibet, 2016).

Le prime tre ascensioni sono state compiute con Mick Fowler, la quarta in cordata con Nick Bullock. Un’occhiata agli albi d’oro dei veri Oscar, quelli del cinema che vengono assegnati a Los Angeles, permette di vedere che tra gli attori solo Katharine Hepburn è stata premiata quattro volte, mentre Ingrid Bergman, Jack Nicholson e Meryl Streep hanno ricevuto tre statuette. Tra i registi, solo John Ford è stato premiato tre volte, mentre Steven Spielberg, Oliver Stone e pochi altri hanno vinto per due volte.

Ma chi è Paul Ramsden? Angela Benavides, su ExplorersWeb, lo ha definito “un alpinista che vola più in basso dei radar, nonostante le sue 30 spedizioni himalayane”. Sarah Stirling, che lo ha intervistato sei anni fa per il sito del British Mountaineering Council, si è trovata davanti a un dilettante puro, che si muove nel solco dei grandi alpinisti britannici del passato.

Non mi nascondo ma non mi faccio pubblicità, non ho un blog, non sono su Facebook. Anche l’idea di essere sponsorizzato mi sembra di cattivo gusto”, ha spiegato Paul in quell’occasione. “Capisco perché la gente lo fa, non ho niente in contrario, ma personalmente preferisco andare ad arrampicare per conto mio. Sono un libero professionista, posso avere tutto il tempo libero che voglio, ma naturalmente quando non lavoro non guadagno” ha continuato. “Per me è più facile partire per un mese una volta all’anno che liberarmi per andare a scalare nei weekend. Lo so, quando sono via la mia famiglia non è serena. Ma sanno che sono prudente, e hanno fiducia in me”.

Di mestiere, Paul Ramsden è un igienista del lavoro, e si occupa di valutare la salubrità di fabbriche e uffici soprattutto dal punto di vista chimico. In caso di esposizione di uno o più lavoratori ad agenti tossici, deve valutare i danni subiti. Lavora spesso in Arabia Saudita, qualche anno fa il suo mestiere lo ha portato in Libia. Sei anni fa, l’essere entrato in un Paese considerato “a rischio” gli hanno impedito di partire per l’Alaska perché gli Stati Uniti gli hanno rifiutato il visto d’ingresso.

Nelle sue rare interviste, Paul Ramsden racconta il suo approccio all’alpinismo himalayano. “Quasi sempre trovo cime che mi piacerebbe salire sfogliando con attenzione le riviste specializzate, o sullo sfondo delle fotografie. Per scegliere una via mi faccio guidare dall’estetica, e quasi sempre scelgo una linea (sperone, pilastro o cresta) dove il pericolo di caduta di valanghe, seracchi o pietre è meno forte. Poi studio su Google Earth la topografia della cima e la via di discesa”.

Mi piace definire il mio stile “più veloce e più leggero”, ho compiuto decine di spedizioni così, ma l’Himalaya è diverso dalle Alpi, e devi portare una riserva di cibo per resistere quando il tempo peggiora. Gli unici che possono comportarsi diversamente sono i super-atleti come Ueli Steck. Per rendere le mie salite sicure scelgo il percorso, il compagno di cordata e l’attrezzatura con la massima attenzione. E’ una questione di esperienza”.

Come molti grandi alpinisti britannici del passato, da Eric Shipton fino a Don Whillans e Doug Scott, Paul Ramsden dà spesso dei giudizi molto netti sui suoi colleghi. “Molti alpinisti della mia generazione, o un po’ più giovani, sono morti in Himalaya o sono diventati guide alpine, che è più o meno la stessa cosa. A 19 anni avevo salito tutte le celebri pareti Nord delle Alpi, spesso in solitaria. Ma ho capito che facendo così la conclusione può essere solo una. E ho capito che se inizi a spuntare vie e vette da una lista prima o poi ci lasci la pelle”.

I Piolets d’Or, anche se sono dei premi francesi, seguono un’etica molto British”. Per essere premiata una via ha bisogno di essere dura, ingaggiata e su terreno sconosciuto, e dev’essere completata in bello stile, senza chiodi a pressione, corde fisse o campi fissi. Non mi sembra che molti alpinisti francesi arrampichino in questo stile, e infatti hanno vinto pochi Piolets d’Or”.

La nuova via sulla Jugal Spire, che è valsa il premio a Paul Ramsden e a Tim Miller è nata da una ricerca sul web compiuta durante il lockdown. Sembrava una parete ripida, su una cima senza nome. Nel 2022, quando viaggiare è ridiventato possibile, Paul e Tim hanno preso un aereo per Kathmandu, hanno chiesto e ottenuto il permesso e hanno raggiunto la base della montagna.

Il risultato è una via di 37 lunghezze di corda, classificata ED, su una muraglia alta 1200-1300 metri, che culmina a 6563 metri. “E’ una delle muraglie rocciose più alte e più ripide del Nepal” ha spiegato Ramsden a ExplorersWeb. “La linea che abbiamo osservato dal basso era una specie di rampa di ghiaccio, una via che non dovrebbe esistere su una parete così”.

“La parte centrale sembrava impossibile. Invece l’abbiamo superata grazie a un camino invisibile dal basso, lungo tre tiri di corda. L’arrampicata era difficile, issare il saccone è stato durissimo. C’erano altri passaggi nascosti come quello, l’abbiamo soprannominata una “linea fantasma”. Dopo cinque giorni siamo arrivati in cima, poi ne è servito un altro per scendere”.

A metà novembre, Paul e gli altri premiati si incontreranno a Briançon, sul versante francese del Monginevro. Una città dove, racconta l’alpinista britannico, “I Piolets d’Or hanno smesso di essere una competizione per diventare una celebrazione dell’alpinismo di alto livello. Negli anni sono diventati via via più piacevoli. Sarà un piacere essere lì”.

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