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“Paolo Cognetti ha offeso la Valsesia”. Ma è vero o no?

Da lunedì, l’Unione Montana Valsesia e l’UNCEM attaccano duramente l’autore di “Giù nella valle”. E’ giusto? Esagerano? Forse, come accaduto con Rocco Schiavone e “A un passo dal cielo”, il libro attirerà nuovi visitatori

Dipinge la nostra Valsesia con parole offensive”. “Infierisce contro il territorio”. “Fa male, e fa molto arrabbiare, leggere e parole così sprezzanti”. “In virtù della sua mancanza di conoscenza ha pensato di poterci denigrare impunemente”.

Da martedì 21 novembre, queste parole di Francesco Pietrasanta, sindaco di Quarona e presidente dell’Unione Montana Valsesia, circolano sui giornali, sulle agenzie e alla radio. L’intervista, rilasciata a Maria Cuscela per le pagine di Vercelli de “La Stampa”, è stata ripresa dall’ANSA e poi da altri media. Sotto attacco è “Giù nella valle”, il nuovo romanzo di Paolo Cognetti, ambientato tra gli anni Sessanta e Settanta in bassa Valsesia.

Mercoledì 22, con toni ancora più pesanti, è scesa in campo l’Unione Comuni ed Enti Montani. Come riferisce l’agenzia “Dire”, Marco Bussone e Roberto Colombero, presidenti nazionale e piemontese dell’UNCEM, hanno dichiarato che quelle di Cognetti sono “parole incredibili, manco commentabili”, “una bassezza e un grave errore che non passa e rimane”. “La montagna è offesa e attaccata da questo delirio” concludono.

A far arrabbiare Pietrasanta, Colombero e Bussone, oltre al libro (che forse non hanno letto davvero, ma su questo torneremo tra poco) è stata un’intervista a Paolo Cognetti andata in onda a Radio Deejay, nel programma “Deejay chiama Italia” condotto da Linus e da Nicola Savino.

Per i due presidenti dell’UNCEM, “l’atteggiamento del duo radiofonico” è stato “delirante”, “irrispettoso”, “inadeguato”. Poco più tardi, Francesco Pietrasanta, presidente dell’Unione Montana Valsesia, ha scritto un post trionfante sulla sua pagina Facebook.

Primo obiettivo raggiunto! Radio Dj ha chiesto scusa alla Valsesia e ha dato il giusto risalto alla nostra terra, elogiando alcune meraviglie che abbiamo solo noi come la Capanna Margherita di Alagna, il Sacro Monte di Varallo, la natura incontaminata dell’Alta valle e il vino di Gattinara. Ora attendiamo le scuse dello scrittore Cognetti!

Sono costretto (vedi sopra) a inserire una nota che riguarda me e questo sito. La frase che “La Stampa” e l’ANSA attribuiscono a Francesco Pietrasanta, “la pioggia sembra non fermarsi mai e gli uomini lavorano duro, fumano come se non ci fosse un domani e prima di tornare a casa passano dall’osteria a ubriacarsi. Le donne li attendono con pazienza, mandano avanti la casa, sopportano le brutalità e gli eccessi dei mariti” non è tratta dal libro di Cognetti, ma dalla mia recensione uscita qui il 30 di ottobre. Forse, prima di indignarsi, sarebbe bene leggere il libro.

Mi sembra che il vero problema sia un altro. Il libro di Paolo Cognetti non è un’inchiesta giornalistica né un saggio, ma un romanzo, una fiction come si dice oggi, ambientata qualche decennio fa in una valle prealpina. L’autore avrebbe potuto ambientarla nel Cuneese, in Friuli, ai piedi delle Dolomiti o in Lombardia. Invece ha utilizzato la Valsesia, che, come scrive in una risposta all’Unione Montana e all’UNCEM, “frequenta da quando era bambino”.

Da che mondo è mondo, le fiction vengono ambientate dappertutto, senza che nessuno se la prenda. Un autore di best-seller come John Grisham ha riempito il profondo Sud degli Stati Uniti di criminali efferati e poliziotti corrotti senza che il sindaco di Biloxi o il governatore del Massachusetts si offendessero. Giancarlo De Cataldo ha fatto lo stesso con la Roma di “Romanzo criminale” e dei suoi sequel, che intrecciano la Banda della Magliana (che è esistita davvero) a politici, spacciatori e magnaccia creati dalla fantasia dell’autore.

Dai tempi di Arthur Conan Doyle e Agatha Christie, centinaia di autori hanno inventato assassini e serial killer capaci di terrorizzare Londra, Los Angeles e New York, per non parlare della nostra amata Milano. Nessun Comune, però, e nessuna unione di sindaci, ha mai contestato il diritto degli scrittori di fare ciò. A volte le storie truci, specie se approdano in televisione o al cinema, fanno bene ai luoghi dove sono ambientate.

Abito nella regione di Rocco Schiavone. A leggere Manzini si direbbe che in Valle d’Aosta abbiamo tre omicidi al giorno e un serial killer la settimana” spiega Paolo Cognetti. “Ci ridiamo sopra, ci appassioniamo alle sue avventure, e un po’ ci godiamo anche il turismo che ci porta. Sapete che arrivano i pullman di turisti a cercare i luoghi di Rocco Schiavone? Spero di fare lo stesso con la Valsesia, e che il prossimo film sia ambientato lì”.

Un esempio ancora più clamoroso riguarda “A un passo dal cielo”, la fiction RAI ambientata intorno al Lago di Braies, in un Alto Adige/Sudtirolo dove per semplificare il racconto è stata fatta sparire la popolazione di lingua tedesca. Le autorità di Bolzano hanno deciso di ospitare comunque le riprese, e il risultato è stato un afflusso turistico imponente.

Non possiamo sapere se, in futuro, qualcuno raggiungerà la Valsesia per ritrovare i luoghi e le atmosfere del libro. E’ certo, però, che le atmosfere cupe di “Giù nella valle” non possono togliere nulla all’arte del Sacro Monte di Varallo, ai sapori del vino e dei formaggi valsesiani, all’eleganza delle architetture Walser della Val Vogna e della val d‘Otro, allo spettacolo delle rocce e dei ghiacciai del Monte Rosa.

Ci faccia uno squillo, e poi venga a trovarci” scrive Francesco Pietrasanta dell’Unione Montana Valsesia alla fine del suo appello pubblicato da “La Stampa” e dall’ANSA. Non sappiamo, al momento di scrive queste righe, se Paolo Cognetti accetterà l’invito. La libertà di scrivere, raccontare e creare, però, dovrebbe valere dappertutto.

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