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Orsi e lupi davvero potrebbero impedire le operazioni di soccorso in montagna?

Ne parliamo con il veterinario trentino Alessandro De Guelmi, dopo le affermazioni del presidente della Provincia autonoma di Trento

La presenza di orsi e lupi nei boschi potrebbe impedire le operazioni di soccorso in montagna in Trentino. Lo hanno affermato nei giorni scorsi Maurizio Fugatti, presidente della Provincia autonoma di Trento, e Raffaele De Col, responsabile della Protezione Civile provinciale.

Per ogni operazione dovrà essere effettuata una verifica sulla zona dove si andrà a operare, quindi se siano presenti o meno grandi carnivori. Valuteremo caso per caso ma non possiamo mettere in pericolo la sicurezza degli operatori”, ha dichiarato il funzionario.

Sono passati due mesi dalla tragica fine del runner Andrea Papi, ucciso da un’orsa nei boschi di Caldes. Nel resto d’Italia, da settimane, la questione degli orsi del Trentino è sparita dalle prime pagine. Tra l’Adige, l’Adamello e le Dolomiti di Brenta, invece, la discussione è ancora accesa, e le reazioni alle affermazioni di Fugatti e De Col lo dimostrano.

Critiche durissime arrivano da Alessandro De Guelmi, che ha seguito per decenni gli orsi del Trentino come veterinario, e che per 42 anni ha fatto parte del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico, anche come responsabile della stazione della Valle di Ledro.

Dottor De Guelmi, cosa pensa delle affermazioni del responsabile della Protezione Civile trentina? I carnivori possono mettere in pericolo le operazioni del Soccorso Alpino?
“Mi sembra un’affermazione allucinante. Se qualcuno crede davvero che non si debbano effettuare soccorsi in montagna di sera o di notte per il rischio di incontrare orsi e lupi, abbandonando persone che si trovano in pericolo, dovrebbe avere l’umiltà di chiedere scusa e andarsene”.

Secondo il dirigente provinciale De Col, i cani da ricerca rischiano di essere attaccati dai lupi.
“Non ha senso. Gli interventi di soccorso in montagna si fanno in gruppo, con luci accese e rumori, spesso c’è in giro l’elicottero, orsi e lupi in situazioni del genere se ne vanno. E comunque, quando i volontari del Soccorso si muovono, accettano di andarsi a cacciare in situazioni pericolose, prima di tutto a causa delle valanghe”.

Secondo lei da dove nascono queste affermazioni dei responsabili della Provincia e della Protezione Civile? C’è dietro una speculazione politica?
“Il Trentino è l’unica parte del mondo dove la gestione dei grandi carnivori è affidata alla Protezione Civile. È logico che un dirigente di questo settore li veda solo come potenziali problemi per la sicurezza degli umani. Fino a qualche anno fa si occupava di orsi e lupi l’Ufficio Fauna della Provincia, con una logica completamente diversa. Poi la competenza è stata trasferita”.

Secondo lei la Provincia e il suo presidente Maurizio Fugatti non fanno quello che dovrebbero fare per gli orsi?
“Le amministrazioni precedenti non hanno fatto molto, ma negli ultimi anni si è bloccato tutto. La Provincia non ha investito in ricerca, non ha fatto formazione e informazione, non ha convocato un tavolo tecnico. Il Rapporto sui grandi carnivori, fondamentale per informare e decidere, quest’anno non verrà pubblicato”.

Ma quanti sono gli orsi in Trentino? Su cosa si basa la richiesta della Provincia di trasferirne “almeno 70” in altre zone?
La mancanza di investimenti sulla ricerca fa sì che non ci siano più radiocollari funzionanti, e questo rende difficile anche stimare il numero degli orsi. Oggi dovrebbero essere tra i 100 e i 120, ma è una cifra approssimativa. Ricordo che nel progetto LIFE Ursus il numero di 50 orsi era considerato un minimo, non era l’obiettivo finale”.

Per pagare nuovi radiocollari il Trentino dovrebbe trasferire fondi dalla Sanità o dalla scuola?
“No, il Ministero si è dichiarato disposto a coprire tutte le spese necessarie. Ma non si fa nulla lo stesso”.

Non teme di essere considerato un estremista, un amico degli orsi anche dove questi creano problemi per gli umani?
“No. Il Trentino è una terra popolata, la gestione degli orsi va fatta, l’abbattimento è possibile ma dev’essere l’ultima spiaggia. Nel 2017, quando mi occupavo di grandi carnivori per la Provincia, ho proposto di trasferire alcune femmine d’orso a Tarvisio, dove c’erano solo maschi. Li avrebbero accettati a braccia aperte, non se n’è fatto nulla, ora il clima politico è cambiato”.

Secondo lei fanno bene gli animalisti a proporre di boicottare il Trentino?
“Fanno malissimo, perché il Trentino, al contrario di altre province e regioni, ha accettato la sfida della reintroduzione. E poi perché qui da noi l’impegno per salvare l’orso ha una storia importante, da Renzo Videsott a Franco Pedrotti”

Le troupe televisive e gli inviati dei quotidiani sono ripartiti da tempo. Che aria tira in Trentino sulla questione degli orsi?
“Un’aria che non mi piace. Nei paesi molta gente ha paura e non va più nei boschi. Si rischia una contrapposizione tra la città di Trento e le valli. Tengo molte conferenze, trovo attenzione da parte di tutti, inclusi i cacciatori. Lo faccio volentieri, ma l’informazione è un compito della Provincia.”

Dopo il ritrovamento degli ultimi orsi morti, gli ambientalisti hanno ipotizzato che qualcuno abbia iniziato a farsi giustizia da sé. È un rischio reale?
“Purtroppo sì, e forse qualcuno lo ha già fatto. Negli anni scorsi in Val di Non ci sono stati tre o quattro orsi uccisi da avvelenamenti misteriosi. Basta un solo cacciatore arrabbiato per fare danni seri, per questo bisogna parlare e informare”.

Nelle sue conferenze lei dice che gli orsi non sono pericolosi?
“No, dico che gli orsi sono molto pericolosi, ma che il rischio per gli umani di essere attaccati è bassissimo. Le zecche sono un rischio molto più alto, ogni anno ci sono dai 50 agli 80 escursionisti infettati”.

Che impatto ha avuto su di lei la tragica fine di Andrea Papi?
“Un impatto devastante, anche perché ho dovuto partecipare all’autopsia. Più volte, negli anni precedenti, avevo detto che il comportamento più pericoloso era muoversi velocemente e in silenzio all’imbrunire. E’ quello che è successo, ma questo non toglie nulla al mio dolore”.

Qualche giorno fa sono state diffuse le immagini di sette orsi nella stessa valle delle Dolomiti di Brenta. È un segno di salute per la specie?
“Solo in parte. La Provincia ha autorizzato una troupe a salire in Val d’Ambiez con i fuoristrada e a inseguire gli orsi con i droni, una cosa vietata in tutti i Parchi del mondo. Gli animali si sono rapidamente spostati, e hanno subito uno stress inutile”.

Lei continua ad andare nei boschi del Trentino in cerca di orsi?
“Certamente sì, ed è un’esperienza meravigliosa. Stamattina ho seguito per ore, a 200 metri di distanza, tre cuccioloni di più di un anno che si spostavano e mangiavano tranquillamente. Erano perfettamente autonomi, e questa è una buona notizia anche per i cuccioli dell’orsa JJ4, che dovrebbero essere riusciti a sopravvivere senza problemi nei boschi”.

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