Parchi

Parco Nazionale del Gran Paradiso

Istituito il 3 dicembre 1922 per la protezione del suo animale simbolo, lo stambecco, e del camoscio il Parco Nazionale del Gran Paradiso si trova tra Piemonte e Valle d’Aosta, sviluppandosi attorno al massiccio omonimo. Con una superficie di 71.043,79 ettari confina con il Parco Nazionale della Vanoise in territorio francese. Primo parco nazionale italiano nasce inizialmente come riserva di caccia reale, oggi lo spettro d’azione dell’area protetta ci permette di osservare in natura animali di grande fascino come l’aquila reale o il gipeto, con la sua apertura alare che può raggiungere i 3 metri. La maestosità e la regalità degli ambienti lo rendono un luogo unico, l’opportunità di poter camminare silenziosi incontrando gli animali della foresta fanno percepire quanto è prezioso questo piccolo fazzoletto di territorio a cavallo tra due Regioni.

Geografia

Il parco ingloba al suo interno l’unico Quattromila interamente in territorio italiano, il Gran Paradiso. L’area protetta si trova inoltre divisa tra Piemonte e Valle d’Aosta. 5 le valli principali dell’area protetta: Val di Rhêmes, Val di Cogne, Valsavarenche, Valle dell’Orco e Val Soana. Le stesse che, in modo approssimativo, segnano i confini del parco.

Sono 59 i ghiacciai che interessano le alte quote del Gran Paradiso, di cui la maggior parte localizzata nel versante valdostano.

Dalla cima del Gran Paradiso, a 4061 metri, si diparte la dorsale che separa Cogne dalla Valsavarenche e lungo cui si incontrano due delle vette secondarie del parco: l’Herbétet (3778 m) e la Grivola (3969 m). Sul versante piemontese sono invece particolarmente significative le cime del Ciarforon (3642 m), della Tresenta (3609 m) e la Becca di Monciair (3544 m). Altra cima degna di nota è la Granta Parey (3387 m) in Val di Rhêmes, che segna il punto più occidentale del parco. A est spicca invece la Rosa dei Banchi (3164 m) che dalla sua cima, raggiungibile con comodo sentiero, offre una vista panoramica sulle valli circostanti.

Storia

La storia del Parco del Gran Paradiso inizia un secolo prima della sua fondazione, quando il re di Sardegna Carlo Felice emette un atto con cui vieta la caccia allo stambecco. Ad animarlo non sono principi ambientalisti o di salvaguardia dell’animale, ma più concreti interessi venatori.

In quegli anni lo stambecco è oggetto di una caccia indiscriminata sia per le sue carni, che per le grandi corna da esibire come trofei, oppure per alcune parti del corpo a cui si attribuiscono effetti medicinali o afrodisiaci. Nell’arco di qualche anno ne vengono cacciati talmente tanti da far ritenere l’animale estinto in tutta Europa, questo almeno fino al rinvenimento di una colonia sui pendii del Gran Paradiso. Circa cento esemplari su cui viene immediatamente posto un veto da parte del re. L’unico a poterli cacciare sarebbe stato lui.

Un nuovo passo avanti viene fatto nel 1856, da parte di Vittorio Emanuele II che istituisce la Riserva Reale di Caccia. Il processo di costituzione richiede qualche anno a causa dei contratti che i funzionari del Regno di Sardegna devono stipulare con valligiani e montanari. Questi ultimi devono cedere al sovrano i diritti venatori esclusivi e anche quelli di pascolo e pesca. In pratica non possono più portare gli animali a pascolare all’interno della riserva, che deve essere lasciata a uso esclusivo della selvaggina.

Con la nascita di questo territorio, ben più grande dell’attuale parco, vengono eseguiti molti lavori sul territorio, a partire dal restauro di chiese, case, argini di torrenti e fiumi. Si costruiscono casotti per i guardiacaccia e si istituisce un corpo di vigilanza. Si realizzano anche strade bianche, utili al re e al suo seguito per muoversi all’interno del territorio per le battute di caccia.

In ogni battuta vengono abbattuti una decina di capi al giorno, maschi adulti di stambecco e camoscio. Questo fino al 1913 quando ha luogo l’ultima caccia reale. Nel 1919 l’allora re Vittorio Emanuele III decide di cedere allo Stato il territorio della riserva e tutti i diritti di caccia indicando la sua volontà che di prendere in considerazione l’istituzione di un parco nazionale per la protezione della fauna e della flora alpina.

Ed eccoci finalmente al 1922, quando il 3 dicembre il re firma il decreto legge con cui viene istituito il parco “allo scopo di preservare la fauna e la flora e di preservarne le speciali formazioni geologiche, nonché la bellezza del paesaggio”.

Per vedere la definitiva nascita dell’Ente Parco Nazionale Gran Paradiso dobbiamo però aspettare la fine della seconda guerra mondiale, più precisamente il 1947, quando il capo di Stato provvisorio Enrico De Nicola firma il decreto che lo costituisce. Purtroppo negli anni della guerra la tutela dello stambecco subisce uno stop. Molti esemplari vengono uccisi per farne dono alle autorità militari e anche il servizio di vigilanza perde la sua efficacia. Al termine del conflitto sono solo 400 gli esemplari sopravvissuti.

L’ambiente del parco

Il territorio del Parco Nazionale del Gran Paradiso, è stato fortemente modellato dai ghiacciai che nel corso delle grandi glaciazioni sono arrivati a ricoprire interamente l’area.

I boschi di fondovalle sono ricchi di larici, abeti rossi e pini cembri. Più raramente capita di incontrare qualche abete bianco. Salendo di quota si incontrano poi pascoli e praterie alpine che infine lasciano spazio ai ghiacci perenni oltre i 3000 metri. L’ambiente che maggiormente caratterizza il parco è quello roccioso, dove le specie vegetali mostrano le loro straordinarie capacità di adattamento. Molto meno diffusi sono invece gli ambienti umidi, come torbiere e paludi. Ambienti fragili influenzati anche solo da un semplice drenaggio o dalla captazione di acqua dalle sorgenti che possono portare alla scomparsa di tutte le specie. In passato molti di questi ambienti sono stati bonificati per ragioni legate alla coltivazione o al pascolo.

Anche i boschi non sono così diffusi, ricoprono meno del 20% del parco, ma hanno grande importanza. Offrono infatti rifugio e riparo a molte specie animali e, a livello ecologico, rappresentano la situazione di equilibro a cui tende naturalmente la vegetazione.

La fauna del parco

L’animale simbolo del Parco Nazionale del Gran Paradiso è lo stambecco, che compare anche sul logo ufficiale del parco con la sua elegante silhouette. Dopo i difficili periodi che hanno visto questo animale in difficoltà e a rischio estinzione è finalmente al sicuro e diffuso con un grande numero di esemplari. Li si incontra molto facilmente, anche solo durante una semplice passeggiata tra i sentieri. Uniformemente presente in tutta l’area protetta, ha una maggiore concentrazione nella valle di Cogne e il Valsavarenche.

Molto diffuso nel parco è anche il camoscio, che abita gli ambienti di media montagna. Si tratta dell’ungulato maggiormente diffuso all’interno del territorio del parco.

Non così frequente è invece l’opportunità di incontrare l’aquila reale con il suo maestoso volo. All’interno del parco vivono 27 coppie di aquile che negli ultimi anni vengono regolarmente censite. In generale è ben distribuita e nidifica in tutte le valli dell’area protetta. Un tempo le aquile erano diffuse in tutta l’Europa, l’assenza di tutela avuta in passato l’ha resa spesso oggetto di bracconaggio che ha portato a un declino della sua presenza fino agli anni Novanta.

Tornato recentemente è invece il gipeto, specie a lungo perseguitata dall’uomo in ambiente alpino. A causa di questo e del suo complesso ciclo riproduttivo si era estinto agli inizi del Novecento. Grazie però a un processo di reintroduzione iniziato negli anni Ottanta la specie è tornata a nidificare nel Parco Nazionale del Gran Paradiso e, più in generale, sulle Alpi. All’interno del parco, area particolarmente adatta alla sua nidificazione, sono presenti tre coppie.

Curiosità

In Valle Orco si trovano 6 laghi artificiali da cui dipende l’approvvigionamento idroelettrico della città di Torino.

La cima più alta del Gran Paradiso non è visibile dal versante piemontese, tranne che da poco punti, come il Lago di Dres sul versante inverso della Valle Orco.

Dal 1992 esiste all’interno del parco un sentiero attrezzato per non vedenti lungo un chilometro e con pendenza irrilevante. Un itinerario nato per permettere a tutti di fruire dei benefici e delle piacevoli sensazioni che offre la natura.

Tra i lavori divenuti tradizionali nelle valli Orco e di Rhêmes, con l’aumento della popolazione e la necessità di dover integrare le attività in campagna, c’è quello dello spazzacamino. Partivano in piccoli gruppi dalle cittadine di valle verso i grandi centri della pianura, solitamente un capo e due o tre ragazzini.

In Valle Orco e in Valle Soana fin dal medioevo si è lavorato il rame, estratto nelle vicine miniere. Più importante, nel campo dell’estrazione mineraria, è la Valle di Cogne dove la presenza di ricchi filoni di ferro hanno giocato un ruolo fondamentale sulla vita dei locali.

Guida al parco

I due principali punti di accesso al Parco Nazionale del Gran Paradiso sono Cogne, sul versante valdostano, e Ceresole Reale, su quello piemontese. Entrambi sono raggiungibili in automobile, ma anche comodamente con i mezzi pubblici e senza particolari difficoltà.

Una volta arrivati ad Aosta si seguono le indicazioni per le valli di Cogne, Valsavarenche e Rhêmes. Se  invece si vuole raggiungere la Valle Orco è necessario seguire, da Torino, la SP460 della Valle Orco che permette di raggiungere la Val Soana oppure, proseguendo dritto, Ceresole.

Se invece decidessimo di raggiungere il parco utilizzando la mobilità pubblica è sufficiente raggiungere Aosta con il treno e, da qui, prendere gli autobus che permettono di raggiungere i centri principali. Sul versante piemontese bisogna prima di tutto raggiungere i comuni di Rivarolo o Pont Canavese (con autobus o treno da Torino) e da qui proseguire con il bus per la Valle Orco o la Val Soana.

All’interno del parco le escursioni possibili sono veramente tante. Se si è interessati a una passeggiata tranquilla il consiglio è quello di provare dal versante valdostano del Parco Nazionale del Gran Paradiso, dove si possono godere i bei sentieri che si addentrano nella Valnontey. Stesso consiglio vale per chi volesse dedicarsi alla salita fin sul punto più alto del parco, oltre quota quattromila. Se invece siamo alla ricerca di un ambiente più selvaggio il consiglio è quello di raggiungere e scoprire il versante piemontese dell’area protetta. Grazie inoltre ai numerosi rifugi presenti nelle valli è possibile immaginare traversate e trekking di più giorni attraverso gli scenari unici del primo Parco Nazionale italiano.

In ogni caso il consiglio, per chi volesse avventurarsi alla scoperta del Gran Paradiso, è quello di contattare gli uffici informazioni del parco per aver sempre informazioni aggiornate sullo stato dei sentieri, su aperture ed eventuali chiusure per la tutela della fauna.

 

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