Alpinismo

A tu per tu con Alex Txikon, in partenza per l’Annapurna

Il fortissimo basco, fan di Checco Zalone e della Pizza alla fontina è in Italia per presentare il nuovo libro "La Montagna dello spirito" dedicato all’invernale del Manaslu. Si racconta senza riserve e spiega perché ama l’Himalaya in veste invernale

Oltre 30 spedizioni in Himalaya, metà delle quali in inverno. Prima invernale sul Laila Peak e sul Nanga Parbat e seconda invernale al Manaslu. E una grande passione per i film di Checco Zalone.
A chi si immagina Alex Txikon, uno dei più forti alpinisti al mondo, come un personaggio algido e austero rimarrà deluso. È un tipo affabile, espansivo, festoso. Mentre mangia una pizza con la Fontina recita a memoria le battute di ‘Quo vado?’ ridendo a crepapelle.

Poche settimane fa è uscito il suo ultimo libro La montagna dello spirito (Solferino) sulla salita invernale al Manaslu di gennaio 2023. Una delle esperienze più difficili della mia vita” come più volte ha dichiarato l’alpinista, ambassador di Ferrino. Lo abbiamo incontrato ad Aosta subito dopo una presentazione del libro.

Perché le invernali?
Per me rappresenta l’evoluzione di un alpinista, di un himalaista. Ho iniziato con le spedizioni nel 2002 e ho salito diversi ottomila “estivi”. Fino al 2011 quando ho fatto la mia prima invernale e da lì non ho più smesso. L’inverno mi piace, mi fa sentire a mio agio. Non ci sono altre cordate in giro, ci siamo solo noi e la montagna.

Il tuo slogan è ‘mountain is meant to be shared’. Non sei uno da solitarie?
Amo stare in mezzo alla gente, conoscere persone, stringere amicizie. Così anche in montagna: il team è sempre un elemento fondamentale in ogni mia salita. E poi è anche una questione di sicurezza. É impensabile affrontare una spedizione invernale in Himalaya da soli. I soccorsi sarebbero impossibili.

Nella tua carriera hai anche collezionato tanti insuccessi. Trovi sempre la motivazione per ripartire, però
Sono una persona estremamente ottimista, penso sempre che la prossima sarà la volta buona. E poi ho una passione sconfinata per ciò che faccio, mi definirei un fanatico. La passione ti fa ripartire sempre e comunque. A dir la verità, gli unici momenti in cui la voglia di mettermi in gioco si incrina è quando perdo un amico in montagna. Lì è dura ripartire.

Hai girato tutte le montagne del mondo, sei stato in oltre 70 paesi
Sì, alla fine l’alpinismo è solo una scusa per viaggiare, scoprire nuovi orizzonti. La vera ricchezza sta nella diversità culturale delle varie regioni del mondo. Conoscere i diversi popoli di montagna e i loro modo di viverla mi affascina molto. Raccogliere i sorrisi delle persone che incontro nelle mie spedizioni mi riempie il cuore. Se invece dovessi dire dove sono le montagne più belle… Beh in Antartide! È meravigliosa, è recondita, senza nessun intervento artificiale.

Come gestisci la paura nelle tue spedizioni?
È fondamentale avere la consapevolezza che esiste un punto di non ritorno. Perciò è sempre importante rimanere con i piedi per terra, non farsi mai troppe aspettative. L’ego ti ammazza. E poi, per me, non esistono pressioni. In tutti questi anni di alpinismo non ho mai sentito la pressione di dover far qualcosa, ho sempre fatto solo ciò che mi sentivo di fare, in tutta tranquillità. Ho tantissima pazienza, non perdo mai la calma e il rischio fa uscire la migliore versione di me.

Parliamo di cambiamento climatico
Ricordo perfettamente quando Al Gore parlava di climate change negli anni 90 ed io, come tanti, pensavo che fossero tutte cavolate. Sono stato quattro volte sullo Shisha Pangma (2006 – 2007 – 2009 – 2010) e ogni anno vedevo quanto cambiava la montagna. Dal 2012 il cambiamento è sempre più frenetico anche in Himalaya. Ormai pure l’inverno è imprevedibile e le condizioni cambiano ogni giorno. È importante per un buon alpinista ascoltare con attenzione tutti i messaggi che lancia la montagna e lavorare d’intuito.

Credi in qualche tipo di Dio o provvidenza?
Vengo da una famiglia molto credente. Io sono credente quando ho molta paura. In quelle situazioni prego in tutte le lingue!

Sostieni parecchie associazioni non-profit
L’alpinista è egoista, in fondo pensa solo a sé stesso e alle sue montagne. E io posso fare questa vita anche grazie alle persone che mi sostengono, comprano i miei libri, vengono alle mie serate. Insomma, ho un debito perpetuo con la società. Impegnarmi nel sociale è un po’ il mio modo di restituire tutto ciò che mi viene dato. Un’attività che mi piace molto, ad esempio, è portare i carcerati in montagna. E’ un progetto che porto avanti con un carcere dei Paesi Baschi. Li vado a prendere la mattina e li porto a camminare tutto il giorno, si divertono!

Hai scelto di scalare gli ottomila con uno stile rigoroso, durissimo. C’è chi preferisce fare su e giù dall’Himalaya in modi molto diversi dal tuo. Cosa ne pensi?
Beh, Kristin Harila ha salito 14 ottomila in 90 giorni e io ne ho saliti solo due negli ultimi 10 anni! Ma ognuno può fare ciò che vuole. Non sono un talebano della montagna, non impongo un’idea o uno stile. Per me è più importante avere rispetto ed empatia nei confronti degli altri, viene prima la persona dell’alpinista.

Parliamo un po’ del Manaslu, senza anticipare troppo del tuo nuovo libro
Posso solo dire che, in confronto, l’invernale al Nanga è stata un gioco da ragazzi. La salita al Manaslu è stata esigente, con condizioni proibitive. 45 gradi sottozero e vento a 50 chilometri orari. C’è stato un momento in cui ho iniziato a pensare che sarebbe stato meglio morire che continuare a soffrire in quel modo. È stata durissima sia la salita che la discesa.

La vera vetta è quando arrivi al campo base. Stare per tanto tempo a quelle temperature può danneggiarti in modo serio. Quando sono tornato a Kathmandu facevo la pipì nera e avevo malissimo ai reni. Ci ho messo un mese per riutilizzare di nuovo i miei piedi. Dopo quell’esperienza volevo smettere con le invernali.

E invece riparti!
Il 29 novembre. Tenterò l’Annapurna con un team di 8/9 persone. Ma non voglio ancora dire chi saranno i miei compagni, sennò poi per tutta la settimana avrò il telefono che squilla in continuazione e io devo finire di preparare il materiale! Comunque tenteremo la cima ai primi di gennaio.

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