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“I miei divieti, per proteggere l’orso”. Intervista a Luciano Sammarone, direttore del PNALM

La convivenza tra orsi marsicani e montanari abruzzesi è un esempio da studiare e seguire, capiamo perchè

I festeggiamenti per i primi cent’anni del Parco si sono conclusi da poco, e ora Luciano Sammarone è diventato una star. Dopo anni di lavoro silenzioso nel Corpo Forestale dello Stato, nei Carabinieri Forestali e poi come direttore del Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise, ha iniziato a essere interpellato frequentemente dai media tre mesi fa, dopo la morte dell’orso Juan Carrito sulla strada che sale a Roccaraso.
Nelle ultime settimane, dopo i drammatici eventi del Trentino, televisioni e quotidiani hanno finalmente capito che la convivenza tra gli orsi marsicani e i montanari dell’Abruzzo è un esempio da studiare e seguire. Certo, i plantigradi dell’Appennino appartengono a una sottospecie meno aggressiva, ma le regole per non arrecare disturbo sono sostanzialmente le stesse.
Gli eventi di Caldes e dintorni, e le notizie che arrivano dal Trentino, rendono sempre più attuale il dibattito sulle regole per la fruizione del Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise. Negli ultimi mesi Sammarone e i suoi collaboratori hanno subito attacchi durissimi da parte di alcune associazioni locali, ma hanno portato avanti il dialogo con il Club Alpino Italiano.
Questa conversazione con Luciano Sammarone è avvenuta in pubblico, durante un dibattito organizzato dalla Sezione di Cassino del CAI, che ha coinvolto il presidente Diego Magliocchetti e qualche decina di soci. Grazie di cuore anche a loro.

Direttore, su cosa si basano le regole del Parco?
Le aree protette devono tutelare la bellezza, e per questo ci vogliono i limiti. Il PNALM è nato tra il 1922 e il 1923, e le regole di allora sono rimaste in vigore fino agli anni Novanta. Vogliamo adeguarci, ma finché non avremo il Piano del Parco non possiamo avere un Regolamento dettagliato.

Quanti sentieri ci sono nel Parco? Le sembra una rete adeguata?
Abbiamo 488 chilometri di sentieri segnati, pari a 0,97 chilometri per ogni chilometro quadrato del Parco.  Il rapporto scende a 0,67 in zona A, la riserva integrale, e cresce nelle zone periferiche. Circa il 40% dei percorsi, oltre che a piedi, è accessibile in bici, a cavallo o con un cane al guinzaglio.

Perché porre dei limiti ai cani e alle bici?
Perché i sentieri più battuti si erodono, e la bici causa un’erosione molto più accelerata dei piedi. Lo si vede in alta Val di Rose, o tra il Passo dei Monaci e la Meta. I cani, anche al guinzaglio, possono disturbare la fauna, dal camoscio all’orso.

Negli ultimi mesi ci sono state aspre polemiche sulla fruizione invernale del Parco, con proteste degli scialpinisti. Che mi dice?
Il principio, che vale in tutte le stagioni, è che ci devono essere delle zone dove i visitatori non vanno, e dove gli animali possono restare tranquilli. Gli orsi vanno in letargo proprio lì. Qualche anno fa, non dico dove, uno scialpinista è quasi entrato in una tana, l’orsa è fuggita e i suoi due cuccioli sono morti. Non lo possiamo più permettere.

Qualcuno dice che le curve di una discesa con gli sci non coincidono con i sentieri estivi. Fate multe anche per questo motivo?
E’ una stupidaggine colossale. I sentieri indicano una linea, una valle, un versante. Nessuno viene punito se si allontana per qualche decina di metri. Ma in altre zone non si deve andare, né a piedi né con gli sci. Nel comprensorio sciistico di Pescasseroli abbiamo fatto chiudere la pista Nordica, troppo vicina alle tane.

Negli ultimi tempi, però, la vostra rete dei sentieri è stata modificata.
E’ vero, abbiamo tracciato dei percorsi per salire al Monte Turchio e al Monte Forcellone, che prima erano vietati. Qualche altro aggiustamento potrebbe arrivare, dopo un confronto con il CAI e le altre associazioni da un lato, ma anche con il nostro Ufficio scientifico che spinge per la cautela.

E’ possibile autorizzare itinerari invernali diversi da quelli estivi? Il Parco nazionale della Maiella ha iniziato a pensarci con il progetto “L’altra neve”, le scuole del CAI vi hanno chiesto qualcosa del genere.
Ci stiamo pensando, ma sarebbero pochi casi limitati.

Cosa mi dice dei rifugi in quota? E’ possibile pensare far dormire gli escursionisti a Forca Resuni? E’ un luogo meraviglioso, magico…
I rifugi sono importanti anche per noi. Quello della Cicerana lavora, i quattro piccoli rifugi di Opi funzionano. Il rifugio del Campo, arredato e sempre aperto, è stato vandalizzato da poco. Il problema della sorveglianza è importante.

Però il rifugio di Valle Lattara ha dovuto chiudere, e contro la Cicerana ci sono le accuse di un’associazione locale.
Su Valle Lattara pesa una bega con il Comune di Alvito, le accuse contro la Cicerana non hanno senso. Lì doveva nascere una zona residenziale, che il Parco ha vietato e demolito. Il rifugio è un presidio, e la porta della Selva di Moricento, una splendida faggeta vetusta dove l’accesso è vietato.

La Grotta dello Schievo è un altro luogo meraviglioso, ma i vostri sentieri non ci vanno. Perché?
E’ appena fuori Parco, c’è un tratto esposto, vogliamo evitare grande se qualcuno si fa male. Ma non è vietato andarci.

Nell’elenco dei “duemila” dell’Appennino figurano una decina di vette vietate. Si può prevedere una deroga per i soci del Club 2000?
Assolutamente no. Il Club non ci ha mai contattato, i soci vanno in zona proibita e poi postano le foto sui social. E’ inaccettabile, uno scandalo che deve finire.

Cosa potete fare a chi non rispetta le regole?
Una multa da 50 euro o una denuncia penale. Con il nuovo Regolamento le cose cambieranno

Torniamo ai rifugi, che mi dice di Forca Resuni?
L’idea mi piace, ma per controllarlo servirebbero guardie più giovani e meno problemi a bassa quota. Oggi il personale di sorveglianza deve seguire gli orsi confidenti, che si muovono a poca distanza dai paesi.

Ai rifugi non può pensare qualcun altro? Per esempio i soci del CAI?
Abbiamo avviato una collaborazione con alcune sezioni di Lazio, Abruzzo e Molise, abbiamo messo i volontari a controllare i sentieri. Ci hanno detto che i “controllati” erano quasi tutti soci CAI. Ripeteremo l’esperienza, ci piacerebbe farli diventare ausiliari per 90 giorni.

Che mi dice dei fotografi che vanno in cerca di animali?
Li abbiamo sempre accolti, ma sono una categoria a rischio. Oggi in tutti i corsi di foto naturalistica nel Parco è previsto un incontro con il nostro personale. Ma chi esagera dev’essere punito. Ad agosto, quando gli orsi si nutrono di bacche di ramno, abbiamo trovato dei fotografi nascosti tra i cespugli. Se l’orso li vede scappa, non torna e va in letargo denutrito.

Oltre a multe e denunce non si può prevedere un Daspo simile a quello degli stadi? Per collezionisti di vette e fotografi sarebbe un bel deterrente.  Se sgarri e ti becchiamo non entri più nei Parchi.
Buona idea, mi piacerebbe! Ne parliamo.   

Concludiamo parlando degli orsi in Abruzzo e in Trentino. Quale situazione è più difficile?
Siamo costantemente in contatto con i Parchi e i Forestali del Trentino, ci scambiamo informazioni e opinioni. Ho l’impressione che in Trentino, da anni, si parli troppo poco con la popolazione. Noi continuiamo a farlo, a costo di sfidare cacciatori o allevatori arrabbiati.

Cosa pensa dell’incontro che è costato la vita ad Andrea Papi? E’ stato giusto rimuovere l’orsa JJ4?
La tragica fine del runner è stato un incidente, un incontro fortuito. L’orsa JJ4 non ha alcuna colpa, ma è diventata l’agnello sacrificale. Ora che è stata tolta di mezzo si può iniziare a ricostituire un rapporto con la gente.

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