Cerro Torre
Considerata una delle montagne più difficili al mondo si presenta maestosa agli occhi di chi la osserva. Verticale, quasi inespugnabile, sulle sue lisce pareti sono state scritte memorabili pagine di alpinismo. Con i suoi 3128 metri il Cerro Torre è localizzato ai margini del campo di ghiaccio Patagonico Sud, un enorme ghiacciaio continentale che ricopre circa 13mila chilometri quadrati di superficie tra Cile e Argentina.
Circa 900 i metri di parete che si trovano ad affrontare gli scalatori intenzionati a raggiungerne la cima, ma non è finita. Una volta terminata la roccia, un solido e stabile granito, tocca superare un enorme fungo di ghiaccio alto una cinquantina di metri.
Il nome, Cerro Torre, è una diretta conseguenza della sua forma. “Cerro” significa infatti “montagna”. Il Cerro Torre è quindi la “montagna a forma di torre”.
Geografia
Localizzato al confine tra Argentina e Cile, all’interno del Parco Nazionale di Los Galciers, il Cerro Torre è il più alto picco di una catena formata da altre 3 cime: Torre Egger, Punta Herron, Cerro Standhardt.
Completamente esposta alle correnti d’aria i suoi ripidi versanti sono spesso soggetti ai terribili venti patagonici.
Storia
Osservata per la prima volta da Padre Alberto Maria De Agostini, presbitero e geografo che condusse diverse lunghe esplorazioni patagoniche tra il 1912 e il 1945, verso la metà degli anni Cinquanta del Novecento il cerro Torre iniziò a interessare alcuni dei più dotati e noti alpinisti italiani. Da un lato Walter Bonatti e Carlo Mauri (sul versante ovest), dall’altra parte Bruno Detassis e Cesare Maestri (su quello est). I due gruppi misero in piedi due spedizioni italo-argentine che, in contemporanea, decisero di attaccare il Torre. Si ritrovarono ai piedi della montagna nella stagione 1957/1958. Furono i primi a tentare un approccio e lo fecero in modo distinto, senza possibilità di effettuare un lavoro di squadra. Alla fine i due gruppi rientrano entrambi in Italia con un nulla di fatto.
Sia Bonatti con Mauri che Maestri iniziarono subito a immaginare un nuovo tentativo per la stagione 1958/1959, così lavorarono mettere in piedi la spedizione. Il primo a partire fu Maestri, insieme a Toni Egger e Cesarino Fava, italo-argentino emigrato anni prima dal Trentino. La loro partenza fece desistere Bonatti e Mauri che decisero di lasciar perdere. Fu una spedizione complessa e tragica, ricca di dubbi e domande che persistono ancora oggi a oltre mezzo secolo di distanza. Dopo aver attrezzato la prima parte della salita, un diedro che sale al nevaio triangolare della parete est, gli alpinisti vennero bloccati dal maltempo. Già solo questi primi 300 metri li impegnarono per una decina di giorni. In questa parte Maestri ed Egger vennero aiutati da Fava, che poi rimase al campo base durante il tentativo di vetta. Il 28 gennaio Maestri ed Egger partirono con l’ambizione di raggiungere il punto più alto. Da qui riportiamo il racconto di Cesare Maestri, unico testimone degli accadimenti sulla montagna. Gli alpinisti superarono tratti difficili e lisci, poi alcuni ghiacciati e infine raggiunsero la vetta. Era il 31 gennaio 1959. Dopo aver ricominciato la discesa, il 2 febbraio i due si sarebbero trovati all’altezza del nevaio triangolare quando una valanga li avrebbe travolti. Di Egger si sarebbero perse le tracce mentre Maestri venne ritrovato il 3 febbraio da Cesarino Fava. Era ferito e in stato confusionale, ma vivo. Con Egger, trasportato chissà dove dalla scarica nevosa, si sarebbe persa anche la macchina fotografica con le prove dell’avvenuta vetta. I resti del corpo dell’alpinista italo-tedesco vennero poi ritrovati nel 1974 da una spedizione americana. Vennero inoltre trovati la piccozza, al corda, il martello e il coltello, ma non la macchinetta con le foto.
Dopo un primo momento di grandi celebrazioni la salita di Maestri ed Egger iniziò a essere contestata per la mancanza di prove. Chi provò a ripercorrere quello stesso tracciato non riuscì a raggiungere la cima e riportò diverse discrepanze tra il racconto di Maestri e l’effettivo itinerario sulla montagna. Per queste ragioni, nonostante Maestri abbia sempre sostenuto la sua versione, a oggi questa non viene unanimemente riconosciuta come la prima salita del Cerro Torre.
Nel 1969 Cesare Maestri decise di tornare sulla montagna, convinto a fare qualcosa di altamente provocatorio. Partì alla volta del Cerro Torre portando con se un compressore di piccole dimensioni, ma comunque dal peso di 100 chili, con cui poter rapidamente fissare chiodi alla parete. Con lui trovavano Ezio Alimonta, Daniele Angeli, Claudio Baldessarri, Carlo Claus e Pietro Vidi. I sei puntarono a una nuova via lungo la parete sud-est. Fu una spedizione impegnativa, che durò settimane, e che vide gli alpinisti attrezzare oltre trecento metri di parete con 360 chiodi a pressione. Così fino al termine della roccia, dove si concluse la scalata. Come Maestri avrebbe in seguito dichiarato non sarebbe stato utile salire il fungo di ghiaccio sommitale in quanto questo “non fa veramente parte della montagna”. Durante la discesa decise di lasciare il compressore sulla montagna, appeso all’ultimo chiodo piantato. Tentò inoltre di spaccare tutti quelli precedenti, ma dovette interrompere l’operazione dopo poco per continuare la discesa.
La prima salita certificata
Sono le 17.45 del 3 gennaio 1974 quando due cordate formate da Mario Conti e Casimiro Ferrari, la prima, e da Daniele Chiappa e Pino Negri, la seconda, giungono in vetta al Cerro Torre. Sono i membri di una ben più numerosa spedizione organizzata dai Ragni della Grignetta. Gli altri componenti che hanno dato il loro contributo alla salita sono Gigi Alippi, Pierlorenzo Acquistapace, Claudio Corti, Giuseppe Lafranconi, Mimmo Lanzetta, Sandro Liati, Ernesto Panzeri e Angelo Zoia.
Partiti per la Patagonia nel tardo autunno la salita gli ha richiesto due mesi di duro lavoro lungo la parete ovest. L’itinerario è già noto, si tratta del progetto tentato per la prima volta dalla cordata Bonatti-Mauri e poi da quella Ferrari-Ravà che si erano spinti a circa 250 metri dalla vetta. Il risultato è una via estrema che si sviluppa su 57 lunghezze di corda con arrampicata prevalentemente su ghiaccio.
“Sulla cima piantiamo un chiodo lungo” scrive Daniele Chiappa nel suo diario. “Leghiamo le ultime tre scalette metalliche. Imbottiamo tutto di neve e lo copriamo col maglione rosso dei Ragni che Pino s’è tolto per l’occasione. Riempiamo il fantoccio e gli mettiamo in testa un casco” poi via con le doppie per tornare ai piedi della montagna.
Vie alpinistiche
La più seguita via di salita alla vetta del Cerro Torre è quella del compressore, aperta da Maestri e compagni nel 1970. Oltre il 95% delle scalate è stata effettuata per questa via. L’altro itinerario particolarmente frequentato è quello disegnato dai Ragni nel 1974 (Via dei Ragni).
- 1986 – Gli sloveni Janez Jeglic, Silvo Karo, Francek Knez, Peter Podgornik, Pavle Kozjek e Matjaz Fistravec aprono Peklenska Direttissima sulla parete est.
- 1988 – Gli sloveni Silvo Karo e Janez Jeglic aprono Cara Sur sulla parete sud. Via estremamente difficile con passaggi di misto e tratti esposti alla caduta di massi e ghiaccio.
- 1994 – Francois Marsigny e Andy Parkin aprono Los Tiempos Perdidos tra parete sud e ovest.
- 1994 – Gli sloveni Janez Jeglic, Marko Lukic e Miha Praprotnik aprono What’s love got to do with it sulla parete sud.
- 1995 – Gli italiani Ermanno Salvaterra, Piergiorgio Vidi e Roberto Manni aprono Infinito Sud sulla parete sud.
- Primi anni Duemila – Gli italiani Alessandro Beltrami, Ermanno Salvaterra e Giacomo Rossetti aprono Quinque Anni ad Paradisum sulla parete est.
- 2005 – Gli sloveni Andrej Grmovšek e Silvo Karo aprono Slovene Sit-Start link-up sulla parete sud-est.
- 2005 – Gli italiani Alessandro Beltrami, Rolando Garibotti ed Ermanno Salvaterra aprono El Arca de los Vientos che corre tra la parete nord e quella est. Unica via di arrampicata sulla parete nord del Cerro Torre.
- 2006 – Una cordata sloveno americana composta da Marko Prezelj, Stephen Koch e Dean Potter apre The Long Run link-up sulla parete sud-est.
- 2008 – Ole Lied e Trym Atle Saeland aprono The Corkscrew link-up sulla parete sud-est.
- 2012 – I nord americani Hayden Kennedy e Jason Kruk aprono Filo Sureste sulla parete sud-est. Percorso tentato più volte nella storia del Cerro Torre, segue la natuarale conformazione della cresta sud-est.
- 2013 – Gli argentini Gabriel Fava, Wenny Sánchez e Roberto Treu aprono Directa Huarpe sulla parete ovest. La loro linea corre a destra di quella dei Ragni.
- 2015 – Colin Haley e Marc-André Leclerc aprono Directa de la Mentira sulla parete nord.
Altre salite degne di nota
- 1979 – Steve Brewer e Jim Bridwell completano la via del compressore salendo il fungo di ghiaccio.
- 1985 – Lo svizzero Marco Pedrini realizza la prima salita in solitaria del Cerro Torre. Sale per la via del Compressore.
- 1985 – In luglio Paolo Caruso, Maurizio Giarolli, Andrea Sarchi ed Ermanno Salvaterra realizzano la prima invernale al Cerro Torre.
- 1987 – Rosanna Manfrini è la prima donna a scalare il Cerro Torre, in cordata con il compagno Maurizio Giordani.
- 2012 – David Lama, accompagnato da Peter Ortner, realizza la prima salita in libera della via del Compressore.
- 2014 – Markus Pucher realizza la prima salita in free solo del Cerro Torre per la via dei Ragni. Impresa che avrebbe ripetuto anche l’anno successivo, nel bel mezzo di una bufera.
- Altri eventi storici importanti
Il 2008 è un anno importante per l’alpinismo sul Cerro Torre. Nel mese di dicembre 21 alpinisti raggiungono la vetta ripetendo la via dei Ragni sulla ovest. Mai così tanti su questo percorso che fino a quel momento ha avuto solo 5 ripetizioni integrali in 34 anni di vita.
Guida al Cerro Torre
La prima cosa da fare per chi fosse interessato a raggiungere il Cerro Torre, per poterlo ammirare con i propri occhi o per scalarlo, è volare su Buenos Aires. Da qui è possibile volare su El Calafate da cui partono regolari corriere dirette a El Chaltén (2 h), campo base da cui partire in esplorazione del Cerro Torre. El Chaltén è un paese giovane, fondato nell’ottobre del 1985. Una alternativa per raggiungere il centro è prendere un bus da Bariloche, anche se meno frequenti e il viaggio dura circa 25 ore.
Una volta raggiunta El Chaltén tutti gli spostamenti possono essere organizzati a piedi. Con un trekking di circa 3 ore e mezza si raggiunge Laguna Torre, da cui è possibile ammirare il Cerro Torre. Sempre dal paese è possibile raggiungere i piedi del Fitz Roy (Laguna de los Tres,8 h)
Il Cerro Torre nella filmografia
- Grido di pietra, Werner Herzog, 1991
- Cumbre, Fulvio Mariani, 1985
Il Cerro Torre nei libri
- Ande patagoniche. Viaggi di esplorazione alla cordigliera patagonica australe, Alberto Maria De Agostini, CDA & Vivalda, 1999
- Grido di Pietra. Cerro Torre, la montagna impossibile, Reinhold Messner, Corbaccio, 2009
- Enigma Cerro Torre, Giorgio Spreafico, CDA & Vivalda, 2006
- Casimiro Ferrari: l’ultimo re della Patagonia, Alberto Benini Baldini Castoldi Dalai Editore, 2006
- Cerro Torre. Mito della Patagonia, Tom Dauer, 2004
Grandi vie !
Quelle degli sloveni degli anni 80 per me sono ancora insuperate.
Il loro livello ormai antico non è stato più raggiunto.
Korra Pesce di recente ne ha ripetuta una “più facile” lì vicino e ha detto che è la via più difficile che abbia salito.
Certo, altri anni, altri stili, altri materiali, altro tutto, ma la prestazione mentale è ancora oggi irraggiungibile.
House era andato da loro ad imparare.
Però, per la fortuna di tutti gli alpinisti, ma anche di loro che vivono di più, gli sloveni ora sono cambiati 🙂
Articolo esaustivo anche se, mi pare, manca la notizia inerente la “schiodatura” con strascichi della “Via del Compressore”