Alpinismo

Il 2020, i record e la riscoperta di un alpinismo local

Poco meno di due mesi e si concluderà questo 2020 che ha influenzato anche la pratica della montagna. Le spedizioni extra europee si sono azzerate, o quasi. Qualche straniero ha raggiunto, non con poche difficoltà, le grandi montagne della Terra mentre gli italiani sono rimasti a casa (a esclusione della spedizione sul Himlung Himal). Ma non si sono fermati. Salvo i mesi di lockdown, non c’è stato un vuoto narrativo. Tra record, nuove vie e riscoperta delle valli la cronaca alpinistica italiana si è dimenticata per una volta delle grandi montagne himalayane, offrendo maggiore spazio al racconto di pareti, vette e vie di casa nostra. Un ritorno al passato, se volessimo vederla in modo romantico, anche se forse sarebbe più corretto parlare di una nuova maturità. Uno sguardo moderno verso un territorio dove sembra non esserci più spazio, ma che se esplorato con attenzione offre ancora grandi possibilità a chi ha talento e capacità.

Sport

Rimasti senza gare gli atleti si sono trovati a dover ripensare tutto. Perché allenarsi costantemente? Perché migliorarsi se non ci sono avversari contro cui misurarsi a tempo di cronometro? In una situazione come questa è facile perdere l’orientamento e accusare il colpo. Per continuare servono nuovi obiettivi da raggiungere e uno sportivo dove li può trovare se non nel cronometro? Ecco allora che l’estate 2020 è stata un fiorire di record. In molti si sono cimentati nel record di dislivello positivo nelle 24 ore, una gara fisica ma soprattutto mentale. Altri, come il valtellinese Marco De Gasperi, hanno preferito muoversi su itinerari storici per il mondo dello sport. Nel suo caso è stato il tracciato del Sentiero Roma, dove ha migliorato il precedente record di quasi un’ora. Per il campione dello sci alpinismo Robert Antonioli (con Andrea Prandi) il terreno di gioco è stato il percorso del Giro delle 13 Cime, mentre per il suo compagno in nazionale Nadir Maguet si è trattato prima del nuovo record di salita e discesa sul Gran Paradiso. L’atleta del Centro Sportivo ha letteralmente polverizzato il record precedente, risalente al 1995. Poi si è mosso in velocità su Cervino e Dent d’Hérens concatenandole in giornata, insieme all’alpinista di Cervinia François Cazzanelli. Ancora un atleta del Centro Sportivo Esercito, Davide Magnini, è stato protagonista di questa strana estate. Per lui prima il nuovo record di salita e discesa dall’Ortles, poi l’inedito primato sulla montagna di casa, la Presanella.

Ragazzi dalla preparazione non solo atletica, ma anche alpinistica, che hanno trovato nella montagna e nel cronometro un modo per misurarsi con se stessi dando un senso all’allenamento. L’approccio può piacere o meno, ma è bene ricordare che ognuno (nel rispetto dei propri limiti) è libero di muoversi in ambiente come meglio crede. L’importante è mostrare verso questo il rispetto che merita. In fondo, non è la lentezza o la velocità a insegnare qualcosa, ma l’esperienza che si vive.

L’alpinismo

Se gli atleti hanno cercato di mettere a frutto il loro duro allenamento in una stagione senza gare, gli alpinisti non sono stati da meno. Dopo un primo frastornato periodo d’incertezza sono tornati a esplorare le montagne di casa. Tra i primi a mettersi in gioco le due guide del Cervino François Cazzanelli e Francesco Ratti (che hanno rinunciato al Karakorum) che sono andati a ripescare dalla storia dell’alpinismo il trittico del Freney. Progetto immaginato e realizzato da Renato Casarotto nell’inverno del 1982. Certo loro l’hanno ripetuto in versione estiva, con condizioni completamente diverse e certamente più vantaggiose, ma è stata una buona occasione per parlarne. Bisogna anche dire che i due non sono soliti ignorare le cime di casa, anzi. Quando non sono in spedizione vi dedicano sempre ampio spazio, portando a casa interessanti progetti come il concatenamento di Cervino, Grandes e Petites Murailles in invernale.

Negli stessi giorni sullo stesso massiccio si muoveva anche Filip Babicz, atleta della Sezione Militare di Alta Montagna del Centro Sportivo Esercito. L’alpinista era impegnato nella prima ripetizione (e prima solitaria) dell’Integralissima di Peuterey. Un’exploit che ha lasciato il segno nell’estate, a 47 anni dalla prima salita. Meno di un mese dopo eccolo nuovamente sul Bianco, questa volta sulla cresta Sud dell’Aiguille Noire di Peutérey che ha salito nel tempo record di un’ora 30 minuti e 14 secondi. Per Filip il Monte Bianco è casa, qui è dove si allena e dove concentra una parte della sua attività. Sempre qui sale spesso legato all’amico e compagno di cordata Denis Trento. Insieme a metà agosto sono riusciti nella salita del Monte Bianco passando per il Pilone Centrale del Freney in velocità. Hanno impiegato solo 22 ore per andare e ritornare al punto di partenza. Ma non è ancora finita, perché sempre loro a inizio anno erano riusciti in un’altra interessante realizzazione aprendo “Forza Giole” su Pointe de l’Androsace, al Mount Maudit.

Sempre loro continuano a essere protagonisti dell’estate 2020, questa volta insieme al presidente dei Ragni di Lecco Matteo Della Bordella. Matteo è uno di quei nomi che invece hanno stupito nel corso dell’estate. Siamo abituati a vederlo in Patagonia o sulle grandi big wall del mondo. Durante i mesi estivi si è reso protagonista di due belle nuove vie, Incroyable (Con Cazzanelli e Ratti) e Il giovane guerriero (con Matteo Pasquetto e Luca Moroni). I due tracciati salgono in luoghi dove serve occhio per trovare spazio, rispettivamente il Pilastro rosso di Brouillard e la est delle Grandes Jorasses. Pareti intrise di storia dell’alpinismo. Sulle sue orme la giovane cordata formata da Federica Mingolla e Leonardo Gheza che hanno effettuato la prima ripetizione di entrambe le vie. Gheza grande protagonista, finalmente salito agli onori della cronaca prima per l’ingresso del Club Alpino Accademico, poi per la solitaria in velocità al Pilone Centrale del Frêney. E ancora l’altoatesino Simon Gietl che qualche giorno prima del lockdown di marzo si è messo in mostra con la prima traversata invernale in solitaria delle Tre Cime di Lavaredo.

Il 2020 ha quindi segnato un piacevole ritorno (di cronaca più che altro, gli alpinisti si sono sempre mossi sulle montagne di casa) a un tipo di alpinismo “domestico” con la riscoperta delle pareti di casa e degli spazi ancora liberi. Tante le nuove realizzazioni, sicuramente molte più di quelle qui descritte. Nel suo male il virus ci ha insegnato, come se ancora fosse da dimostrare, che lo spazio esplorativo non si è esaurito del tutto e che l’occhio attento delle nuove generazioni di scalatori può fare ancora molto su difficoltà elitarie.

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Un commento

  1. Ciao! Gran bel articolo! Soprattutto : L’approccio può piacere o meno, ma è bene ricordare che ognuno (nel rispetto dei propri limiti) è libero di muoversi in ambiente come meglio crede. L’importante è mostrare verso questo il rispetto che merita. In fondo, non è la lentezza o la velocità a insegnare qualcosa, ma l’esperienza che si vive.
    CHE SIA SPUNTO DI RIFLESSIONE X CHI HA CRITICATO
    GRAZIE Gian Luca Gasca!

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