Alpinismo

Denis Trento da atleta ad alpinista, una vita sul Monte Bianco

Guida alpina e scialpinista Denis Trento è uno di quegli alpinisti local di cui si parla spesso per le sue realizzazione in velocità o per le discese estreme sulle assi. La sua casa è il Monte Bianco, massiccio su cui ha salito decine di vie. Ha iniziato con l’alpinismo classico per poi dedicarsi alla velocità. Il tutto senza mai dimenticare la sua prima passione, quella per lo sci. Il suo curriculum parla chiaro e alla voce sci ripido l’elenco si fa lungo. Sul Bianco ha sciato tutto quello che si poteva sciare, o quasi. Poi si è concesso qualche capatina su montagne vicine e affascinanti, come l’Eiger che ha sceso per la ovest, il Gran Paradiso per la nord, il Cervino per la parete est.

Per anni atleta agonista del Centro Sportivo Esercito ha vinto il Trofeo Mezzalama nel 2009 (con Manfred Reichegger e Matteo Eydallin) e ha collezionato numerosi altri podi di prestigio. Impossibile riassumere le prime discese compiute dal ragazzo oggi alpinista e coordinatore della Sezione Militare di Alta Montagna. In questa strana estate ha realizzato una bella salita in velocità sul Pilone Centrale del Freney, insieme a Filip Babicz. Lo stesso compagno con cui quest’inverno aveva aperto una nuova via sul Mount Maudit. Invece, subito dopo la fine del lockdown, non ha saputo fare a meno della sua passione per lo sci e presa l’attrezzatura è partito alla volta della Brenva insieme a Manfred Reichegger.

Denis, come arrivi all’alpinismo?

“Fino a 20 anni sono mi sono dedicato allo sci di fondo e con la montagna ho avuto poco e nulla a che fare, se non per quello che era l’allenamento di un fondista. Poi, non essendo un fuoriclasse in questa disciplina, ho deciso di lasciare per iniziare a dedicarmi allo scialpinismo. Così ho scoperto la montagna da un punto di vista sportivo. Ho partecipato alle mie prime gare, quindi grazie a Marco Camandona mi sono avvicinato allo scialpinismo fuori pista e poi alla montagna vera e propria. Con lui ricordo di aver fatto la nord della Tour Ronde e qualche altra gita. Ha acceso in me una passione, fornendomi gli strumenti per poi continuare questo percorso.”

Quindi, non arrivi da una famiglia di alpinisti?

“Assolutamente no. I miei da piccolo mi portavano al massimo a fare passeggiate fino ai rifugi, che io detestavo, ma non sono mai stati degli scalatori.”

Come vivono questa tua passione?

“Non fanno domande e non mi chiedono. Penso abbiano una gran paura, ma cercano di non guardare.”

Torniamo a noi, dopo aver interrotto la carriera da fondista ti dedichi allo scialpinismo e alla montagna. Quando entri nel Centro Sportivo Esercito?

“In realtà io avevo già fatto un primo anno come fondista, nella stagione 2001-2002. Poi sono uscito dall’Esercito e per due anni ho gareggiato da civile. Erano le mie prime competizione scialpinistiche, ma al termine del secondo anno ho vinto il campionato mondiale individuale under 23. Così, dopo questo traguardo sono tornato nel Centro Sportivo come atleta di scialpinismo.”

Tre anni fa hai poi lasciato le gare, cosa fai oggi?

“Si, sono tre anni che non faccio più gare ad alto livello. In questi anni ho fatto l’allenatore di scialpinismo per il Centro Sportivo e ho partecipato ad alcune trasferte di Coppa del Mondo. Mi piace molto questo ambiente. Recentemente sono invece entrato a far parte della Sezione Militare di Alta Montagna, dove rivesto il ruolo di coordinatore e atleta.”

Di cosa si tratta?

“È un piccolo nucleo composto da alpinisti d’élite selezionati all’interno dell’Esercito. Lo scopo del gruppo è sia quello di fornire consulenze e supporto alla sezione degli istruttori di sci e alpinismo oltre a portare avanti attività alpinistiche d’alto livello, sia in Italia che all’estero. Nel corso degli anni sono state organizzare spedizioni in tutto il mondo. Oggi ne fanno parte, oltre a me, Alessandro Zeni, Filip Babicz e Marco Majori.”  

Torniamo a parlare di te. Nel corso del tempo ti sei specializzato nelle salite in velocità, cosa ti appassiona di queste?

“Più che specializzato, credo sia stata la naturale evoluzione del mio modo di andare in montagna. Quando ero un atleta ho sempre fatto le salite in modo classico, con pernotto ai rifugi o in bivacco. Mi sono sempre preso tutto il tempo necessario. Finita poi la mia carriera atletica mi è sembrato naturale utilizzare questo bagaglio di conoscenze e allenamento in montagna.

Non è però stata solo una mia naturale evoluzione, ma anche stilistica del periodo grazie a Ueli Steck e Kilian Jornet. Ueli ha portato la velocità su un livello tecnico molto elitario mentre Kilian ha spinto il trail running sdoganando un approccio diverso su vie non estreme, aggiungendo inoltre partenza e arrivo a fondo valle. Uno stile quest’ultimo in cui mi sono ritrovato molto.”

Parlando di velocità e record in montagna si alzano sempre voci contrarie a questo modo di vivere le terre alte, tu cosa ne pensi?

“Io ho avuto una lunga fase di apprendistato in cui ho realizzato salite in tempi più che canonici, con soci tranquilli e senza spingere sull’acceleratore. Credo sia un buon percorso in fase di apprendimento.

Facendo alcune salite in velocità tutto scorre in modo diverso, è un altro modo di vivere la montagna. Per capirci stando dentro una via 15 ore hai un certo tipo di sensazioni, rimanendoci per 4 nei altre completamente diverse. Penso che ognuno sia libero di fare, con i propri mezzi e secondo la modalità che preferisce, una salita. Non è la velocità che cambia il valore di una scalata. A volte andare lentamente non è sempre sicuro e lo stesso vale per la velocità. Tutto sta nel commisurare ciò che si vuole fare con la propria preparazione.”

Sei un alpinista molto stanziale, nel senso che non ti si è mai visto impegnato in spedizione estere su grandi montagne o pareti quando ne avresti tutte le capacità. Come mai?

“Per 15 anni ho fatto l’atleta, le gare erano il mio obiettivo durante l’anno, quindi l’alpinismo rivestiva un ruolo minore. Ho viaggiato molto per le competizioni, assentandomi spesso. Oggi sfrutto il vantaggio di abitare in una zona dove, con poche ore di avvicinamento, ho a disposizione tutto ciò di cui ho bisogno. Ho sempre pensato questo, anche prima di crearmi una famiglia. Sono molto local e mi schiodo difficilmente dal Monte Bianco. Questo anche perché non sono molto interessato a ciò che implica una grande logistica, preferisco ‘fare qualcosa’ invece di ‘organizzarmi per fare’. Non escludo però di andarci in futuro, magari quando i bimbi saranno più grandi.”

Da local raccontaci allora il Monte Bianco, c’è ancora spazio?

“Sul Monte Bianco si fa alpinismo da oltre 250 anni, quindi ha attraversato ogni era e ogni stile possibile. Dal classico al moderno, per arrivare al post moderno. Ci sono vie di arrampicata, di ghiaccio e di misto moderno. Oggi è passata l’epoca delle vie pure in ghiaccio, adesso basta trovare un’imbancata di neve in canali che in estate sarebbero impercorribili e si apre un nuovo terreno di gioco.

Quest’anno per colpa del Coronavirus molti alpinisti si sono concentrati sul Bianco e le vie sono saltate fuori. La stessa cosa accade anche con lo sci estremo, esiste ancora molto terreno libero che aspetta solo di essere scoperto.”

In tutto questo non abbiamo ancora parlato dello sci estremo, la tua vera passione…

“Salvo casi eccezionali scio in ogni momento possibile. Il ripido è ciò che veramente mi motiva in questo periodo della mia vita. Per assurdo lo stile che ho portato nelle mie salite alpinistiche, cioè la partenza dal fondovalle in velocità, calza a pennello con lo sci. Le vie sono facili, i dislivelli con le pelli si coprono velocemente, il ritorno è rapido. Qui è dove lo stile che mi porto dagli anni delle gare funziona meglio.”

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Un commento

  1. Curriculum invidiabile e completo.
    Molto interessante l’aspetto di aver iniziato con lo sci di fondo e da non abbandonare del tutto tra un’impresa e l’altra, anche solo per allenamento .
    Un tempo parecchie imprese e gare sci alpinistiche venivano compiute con sci per fondo un poco piu’ robusti..e pure gli atleti del fondo agonistico si scatenavano con gli i leggeri e scarpette ed attacchini giu’ per piste di discesa che mettevano in difficoltà gli sciatori turistici con attrezzature piu’ pesanti ed attacchi di sicurezza.

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