Storia dell'alpinismo

14 luglio 1865, vittoria e tragedia sul Cervino

Due litografie, realizzate da un artista famoso dopo gli eventi del 14 luglio 1865, fanno entrare l’alpinismo e il Cervino nell’immaginario dell’Europa. Nella prima, una cordata di sette uomini è impegnata negli ultimi metri della salita. E mentre il primo sventola il cappello sui 4478 metri della cima, gli ultimi sono ancora alle prese con un ostico passaggio su roccia. La seconda litografia mostra la tragedia che avviene qualche ora dopo, in discesa. Al centro sono quattro alpinisti, che precipitano senza speranza, legati in cordata, in una nuvola di neve e di pietre. Più in su, altri tre uomini si aggrappano con tutte le loro forze alla roccia. I due brandelli della corda che si è appena spezzata distano meno di un metro. 

I disegni di Gustave Doré, nato a Strasburgo e cresciuto come artista a Parigi, accompagnano molte opere della letteratura europea. Prima di cimentarsi con l’alpinismo, l’artista francese ha illustrato la Divina Commedia di Dante e il Don Chiosciotte di Cervantes. Poi si cimenterà con la Bibbia, e con le opere di inglesi come Shakespeare, Milton e Poe. Le due che dedica al Cervino vengono riprese da decine di giornali, e compaiono ancora oggi nei libri, nei documentari e sul web.  

Il 14 luglio del 1865, va detto, è un giorno che cambia l’alpinismo. Nelle stesse ore due guide dell’Oberland Bernese, i cugini Jakob e Melchior Anderegg, conducono quattro clienti inglesi (Adolphus Moore, Francis e Horace Walker, George Mathews) nella prima salita dello Sperone della Brenva. Nessuno dei sei ha i ramponi. 

I protagonisti

Sono in gran parte britannici e svizzeri anche i protagonisti dell’avventura sul Cervino. A Edward Whymper si affiancano il reverendo Charles Hudson, lord Francis Douglas e il giovane e inesperto Douglas Robert Hadow. Partecipano due guide di Zermatt, Peter Taugwalder padre e figlio. Completa la comitiva Michel Croz, una grande guida di Chamonix che pochi giorni prima ha condotto Whymper sull’Aiguille Verte. 

Edward Whymper, 25 anni, ha visitato per la prima volta le Alpi ne 1861, e ha compiuto molte ascensioni importanti. Non è ricco o nobile come altri soci dell’Alpine Club, e per concedersi le sue ascensioni, e l’aiuto delle migliori guide, vende disegni ai giornali, poi pubblica libri e guide. Nel 1880, per finanziare una spedizione in Ecuador, raccoglie e vende per corrispondenza ceneri e lapilli dei vulcani.
Whymper tenta per la prima volta il Cervino, dal versante italiano, a fine agosto del 1861. Nell’estate successiva riprova per ben quattro volte, da entrambi i versanti, a volte con guide svizzere e in altri casi con Jean-Antoine Carrel, la migliore guida di Valtournenche. Nell’estate del 1864 il tempo è quasi sempre pessimo. 

L’11 luglio del 1865 Whymper si accorda con Jean-Antoine Carrel per tentare la “Gran Becca” lungo la cresta svizzera dell’Hörnli. A sua insaputa però, la guida è già d’accordo con Felice Giordano, uno dei fondatori del CAI, per un tentativo tutto italiano lungo la Cresta del Leone. 

Ma Whymper, quando scopre di essere stato abbandonato, non rinuncia. Passa in Svizzera traversando il Teodulo con Douglas, reduce dalla prima salita dell’Obergabelhorn, che invita sul Cervino. A Zermatt incontra Croz e il suo cliente, il reverendo Hudson. Poi si aggregano alla squadra i due Taugwalder e Hadow.

La vittoria sul Cervino

Il 13 luglio gli inglesi e le guide salgono verso il Cervino, e si accampano a 3350 metri di quota. Croz e il giovane Taugwalder vanno in avanscoperta, e riferiscono che l’itinerario è facile. L’indomani si parte presto, arrampicando per rocce ripide ma facili. “Quando ci imbattevamo in qualche difficoltà insormontabile era sempre possibile aggirarla” scrive Edward Whymper nel suo Scrambles Amongst the Alps in the Years 1860-9, Scalate nelle Alpi nell’edizione italiana, uno dei libri di alpinismo più famosi di sempre.

Alle 11 il gruppo è ai piedi della Testa, il blocco roccioso che forma la sommità del Cervino, e Michel Croz passa in testa. La roccia non è ripida, ma neve e ghiaccio rendono l’ascensione pericolosa. Hadow dev’essere aiutato più volte con la corda, poi un facile nevaio porta in cima. Whymper e Croz scoprono le guide di Valtournenche sulla Cresta del Leone, gridano e lanciano delle pietre. “Gli italiani batterono velocemente in ritirata”, annota l’inglese. 

Sui 4478 metri del Cervino, il gruppo si gode il trionfo. “Non uno dei giganti delle Alpi si celava ai nostri sguardi. L’imponente Dent Blanche, poi il Gabelhorn, il Rothorn dall’aguzza cuspide, l’incomparabile Weisshorn, poi il Monte Rosa con le sue numerose cuspidi, il Lyskamm e il Breithorn. Dietro sorgevano i picchi dell’Oberland, dominati dal Finsteraarhorn, i gruppi del Sempione, del San Gottardo, il Disgrazia e l’Ortles” scrive WhymperA sud i nostri sguardi sprofondavano nella pianura del Po. Il Viso, lontano più di 100 miglia, appariva vicino. Riconobbi le Alpi Marittime, la mia prima passione, il Pelvoux, gli Ecrins e la Meije, i massicci delle Graie e infine, maestoso e sublime nella gloria del sole, il re delle Alpi, il Monte Bianco. Vedevo cupe e misteriose foreste, fresche e ridenti praterie, tumultuose cascate e tranquilli specchi d’acqua, selvagge solitudini, pianure soleggiate e distese di ghiaccio”. 

La discesa e la tragedia

Poi bisogna scendere. Michel Croz si abbassa per primo. Whymper, che è forte ed esperto come una guida, chiude la fila assicurando gli altri. Nel tratto più difficile gli alpinisti si muovono uno alla volta, con il massimo di sicurezza possibile su un terreno così infido. 

La tragedia avviene quando Croz, che precede Hadow per aiutarlo, si volta per un momento verso il basso. L’inglese scivola, lo colpisce alla schiena, lo scaraventa nel vuoto. La corda non tesa strappa anche Hudson e Douglas dalla parete. Sarebbe la fine per tutti, ma la corda che lega Douglas a Taugwalder padre si spezza. 

Mentre gli ultimi tre alpinisti restano aggrappati alle rocce, i loro compagni precipitano, spariscono nell’abisso della Nord, si schiantano sul ghiacciaio milleduecento metri dal basso. Sconvolti dallo choc, in lacrime, Whymper e i Taugwalder proseguono la discesa lentamente e in silenzio. Alla fine “un arco immenso, con due croci alle estremità” si disegna nel cielo. 

Due giorni dopo è domenica, e il parroco di Zermatt minaccia di scomunica le guide che mancheranno alla Messa. Ad accompagnare Whymper, al loro posto, sono tre alpinisti britannici e cinque guide di Chamonix e dell’Oberland. A mezzogiorno i corpi dei caduti sono stati ricomposti sul ghiacciaio. 

Il lunedì, un corteo di ventuno guide porta i cadaveri al cimitero di Zermatt. “Il Cervino era stato un accanito avversario. Vinto con una facilità che non avrebbe potuto essere prevista, come uno spietato nemico, ha avuto una terribile vendetta” commenta Whymper negli Scrambles.       

Due giorni dopo, il 17 agosto, anche la cordata italiana raggiunge la cima. Al posto di Felice Giordano, completa l’ascensione della Cresta del Leone, l’odierna via normale italiana, una cordata tutta valdostana. Insieme all’abate Aimé Gorret, sono le guide Jean-Antoine Carrel, Jean-Augustin Meynet e Jean-Baptiste Bich detto Bardolet.  

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