Alpinismo

Moro e Urubko verso Everest e Lhotse

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BERGAMO — "Chiudere la partita con la vetta dell’Everest, che vorrei raggiungere completamente senza ossigeno. E tentare una nuova via in stile alpino sul Lhotse, la quarta montagna più alta della Terra, insieme a Denis. Solo noi due, su una porzione vergine della grande montagna che tutti sembrano sognare allo stesso modo da oltre 50 anni". E’ pronto a tornare in campo il dream team italo-kazako formato da Simone Moro e Denis Urubko, che il prossimo 20 marzo partiranno per il Nepal con il mirino puntato ad un’accoppiata di giganti davvero impressionante.

L’Everest, 8848 metri, ed il Lhotse, 8516 metri. Da salire nel giro di una stagione, entrambi senza ossigeno. Ma Moro, che non è mai stato un "fanatico della collezione di ottomila", non punta solo a raggiungere le due vette, che fra l’altro annovera già nel suo curriculum. Vuole di più: tenterà di salire il Lhotse aprendo una via nuova in stile alpino.

"La corsa ai 14 ottomila è un obbiettivo impegnativo, molto difficile, rischioso e costoso – racconta Moro -. Non aggiunge una briciola di avventura alla storia dell’alpinismo e dell’esplorazione umana, anche se di sicuro regala una gioia personale grande a coloro che dedicano una vita per questo sogno. Tra quaranta giorni tornerò laddove sono stato tante volte, ma per tentare qualcosa di nuovo. Io e Denis riproveremo a porre l’accento sul “come” voglia scalare e non sul “che cosa” scaliamo".

Con Moro, infatti, ci sarà di nuovo l’amico e compagno di cordata Denis Urubko, con cui l’anno scorso ha compiuto la prima salita invernale al Makalu in stile leggero. "Il 2009 è stato per noi il decimo anniversario della nostra amicizia – dice Moro – e di numerosi successi alpinistici iniziati in Pamir e Thien Shan. Il Makalu è stato il nostro modo di festeggiare la cordata. Ha fatto rumore quella salita. Ora il rumore sarà diverso. Sarà il rumore ed il vociare che sentiremo del campo base più affollato dell’Himalaya e dell’8000 più salito. Il Lhotse è lì attaccato e dunque anche lui soffre di iper frequentazione, almeno fino a circa 8000 metri dato che la sua via di salita è in comune con quella dell’Everest".

"Io e Denis però proveremo ad uscire dalle code – prosegue l’alpinista bergamasco – per tentare una nuova via. Solo noi due su una porzione vergine della grande montagna che tutti sembrano sognare allo stesso modo da oltre 50 anni, ma che rappresenta l’8000 con meno vie di salita alla vetta. Quella svizzera del 1953 e la via Russa del 1990. A queste due forse c’è da considerare anche quella salita da Tomo Cesen in solitaria anche lui nel 1990".

Prima di tentare la via nuova al Lhotse, però, Moro vuole salire l’Everest: per la quarta volta nella sua vita, e per la prima senza ossigeno. Nelle precedenti spedizioni – 2000  da sud, 20002 da nord, 2006 traversata da solo sud/nord – l’alpinista bergamasco ha fatto sempre un parziale uso di ossigeno. "Vorrei chiudere la partita – confessa Moro – vorrei raggiungere la vetta completamente senza ossigeno, in occasione di un accompagnamento come Guida che ho deciso di fare per Aldo Garioni, amico e alpinista  di Brescia che vuole regalarsi questo sogno condividendolo con qualcuno che lassù c’è già stato".

Urubko sarà con loro fino a Colle Sud. Non ha il permesso di salita dell’Everest, ma si acclimaterà con il compagno di cordata in vista del tentativo al Lhotse. Dopo l’Everest, il gruppo tornerà a Kathmandu per qualche giorno di riposo e per definire nei dettagli la linea di salita da tentare sul Lhotse.

"Decideremo laggiù quale versante del Lhotse tentare – spiega Moro -. Il tutto sarà deciso solo sul posto in funzione delle condizioni della parete e meteo. Questo è dunque un ritorno all’himalaya tenendo fede a questa voglia di continuare l’approccio e lo stile dei grandi del passato, che hanno fatto davvero scuola di esplorazione ed avventura ed hanno ispirato non solo noi ma anche alcuni (non molti) altri alpinisti che in questi anni hanno regalato bei momenti d’alpinismo sugli 8000 e su cime di quote inferiori".

"Purtroppo alcuni di loro sono scomparsi proprio in questi ultimi 3-4 anni – riflette l’alpinista -. Sia io che Denis non possiamo far finta che queste disgrazie siano lontane o che non ci appartengano. Per questo motivo aspettiamo a decidere dove salire finchè non saremo sotto la montagna per poter analizzare, valutare e decidere. Nessuno dei due vuole fare l’eroe e portare a casa una storia che abbia poco da insegnare ai nostri figli e al mondo alpinistico.  Valuteremo dunque prima i rischi, la velocità con cui sappiamo muoverci, le difficoltà, gli orari e poi decideremo".

Moro e Urubko hanno passato gli ultimi tre mesi ad allenarsi in Italia. Il 20 marzo partiranno per il Nepal e affronteranno un lungo trekking di acclimatamento durante il quale saliranno anche al Gokyo Ri, 5.535 metr, al Cho La pass, 5400 metri, al Chhukung Ri 5.555 metri e all’Island Peak 6.182 metri.

"Non avremo Sherpa, ossigeno, corde fisse o conoscenze preventive della via – specifica Moro -. L’idea è di andare su terreno vergine con le sole forze ed attrezzature che porteremo con noi. Ci siamo preparati tanto e l’allenamento sarà ancora lungo. Ora confidiamo solo nel meteo e nel buon Dio che sono le uniche due cose che non possiamo influenzare".

Moro, 42 anni e 43 spedizioni all’attivo, ha salito l’Everest tre volte e il Lhotse due, nel 1994 e 1997 senza ossigeno. Le sue più note imprese, oltre al Makalu, sono l’invernale del 2005 allo Shisha Pangma, 8027 metri, la traversata dell’Everest del 2006 e la via nuova al Baruntse nord del 2004 compiuta con Urubko e Bruno Tassi. Urubko, 37 anni, ha salito tutti i 14 ottomila senza ossigeno, completando il cerchio lo scorso maggio aprendo una via nuova in stile alpino sulla parete sud est del Cho Oyu. Ha raggiunto l’Everest nel 2000 e il Lhotse nel 2001.

Sara Sottocornola

Photo Leo Dickinson – Everest e Lhotse dalla Mongolfiera

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