A tu per tu con Filip Babicz: velocità, motivazioni e perfezione
Nel suo libro "Oltre l’immaginabile. Storie di un alpinista alla ricerca della perfezione" l’alpinista polacco, ormai valdostano d’adozione, racconta 13 delle sue straordinarie imprese. E attraverso quelle cronache spiega la sua filosofia e le sue motivazioni
È arrivato nelle librerie da pochi giorni il libro di Filip Babicz: Oltre l’immaginabile. Storie di un alpinista alla ricerca della perfezione. Un motivo in più per conoscere questo atleta polivalente fra montagne e sentieri, roccia e neve. Una carica esplosiva di tenacia, forza di volontà e determinazione nata anche da una gioventù non proprio facile quando ogni obiettivo diventava una motivazione.
Babicz, classe 1982, cresce a Zakopane, in Polonia e inizia a praticare l’arrampicata sportiva a livello agonistico a 14 anni grazie anche agli stimoli che il padre, guida dei monti Tatra gli fornisce avvicinandolo alla montagna. Per ben 18 anni frequenta principalmente il mondo delle gare. Nel 2015, però, cambia la sua focalizzazione e punta alle montagne tornando alle origini, praticando l’alpinismo fast & light, drytooling e highballing.
Fra le sue più importati imprese nel 2020 la solitaria in 17 ore lungo l’Integralissima di Peuterey sul Monte Bianco e la Cresta Sud di Aiguille Noire de Peuterey in 1h30’14’’. Nel 2021 sale lo Spigolo Nord del Pizzo Badile, sulle Alpi centrali, in 42’52’’ mentre nel 2022 percorre per la prima volta in solitaria la via “Appointment with Death”, in Inghilterra, e poi salendo il Grand Capucin, la vetta più difficile delle Alpi, in soli 49 minuti. Nel 2024 ha concatenato le quattro creste del Cervino in 7 ore, 43′ 45’’
Cosa significa per te la montagna?
È la mia ragione di vita. È quel perno che fa girare tutta la mia esistenza. La montagna è casa mia, l’ambiente in cui mi ritrovo. Durante le mie performance sono perfettamente appagato e in equilibrio con me stesso.
Le tue specialità ti mettono fra gli alpinisti estremi, tu cosa ne pensi e perché questa scelta oltre i limiti?
In realtà mi sento più un atleta, le mie performance le vedo più come pratiche sportive, in quello che faccio ritrovo tantissimo sport. Io credo che in parte emerga quella bivalenza che c’è sempre stata in me fra passione per la montagna e mondo delle gare. In questo contesto le due cose si fondono. Il mio trovarmi spesso al “limite” non vede una ricerca di adrenalina, anche se in effetti non manca certo, ma è solo il risultato di una prova sportiva in un ambiente severo come la montagna che inevitabilmente comporta dei rischi. La mia scelta di scalare in free solo non è perché cerco il rischio ma solo perché così posso ottimizzare i tempi ed essere più agile e veloce, punto fondamentale su cui mi muovo. La ricerca della perfezione passa dal tempo ottimizzato.
Come sei passato dalle gare all’alpinismo?
È successo dopo un incidente a un dito nel 2015 che mi ha messo “fermo”. In quel periodo mi stavo preparando per le gare di Coppa del Mondo e lo stop mi ha fatto riscoprire la montagna. È scattata una scintilla e mi ha fatto capire cosa davvero volevo fare ed essere.
Perché hai scelto di scrivere un libro?
Ho sempre desiderato farlo e questa volta mi si è aperta la giusta porta. Come primo pensiero è stato raccontare le mie salite condividendo non solo l’aspetto sportivo ma anche quello motivazionale che mi ha visto fin da piccolo lottare. In parete sono quasi sempre solo e nessuno lo vede, io però cerco di filmare il più possibile per potere comunicare con i video le mie esperienze. Così è stato anche con il libro.
Quanto tempo hai impiegato a scrivere il libro e dove hai trovato le maggiori difficoltà?
Ho impiegato un anno circa e l’aspetto più impegnativo è stato scrivere la pura verità senza scorciatoie, una regola di vita che mi segue da sempre. Non è facile scrivere la pura verità magari a discapito del testo e soprattutto dovendo ricordare passi e avvenimenti di anni fa. In quel caso mi sono dovuto rileggere i vari appunti che durante ogni performance prendo e verificare se davvero ricordavo bene i vari avvenimenti. Un lavoro lungo e per me molto importante.
C’è un messaggio attraverso le pagine?
A dire la verità i messaggi sono tre: partendo dal terzo è il racconto della mia vita che è stata molto avventurosa e piena di cambiamenti. Il secondo aspetto sono le mie imprese di cui sono profondamente orgoglioso in quanto segnano obiettivi raggiunti. Sono 13 le imprese nel libro e ognuna è legata a una citazione particolare che in parte la motiva. Ogni impresa poi è legata a un QR che basta inquadrare e rimanda ai video che ho girato trasportando così il lettore dalla carta all’ambiente. Ultimo e fondamentale messaggio è dettato da ciò che ha mosso il tutto ciò e che ne sta alla base.
Ci consigli un’escursione con ciaspole o sci alla portata di tutti nella zona di Courmayeur dove abiti attualmente?
Così di getto mi viene di suggerire la Vallée Blanche, da Punta Helbronner, che si può fare con gli sci o a piedi. Una bella gita non difficile ma suggerisco di essere sempre accompagnati da una Guida alpina visto l’ambiente dove ci si muove. Uno spettacolo unico che bisogna vedere. Una tranquilla escursione estiva è invece quella che parte dal Pré de Pascal e arriva sul Mont Chétif. Si arriva su una terrazza sopra Courmayeur davvero bella. È stata una delle prime gite che ho fatto quando sono arrivato a Courmayeur e la consiglio.
Progetti e sogni?
Una volta sognavo di più, oggi i miei sogni sono diventati dei progetti, obiettivi da perseguire. Come scrivo nel libro “la seconda vita inizia quando capisci che ne hai una sola” perciò non aspettare ma agire. Oggi ho tantissimi progetti e sono idee molto chiare e ben definite. A seconda di quello che sarà l’obiettivo metterò a fuoco la relativa preparazione che ovviamente cambia a seconda dell’attività sportiva. Sicuramente ho dei progetti per questo inverno ma la mia maggior focalizzazione sarà per l’estate. Ma, come sempre, non parlo mai in dettaglio dei miei futuri impegni atletici.