Gente di montagna

Aldo Cambiolo, Guida alpina e cristallier

Tra gli inventori dell’arrampicata sulle cascate di ghiaccio, 498 volte in vetta al Gran Paradiso, ma oggi soprattutto cercatore di cristalli. A tu per tu con una delle più versatili guide della Valle d’Aosta

I cristalli sono la sua vita. Prima quelli di ghiaccio, ora quelli di quarzo. Mentre si rolla l’ennesima sigaretta, conta le ascensioni alla cima del Gran Paradiso. “L’ho fatto 498 volte. Ma sinceramente non mi interessa arrivare a 500 per forza”.

Alpinista, guida alpina, precursore dell’arrampicata su ghiaccio, soccorritore, rifugista, cercatore di cristalli. Aldo Cambiolo è un uomo senza fronzoli, ogni centimetro del suo viso racconta un’avventura e le parole che escono dalla sua bocca sono poche e mai banali. La montagna ha accompagnato tutti i momenti della sua vita e lui ha saputo esplorarla in ogni sua deliziosa sfaccettatura.

“I miei non andavano in montagna, al massimo mio padre andava a funghi. D’un tratto mi è nata la passione per i cristalli. Mi piaceva collezionarli, le rocce erano una grande passione per me. Sono un geologo mancato ma ho iniziato ad andare in montagna e l’alpinismo è diventato la mia vita”, racconta di sé.

A fine anni 70 succede qualcosa di speciale per l’epoca. Cambiolo si trova per la prima volta davanti a una cascata di ghiaccio con attrezzatura che oggi possiamo quasi definire rudimentale e quasi nessuna conoscenza su questa disciplina ancora tutta da inventare.

“Nel 1979 ho salito la cascata Echos insieme a Pierluigi Sartore ed è stato amore a prima vista. Da lì ci siamo spostati in Val di Cogne. All’epoca non si sapeva nulla delle potenzialità di quel luogo ma già solo salendo in macchina si vedevano colate di ghiaccio ovunque.

La celebre Cascata di Lillaz? Non c’era nessun sentiero turistico per arrivarci, abbiamo tracciato nella neve per ore solo per giungere all’attacco. Questo salto di ghiaccio imponente, che oggi è di difficoltà moderata, a noi faceva davvero paura. Non sapevamo nulla, ma avevamo una sete enorme di avventura. Il 18 gennaio 1981 abbiamo fatto la prima salita della Cascata di Lillaz, partendo al mattino prestissimo e arrivando in cima già a tarda notte. Pantaloni al ginocchio, calzettoni di lana e imbrago con le bretelle. Le piccozze erano così dritte che quando battevamo sul ghiaccio, picchiavamo anche le nocche e a fine giornata le dita erano viola.

In quegli anni, in tutta Italia eravamo forse in dieci a fare ghiaccio e le cascate erano dei viaggi. Non si facevano le doppie per scendere, bisognava arrivare fino in cima alla montagna e poi trovare un modo per tornare giù a piedi. Spesso la discesa durava molto di più della salita; quando abbiamo aperto “Sentiero dei troll” abbiamo dovuto bivaccare al rifugio Sella e scendere il giorno dopo in mezzo metro di neve fresca.

Le cascate di ghiaccio, alla fine, mi hanno salvato la vita. Gli anni 80 erano anni in cui l’emergenza droga era reale, ho perso tanti amici così. Io per fortuna, avevo la mia ossessione per il ghiaccio, forse altrettanto pericolosa per certi versi, ma che non mi ha mai fatto perdere il controllo”.

Nel 1991 Aldo diventa Guida alpina e inizia a far conoscere anche ai clienti la dimensione del ghiaccio, consacrando la sua vita alla condivisione con gli altri di questo mondo effimero.

Ma la voglia di scoperta rimane e pian piano si declina in un’altra attività. Quella del cristallier, il cercatore di cristalli.

“La dimensione della scoperta è il fil rouge della mia vita. Il lavoro del cristallier è immergersi in luoghi dove non va mai nessuno, morene glaciali, frane, buchi nel fango. Ciò che cerchiamo è tutto ciò che Madre Natura ha già staccato da sola e che noi dobbiamo solamente scovare”, spiega la guida.

Non usiamo attrezzi meccanici per trovare i cristalli, né trapani né demolitori. Solo dei piccoli uncini di ferro per grattare via il fango e eventualmente due colpi di mazzetta ogni tanto. Per il resto il nostro mestiere è semplicemente quello di scovare delle meraviglie luccicanti in mezzo al fango o alla neve. I posti ideali ovviamente sono le frane o le zone lasciate scoperte dal ritiro dei ghiacciai. Cerchiamo di individuare delle vene di quarzo e poi partiamo, un po’ come dei fungaioli che sperano di trovare porcini”.

Un’attività che oggi ci sembra quasi esotica, eccentrica, ma che in realtà ha un legame indissolubile con la storia dell’alpinismo. Il primo uomo a toccare la vetta del Monte Bianco, Jacques Balmat, era un cercatore di cristalli e probabilmente fu proprio la caccia a quelle punte scintillanti il motore che lo spinse sui ghiacciai del tetto d’Europa.

“Il cristallier è una vera e propria figura ancestrale. In Francia ha una grande reputazione ed è considerato un lavoro. In Italia le leggi sono decisamente più restrittive. Ad esempio, è vietato cercare cristalli su tutto il versante italiano del massiccio del Monte Bianco”, spiega Cambiolo. “Qui siamo rimasti quattro gatti a fare questa attività. Siamo una banda di pensionati che ha ancora voglia di stupirsi in montagna. Sicuramente il progressivo ritiro dei ghiacci scoprirà una miriade di nuovi cristalli negli anni a venire. Forse questo è un minuscolo segnale di bellezza che la natura ci regala anche quando la maltrattiamo”.

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