AlpinismoAlta quota

Primavera a quota Ottomila: le spedizioni da tenere d’occhio

La primavera è arrivata e tra i Giganti d’Himalaya troviamo alcuni team già in azione. Molti arriveranno nei prossimi giorni e settimane. A breve la stagione entrerà nel vivo, i campi base degli Ottomila si popoleranno di alpinisti, dunque è il momento giusto per fare una lista di chi tenere d’occhio. Alcuni protagonisti già abbiamo avuto modo di scoprirli nelle scorse settimane, vediamo di fare un recap generale, considerando il seguente come un elenco in potenziale aggiornamento.

Annapurna (8091 m)

Partiamo dall’Annapurna, il più “letale” degli Ottomila. Troviamo qui Sajid Sadpara che tenterà di aggiungere la vetta alla sua collezione di salite sugli Ottomila senza ossigeno supplementare né Sherpa di supporto (alle spalle ha già K2, Manaslu, Gasherbrum I e II). Insieme a lui il connazionale Shehroze Kashif, “The Broad Boy”. Nei giorni scorsi i due ragazzi, insieme al team di Seven Summit Treks che li accompagna, hanno raggiunto C1 in una seconda rotazione, prodromica al tentativo di vetta che avverrà alla prima finestra meteo adatta.

A tentare l’Annapurna per arricchire la sua collezione di Ottomila anche l’indiano Arjun Vajpai, che di Ottomila ne ha già saliti 6 (Everest, salita che lo ha visto conquistare il record di più giovane indiano sul Tetto del Mondo a soli 16 anni nel 2010, e a seguire Manaslu, Lhotse, Cho Oyu, Makalu e Kangchenjunga).

E poi non dimentichiamo la spedizione di Adam Bielecki, Felix Berg e Mariusz Hatala che, dopo un acclimatamento dall’altra parte del mondo, sulle Ande cilene, tenteranno di aprire una nuova via sulla parete nord-ovest dell’Annapurna. Un terzo tentativo, dopo le “disavventure” degli scorsi anni. Un primo tentativo fallito è stato realizzato nel 2017 da Adam insieme a Felix Berg e Rich Allen. Nel 2019 Adam e Felix sono partiti nuovamente alla volta del Nepal ma il meteo inclemente ha vanificato anche il secondo tentativo. Che sia la volta buona?

Everest (8849 m) e Lhotse (8516 m)

Sull’Everest, come vi raccontavamo nei giorni scorsi, sono all’opera gli Icefall doctors (Sagarmatha Pollution Control Committee), impegnati nel sistemare ancoraggi, corde fisse e scalette. Da campo 2 alla vetta il compito di allestire le corde fisse sarà svolto da un team di Imagine Nepal, compagnia che fa capo a Mingma G. Capospedizione. Imgine nepal guiderà la spedizione per cui sono stati rilasciati i primi permessi di stagione, composta da 15 membri, provenienti da Stati Uniti, Singapore, Sud Africa, Tailandia e Cina.

Tra i nomi interessanti che vedremo in azione nelle prossime settimane sul Tetto del Mondo troviamo quello di Stefi Troguet (intenzionata a tentare la salita senza ossigeno e senza escludere la possibilità di aggiungere all’avventura una seconda vetta, quella del vicino Lhotse). Altro tentativo senza ossigeno né Sherpa di supporto sarà quello dell’ungherese Suhajda Szilard. Secondo quanto dichiarato dall’alpinista a ExplorersWeb, la salita si inserirebbe nel più ampio progetto “The Big Five”, come dice il nome, progetto che prevede la salita delle 5 montagne più alte al mondo “by fair means”, quindi anche lui senza ossigeno né Sherpa. L’Everest rappresenterebbe la terza vetta toccata con successo nel corso del “The Big Five”, dopo K2 (2019) e Lhotse (2022).

Troviamo poi la pakistana Naila Kiani, intenzionata a tentare la salita di Everest e Lhotse, che rappresenterebbero il suo quarto e quinto Ottomila, dopo K2 e Gasherbrum I e II saliti lo scorso anno. Altri nomi circolati nelle scorse settimane sono quello dell’indiana Asmita Dorjee, che lo scorso anno ha sfiorato la prima salita indiana femminile dell’Everest senza ossigeno supplementare, e della messicana Viridiana Alvarez, che l’Everest lo ha già scalato con ossigeno nel 2017 ma stavolta vuole fare le cose per bene.

E ancora Marc Batard, che ha intenzione di tornare all’Everest per finire di attrezzare il nuovo percorso identificato nel 2021, passando per il Nuptse, che evita la pericolosa cascata di ghiaccio del Khumbu. Nel team dovrebbe esserci  Dabuti Sherpa, con il sogno di diventare la prima nepalese in vetta all’Everest senza utilizzare ossigeno supplementare. E sull’Everest tornerà anche quest’anno Kami Rita Sherpa, che vorrebbe battere il suo record personale di salite, al momento a quota 26.

E ancora l’atleta paralimpica cieca Shawn Cheshire, veterana dell’esercito statunitense, che punta a Everest e Lhotse. Insieme a lei l’avventuriera sudafricana Remy Kloos, che già ha salito entrambe le vette. Vedremo poi in azione il trio del progetto “Sightless Summits”, composto da Michael Neal, Bryan Hill e Lonnie Bedwell, altro veterano US cieco, che verrà accompagnato sul Tetto del Mondo da Michael e Bryan dopo che questi avranno affrontato un’avventura a pedali: dal 19 marzo i due sono impegnati infatti a pedalare dall’Oceano Indiano a Lukla (1070 km per 19.500 metri di dislivello positivo). A Lukla incontreranno Lonnie e inizieranno il trek verso il CB. Il Lhotse è la meta scelta invece dall’iraniano Abolfazl Gozali, che tenterà la salita senza ossigeno né portatori.

Dhaulagiri (8167 m)

Una notizia in cui speravamo, giunta a sorpresa alla vigilia del weekend scorso, è la partenza di Carlos Soria per il Dhaulagiri. A 84 anni l’alpinista spagnolo tenterà ancora una volta di conquistare la sfuggente Dama Bianca, penultimo Ottomila che gli manca per completare la collezione, oltre allo Shisha Pangma. Insieme a lui il compagno di tante avventure, Sito Carcavilla. L’alpinista australiana Allie Pepper, a caccia dei 14 Ottomila (già ha salito Everest e K2 senza ossigeno), ha scelto il Dhaulagiri come prima tappa di una potenziale triade di salite per la stagione 2023. Nella lista ci sarebbero anche Makalu e forse Lhotse. E al Dhaulagiri punta anche la coppia “Una pareja en ascenso”, ovvero i messicani (marito e moglie) Badia Bonilla e Mauricio López.

Kangchenjunga (8586 m)

Sul Kangchenjunga vi saranno due alpinisti di Andorra a tentare una salita senza ossigeno né portatori d’alta quota: Gonzalo Fernández García (che ha già salito Gasherbrum II) e Domi Trastoy Diaz (che alle spalle ha già Everest, Makalu – Cima Nord, Cho Oyu, Manaslu e Lhotse).

Restiamo nella regione del Kanghenjunga per ricordare una spedizione a quota Settemila, su cui sarà bene porre attenzione: quella di Peter Hámor, Nives Meroi e Romano Benet, che tenteranno la salita dell’inviolata parete ovest del Kabru Sud (7318 m).

Manaslu (8163 m)

Sul Manaslu sono già in azione da giorni Kristin Harila, con il proposito di salire i 14 Ottomila senza ossigeno in un anno, Adriana Brownlee e Gelje Sherpa, al Manaslu entrambi per la terza volta, e il fotografo Mathias Myklebust, accompagnati da Lakpa T. Sherpa, Pemba Tashi, Pasang Nurbu, Tenjin Sherpa e Dawa Shrewa. Nei giorni scorsi il team ha completato la prima rotazione, fissando le corde fino al C2.

E poi c’è qualche incognita

Gli spagnoli Eneko e Iker Pou hanno incontrato nei giorni scorsi a Chamonix il colombiano Andres Marin e il britannico Fay Manners, con i quali voleranno in Nepal per salire…non si sa!

Altra incognita è la destinazione della svizzera Sophie Lavaud, volata a Lukla nelle scorse settimane. Destinazione: anche in questo caso non si sa. Noto il compagno di avventure, l’inseparabile Dawa Sangay. In teoria le resterebbero da salire tra gli Ottomila Shishapangma (vetta principale, in quanto ha precedentemente salito la centrale) e Nanga Parbat. Ma chissà che non punti a qualche vetta minore ancora vergine!

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