AlpinismoAlta quota

Non c’è due senza tre, Adam Bielecki pronto a tornare sull’Annapurna

Sono ossessionato dal salire su una nuova via su un 8000 in stile alpino” dichiarava nell’autunno 2018 l’alpinista polacco Adam Bielecki, alla vigilia di un inverno che lo avrebbe visto prendersi una pausa dall’Himalaya in vista di una nuova avventura in programma per la primavera successiva: un ritorno all’Annapurna (8091 m), con l’intento di aprire una nuova via sulla parete nord-ovest. Una spedizione alla ricerca di una rivincita dopo un primo tentativo fallito di tracciare un nuovo itinerario verso la vetta realizzato la primavera precedente in compagnia di Felix Berg e Rich Allen. Partito alla volta del Nepal insieme a Felix Berg, anche nel 2019 Adam si è ritrovato a dover sopportare una sconfitta, causata dal meteo inclemente. Ma si sa, non è così facile liberarsi da una “ossessione”, dal desiderio di portare a termine una faccenda lasciata a metà, ed ecco allora che nel rispetto del detto “non c’è due senza tre”, a distanza di 4 anni, si dice pronto a riprovarci.

Una nuova avventura con Felix Berg e Mariusz Hatala

L’annuncio della prossima partenza alla volta dell’Annapurna è arrivato attraverso una dichiarazione rilasciata da Bielecki nel corso di una intervista a Polska Agencja Prasowa: “Sto affrontando una fase di allenamento preparatoria alla mia partenza per un viaggio in Himalaya. In primavera vorrei realizzare il mio sogno di lunga data, per non dire ossessivo, di aprire una nuova via, in stile leggero, sugli Ottomila. Tornerò sulla parete nord-ovest dell’Annapurna, che ho provato a scalare, purtroppo senza successo.”

Fedele compagno d’avventura in quello che è divenuto un sogno condiviso sarà Felix Berg. A completare il trio il polacco Mariusz Hatala. Per maggiori dettagli dovremo aspettare le prossime settimane ma ciò che è certo è che i tre rispetteranno la filosofia con cui sono stati affrontati i precedenti tentativi: si sale in stile alpino, niente ossigeno supplementare, nessuno Sherpa di supporto.

Ciò che cerco sulle vette più alte e sulle montagne in generale sono le avventure in autonomia nelle regioni più selvagge – dichiarava Adam di ritorno dal secondo tentativo fallito sull’Annapurna – e questo tipo di attività rappresenta per me una tentazione maggiore del salire gli Ottomila”.

Un sogno nato come piano B

La parete nord-ovest dell’Annapurna è rimasta inviolata fino alla primavera del 1985, oltre 30 anni dopo la prima salita dell’Ottomila realizzata nel giugno 1950 da Maurice Herzog e Louis Lachenal dal versante nord. Il merito va a Reinhold Messner e Hans Kammerlander che, tornati alla base della decima montagna del Pianeta puntarono poi al Dhaulagiri (8167 m), raggiungendone la vetta attraverso la Via Normale in 3 giorni. Dagli anni Ottanta ad oggi il versante è stato oggetto di circa una decina di tentativi e si contano sulle dita di una mano quelli in cui si siano superati i 7000 metri prima di rinunciare alla vetta nella maggioranza dei casi causa meteo avverso. Dopo i sopracitati Messner e Kammerlander, gli unici ad aver toccato nuovamente la cima passando dalla nord-ovest sono stati i cechi Josef Nezerka e Jindra Martis nel 1988. Ma come è nata l’idea di Bielecki di puntare a un obiettivo così ostile? La risposta potrebbe essere “grazie al Cho Oyu”.

Nella primavera 2017 Adam Bielecki, Felix Berg, Rick Allen e Louis Rousseau sono pronti a partire per una spedizione in terra cinese. Obiettivo: aprire una nuova via in stile alpino sul versante nord del Cho Oyu. Ma il rifiuto da parte della Cina di concedere permessi di salita a chi presenti sul passaporto un visto pakistano cambia le carte in tavola e costringe il team, già arrivato a Kathmandu, a definire un piano B. La scelta cade sull’Annapurna. L’idea è di tentare una salita in stile alpino lungo la parete nord-ovest.

Optano per acclimatarsi su un Settemila, il Tilicho Peak (7134 m), ma più che una tranquilla acclimatazione, la salita diventa un’avventura nell’avventura. Sferzati dal vento tornano al campo base per due volte, arrivati poco oltre quota 6000 m. Intanto il tempo sembra volare e Louis è costretto ad abbandonare la squadra per fare ritorno in Canada. Bielecki, Berg e Allen decidono di ritentare l’ascesa e, complice il meteo finalmente a favore, arrivano in vetta e osservano dall’alto il piano B: il versante nord-ovest dell’Annapurna. Hanno in mente di tracciare una linea che corra al centro della parete. Essenziale per farcela è che il vento conceda un po’ di pace.

La salita che si trovano ad affrontare si può sintetizzare con un “3 giorni, 2 notti insonni”. Non ci sono finestre meteo decenti all’orizzonte, che prevedano almeno 3 giorni di calma, per cui il trio decide di sfruttare un giorno di vento debole cui dovrebbe far seguito una giornata di forti nevicate. Riescono ad arrivare il primo giorno a 5000 metri e piazzare in comodità la tenda per la notte. All’indomani il meteo inizia a peggiorare, si ritrovano a risalire lungo la parete accompagnati dalla caduta di spindrift e trovano per trascorrere la notte una sporgenza che può accogliere sì e no mezza tenda. Il terzo giorno, dopo una notte di scarso riposo, con il ghiaccio fragile che rallenta la progressione e la neve che ricomincia a cadere, si ritrovano a dover optare per uno scomodo bivacco a circa 6500 metri, di punti in cui piazzare la tenda non se ne vede neanche l’ombra. La notte trascorre insonne e da uno squarcio nella tenda il team perde un materassino e un sacco a pelo. Al mattino è tempo di decidere sul da farsi: affrontare la seconda metà della parete o alzare bandiera bianca. Optano per l’opzione B.

Una questione lasciata a metà

Nella primavera del 2019 Adam e Felix sono pronti a tornare all’Annapurna con la speranza, e la fiducia, di completare l’opera lasciata a metà, coscienti anche degli “errori” commessi nel precedente tentativo, ostacolato non solo dal meteo (contro il quale si può fare ben poco) ma anche del peso eccessivo portato con sé, causa di un rallentamento nella progressione in parete. Proveranno a salire leggeri, possibilmente con un’unica spinta dal campo base alla vetta. Anche stavolta, non sono previsti ossigeno supplementare o Sherpa di supporto.

Scelgono per acclimatarsi un altro Settemila, il Langtang Lirung (7227 m). Come accaduto due anni prima sul Tilcho, si ritrovano a dover tentare più volte l’ascesa, fermandosi una prima volta a 4.700 metri dove stabiliscono il campo base avanzato, costretti alla ritirata per l’alto numero di valanghe. Una seconda fino a 5.300 m dove stabiliscono un ipotetico C1 che si dimostra troppo scomodo per raggiungere la cresta sud-est. Il tentativo che sembra quello buono inizia l’11 maggio, con partenza dal CB prima dell’alba. Dopo un giorno di riposo a C1, il 12 raggiungono la cresta e piazzano un C2 a circa 5925 m. L’idea è di spostare all’indomani il campo il più in alto possibile per poi attaccare la vetta. Ma il meteo peggiora in fretta. “Vento forte, precipitazioni continue e visibilità zero. Abbiamo preso una decisione difficile sul ritiro da circa 6100 m scrive Bielecki – . Ci stavamo chiedendo se aspettare che le precipitazioni finissero ma avevamo paura che ci avrebbero tagliato la via. Spesso in alpinismo bisogna fare una scelta difficile tra ambizione e sicurezza. Abbiamo scelto la sicurezza – se abbiamo fatto un errore, probabilmente è meglio così.”

Alla rinuncia al Langtang Lirung purtroppo segue anche quella all’Annapurna: “Le previsioni per la prossima settimana sono pessime. Il tempo non ci ha dato modo di arrampicare una montagna meravigliosa e difficile come il Langtang Lirung. Ma anche l’Annapurna è sotto costanti nevicate e la nostra acclimatazione è troppo debole per consentirci di salire lungo una nuova e complicata via su un Ottomila. Siamo costretti a chiudere la spedizione”.

Una scelta sofferta, di fronte alla quale Bielecki aveva reagito cercando di concentrarsi sul pensiero che “il fallimento è la madre del successo”. E si riparte con questo pensiero e l’idea che “forse questa volta ce la faremo”.

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