AlpinismoGente di montagna

Emil Solleder, l’inventore del sesto grado

Il grande alpinista tedesco nella prima parte del '900 fu capace di spostare in avanti l'asticella delle difficoltà. Ad appena 32 anni gli fu fatale una banale calata in doppia

Si rimprovera spesso all’alpinista temerario di spingere troppo in là il suo gioco. Ma un uomo estraneo a tale gioco, può forse comprendere ciò che esso significa per l’alpinista?”

Emil Solleder

 

Solleder nasce in una umile famiglia il 23 agosto 1899 a Monaco di Baviera, città fulcro di una grande scuola di alpinismo. Lui però avrà modo di scoprire la scalata solo dopo aver combattuto nella Prima Guerra Mondiale per l’esercito tedesco. 

La necessità di lasciarsi alle spalle un Paese in grave difficoltà dopo la sconfitta lo porta in Nord America dove viaggia sostenendosi con i lavori più disparati: facchino, minatore e perfino cercatore d’oro in Alaska. 

Tornato in Europa, a vent’anni gestisce un rifugio nelle montagne di Kitzbühel ed è subito attirato dalla roccia. Inizia ad arrampicare nel Karwendel, Kaiser e Wetterstein ritagliandosi momenti di fuga dal dopoguerra, questa volta senza dover fuggire oltre oceano. Sale con stile elegante e pulito riducendo al minimo l’uso dell’artificiale. Il fisico gracile, che rinforza con l’allenamento sistematico introdotto dalla Scuola di Monaco, cela un carattere irrequieto, individualista e romantico, tipico di molti ragazzi usciti da quegli anni bui. I rapporti umani instaurati nelle salite sono per lui molto più importanti di nodi e manovre di corda.

Il talento e la determinazione lo portano a diventare Guida Alpina nel 1925, l’anno delle sue imprese più grandi. 

La nord del Furchetta

L’1 agosto di quell’anno è nelle Odle con Fritz Wiessner, il tedesco in testa alla spedizione americana al K2 del 1939, per attaccare la parete che aveva respinto un maestro delle Dolomiti. La cordata corre lungo la nord del Furchetta fino al “pulpito Dülfer” dove quest’ultimo si era dovuto fermare. Qui Solleder intuisce una traversata per aggirare gli strapiombi friabili e guadagnare così la vetta. Qualche anno più tardi Vinatzer evitò la traversa, forse per errore, aprendo una linea diretta attraverso roccia gialla di pessima qualità. 

Nord Ovest del Civetta, la parete delle pareti

Pochi giorni dopo, Solleder con Gobel e Lettenbauer attacca l’ombroso cuore di quella che la Scuola di Monaco chiama “la parete delle pareti”. Il tentativo fallisce dopo 30 ore di lotta ma, tre giorni dopo, senza l’infortunato Gobel, rimasto in rifugio, i due tornano all’attacco.

Il 7 agosto 1925 Emil Solleder e Gustav Lettenbauer sono in vetta ai 3218 m del Monte Civetta, dopo aver salito 1200 metri senza nemmeno un bivacco e con solo 15 chiodi. Una delle più grandi imprese di sempre, una via a goccia d’acqua in un ambiente severo, dove le scariche e la roccia bagnata sono una sfida continua. Questa scalata è considerata la prima via di VI grado delle Alpi! Una parete tanto verticale ed impegnativa da essere definita da Domenico Rudatis come “il regno del VI grado”. La via diviene subito celebre sotto il nome di “Via Solleder“, nonostante il ruolo chiave di Lettenbauer nella salita; sua l’idea di portare dei cunei in legno per superare le prime fessure. Il valore di questa salita è riconosciuto da tutti, tanto che Giusto Gervasutti, “il fortissimo”, la commenta: “è così compiuta la più grande salita delle Alpi Orientali…” 

Nel 1930 la via viene ripetuta dalla cordata italiana di Attilio Tissi e Giovanni Andrich, dopo ben sei ripetizioni di bandiera tedesca, tant’è che alla base venne apposto un cartello con scritto: “questa parete non è pane per gli italiani”. La piena rivincita del tricolore la si deve a Cesare Maestri che la percorse in solitaria nel 1952. Alla cordata di Ignazio Piussi, Giorgio Redaelli e Toni Hiebeler si deve la prima salita invernale nel 1963. La combinazione estrema di queste due prestazioni viene compiuta da Marco Anghileri che, tra il 14 e il 18 gennaio del 2000, realizza la prima ripetizione solitaria invernale, già tentata qualche anno prima da Hermann Buhl.

La Est del Sass Maor e le altre salite top

Il 2 settembre 1926 Solleder realizza il suo terzo capolavoro in sole 8 ore di scalata continua, accompagnato da Franz Kummer. La parete Est del Sass Maor è impressionante e i due la affrontano evitando gli strapiombi con numerose traversate, affrontando comunque difficoltà di V+ continue per ben 700m.

Non bastano le dita di una mano per contare le prime ascensioni di Solleder, a lui si devono oltre venti nuove salite.

Il 6 settembre 1926, solo quattro giorni dopo l’impresa sul Sass Maor, sale lungo la nord delle Pale di San Martino, con il fidato Kummer. Sempre con lui percorre una nuova via lungo il fianco ovest della parete nord del Catinaccio, nel 1926.

Il 30 luglio 1928 effettua la prima salita di una guglia nella Catena degli Sfulmini, Brenta, nominandola “Torre olandese” in onore dei suoi due compagni di scalata. Affascinato dalle guglie, apre una nuova linea sulla Torre Gialla di Cima Canali, il 3 luglio 1930 con F. Fontein. Oltre alle Dolomiti e alla roccia, Solleder si dedica a salite di ghiaccio e misto ripetendo per primo in solitaria la Biancograt al Bernina e puntando ai grandi problemi delle Alpi.

Il sogno di partecipare alla gara per la nord del Cervino rimane tale quando, il 27 luglio 1931, un calata in doppia gli risulta fatale, mentre scendeva dalla Meije con un cliente, rimasto illeso. Una vita breve la sua ma ricca di grandi ascese, compiute in uno stile decisamente avanti per i tempi e con grande umanità verso i compagni.

Libri

  • “La parete nord del Monte Civetta” (Trad. di S. Koch) – Emil Solleder, Le Dolomiti Bellunesi, N.32, 1994.
  • “Da solo in inverno – Via Solleder Civetta” – Marco Anghileri, 2000

“La difficoltà del passo esigeva nel modo più assoluto un’assicurazione e perciò, dopo 25 metri, piantai un chiodo”.

Emil Solleder

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