Mostre e convegni

Una mostra su Carlo Mauri a quarant’anni dalla morte

Si intitola “Carlo Mauri, nato in salita” la mostra che la città di Lecco dedica al grande alpinista, viaggiatore ed esploratore, nato proprio nei quartieri a monte del capoluogo lariano, dove boschi e prati si fanno ripidi, fino a diventare roccia e parete verticale. Un’anticipazione del destino che avrebbe poi segnato tutta la vita di Mauri. Quest’anno ricorre il quarantesimo anniversario della sua scomparsa, avvenuta il 31 maggio del 1982, a seguito dell’infarto che lo colse mentre percorreva la ferrata del Pizzo d’Erna, sulle pendici del Resegone.

Carlo Mauri

Nei 30 anni precedenti la vita di Mauri era stato un susseguirsi di avventure straordinarie. Nel primo dopoguerra aveva messo a segno imprese alpinistiche di assoluto rilievo, spesso in cordata con il fuoriclasse Walter Bonatti. Una su tutte la prima salita assoluta del Gasherbrum IV (7925 m), nel 1958, realizzata nell’ambito della spedizione nazionale del CAI guidata da Riccardo Cassin. Un capolavoro di audacia e tecnica: nessuno fino ad allora aveva osato affrontare difficoltà così elevate in arrampicata a quote di quasi 8000 metri. La carriera di scalatore estremo di Mauri si interrompe però nel 1961, per via di un incidente sugli sci che gli causa una menomazione alla gamba dalla quale non guarirà mai del tutto. Lui reagisce al destino infausto reinventandosi una vita da esploratore e viaggiatore, che lo porta nei luoghi più remoti della Terra: dall’Amazzonia al bush australiano, dall’Antartide alle steppe asiatiche, fino alle traversate oceaniche sulla barca di papiro dell’antropologo Thor Heyerdahl. I suoi viaggi ai confini del mondo li racconta attraverso documentari filmati e articoli che vengono pubblicati sulle più importanti riviste illustrate del tempo, ispirando e facendo sognare generazioni di italiani.

La mostra

La mostra allestita a Lecco presso il Palazzo delle Paure, che è stata inaugurata proprio martedì 31 maggio, giorno della morte di Mauri, ripercorre le tappe della sua affascinante storia, ma, soprattutto, ne mette in risalto la grande voglia di vivere e di andare oltre gli ostacoli e le sventure.

La capacità di accettare e poi superare i propri limiti è, infatti, il concetto chiave della mostra, il cui allestimento è in gran parte focalizzato su un episodio chiave della vita di Mauri: quello dell’incontro con il chirurgo Gavriil Abramovič Ilizarov, che, con la sua innovativa terapia ortopedica riuscì, nel 1980, a restituirgli la funzionalità quasi completa della gamba malata.

È questa un’avventura nell’avventura. Mauri venne a sapere dell’esistenza del metodo Ilizarov qualche anno prima, nel 1977, quando era impegnato nella traversata dell’Oceano Indiano con la barca di papiro Tigris. Dell’equipaggio faceva parte anche un esploratore russo che, vedendo la sua gamba martoriata lo invitò in Siberia, per sottoporsi alle cure di Ilizarov, allora sconosciuto in Occidente. Sfidando le diffidenze e gli ostacoli derivanti dal clima politico internazionale, allora ancora pienamente immerso nella Guerra Fredda, Mauri affrontò l’operazione e, una volta tornato in Italia, si fece promotore di un ciclo di conferenze che portarono il chirurgo russo in Europa, per diffondere la sua rivoluzionaria terapia, che cambierà in meglio la qualità della vita di migliaia di persone.

La vicenda è simbolizzata nella mostra attraverso sei grandi cilindri (che ricordano la “gabbia” del metodo Ilizarov”) all’interno dei quali installazioni visive e sonore accolgono il visitatore, rievocando gli ambienti e i temi delle grandi avventure di Mauri: montagne e ghiacci, steppe e praterie, foreste, deserti, oceani e insediamenti umani.

Nel contesto della mostra trovano spazio anche le testimonianze di sette “ambasciatori” che ben incarnano questa capacità di “andare oltre”. Si tratta della scrittrice e attrice Antonella Ferrari, di Fabrizio Fontana, dei campioni paralimpici Luca Pancalli, Daniele Cassioli e Federico Pellizzari e degli alpinisti Marco Confortola e Andrea Lanfri.

Confortola, dopo le amputazioni alle dita dei piedi subite durante la tragica discesa dal K2 nel 2008,  ha proseguito la sua attività di alpinista himalayano. Andrea Lanfri, invece, a seguito della meningite fulminante che lo ha colpito nel 2015, ha subito l’amputazione di entrambe le gambe e di sette dita delle mani. Nonostante ciò non solo è riouscito a riconquistare la normalità della vita quotidiana, ma è presto divenuto un runner paralimpico da record e si è avviato ad una carriera alpinistica che il 13 maggio scorso lo ha visto raggiungere la vetta dell’Everest dalla via classica del versante Nepalese.

La mostra sarà visitabile fino a mercoledì 30 novembre. Per informazioni più dettagliate su costi e orari di apertura visitate il sito: https://www.eccolecco.it/arte-cultura/mu

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