
Il treppiede è sicuramente utile, per molte situazioni fotografiche e per parecchi soggetti per evitare mosso e micro mosso. E’ consigliabile anche perché richiede una serie di movimenti e regolazioni meccaniche che obbligano il fotografo a concentrarsi e a ragionare in maniera lenta e inconsapevole. E’ più semplice così anche concentrarsi sull’inquadratura e studiare una composizione migliore per le nostre fotografie.
E’ antipatico? Sono molti i fotografi, soprattutto quelli di montagna, che non amano sobbarcarsi il suo peso aggiuntivo nello zaino. E’, però, uno strumento indispensabile per alcuni generi fotografici, come: fotografia con poca luce (alba, tramonto), fotografia notturna, macro fotografia (quasi sempre imprescindibile), uso di lunghi e pesanti teleobiettivi, anche se in questo caso, complice lo stabilizzatore, si può anche ovviare e utilizzare appoggi di fortuna, come vedremo in seguito o scattare a mano libera. Per approfondire nozioni su teleobiettivi e stabilizzatore di immagine, suggerisco uno sguardo a questo capitolo: grandangolo e teleobiettivo nel paesaggio di montagna.

Mosso e micro mosso
Se una foto è mossa si vede immediatamente, ad occhio nudo, anche sul piccolo schermo della fotocamera. E’ un errore evidente e non rimediabile neanche con ardite operazioni di post produzione. Si cestina! L’immagine affetta da micro mosso, invece, è più subdola e cattiva. Apparentemente sembra nitida, soprattutto se osservata distrattamente on camera. Una volta scaricata sul computer e vista in un programma di foto ritocco, però, si nota che non è per nulla nitida, ma è nettamente mossa.
Anche la stampa su carta evidenzia difetti, imperfezioni e il micro mosso. Anche in questo caso, l’immagine si cestina. Tutte le volte che scattiamo una foto si creano una serie di vibrazioni che rischiano di compromettere la nitidezza dell’immagine. Il ribaltamento dello specchio di una fotocamera reflex, il movimento del dito che preme sul pulsante di scatto, l’eventuale tremolio della mano del fotografo, tempi di posa lunghi sono cause di mosso o micro mosso. Come ovviare, quindi, a mosso e micromosso? Semplice. Usando un buon treppiede. Non cavalletto! Il cavalletto è quello dei pittori, il treppiede è quello dei fotografi!

E a mano libera?
L’ideale sarebbe utilizzare sempre il treppiede. Siamo obiettivi, però! Se non è obiettivo un fotografo, chi può esserlo? In una gita in montagna diventa impossibile, o quasi, pensare di fotografare sempre con il treppiede. In molti casi, tra l’altro, se ne può fare a meno, perché la luce è abbondante, perché stiamo utilizzando un supergrandangolare, ottica leggera, oppure perché non possiamo sobbarcarci il peso del treppiede (gita lunga, zaino appesantito da strumenti come picozza, corda, ecc).
In casi di luce scarsa, però, il treppiede diventa indispensabile, a causa dei tempi di posa che divengono ovviamente più lunghi. Per fotografare un’alba, un tramonto, un cielo stellato diventa impossibile fare a meno di questo strumento fotografico che non è per nulla un accessorio, ma un elemento indispensabile per ottenere immagini di qualità. Anche per la macrofotografia, il cavalletto è determinante. In macro, infatti, si scatta spesso con diaframmi chiusi, per avere profondità di campo elevata e, quindi, si otterranno tempi di posa lunghi. Anche usando i teleobiettivi, con alcune accortezze e magari prestando attenzione al tempo di sicurezza e alla “regola” del reciproco della focale, è possibile scattare a mano libera.

E se alzo gli iso?
Oggi, con le moderne digitali, è anche possibile alzare gli iso, per ottenere un tempo di posa più veloce ed ovviare, o ridurre, il rischio di mosso o micro mosso. Attenzione, però, che aumentare il valore di iso degrada la qualità di immagine, incrementando soprattutto il rumore digitale. Meglio, quindi, scattare sempre a iso bassi, quelli nativi del sensore, in genere 64, 100, 200, a seconda del modello. Vale comunque, all’atto pratico, il concetto basilare: meglio alzare gli iso che scattare una foto mossa. Il top, però, sarebbe sempre utilizzare il treppiede.

Quale tipo di treppiede?
Pessime notizie: più pesa e più è stabile. In linea di massima è così. Si dice, empiricamente, che il cavalletto dovrebbe pesare circa 1,5 volte quello che si intende posizionarci sopra. E’ una regoletta un po’ datata, in realtà, quasi assimilabile alle storiche (e bellissime) piccozze in legno dei pionieri dell’alpinismo. In realtà oggi, per fortuna, e per la salute di schiena e articolazioni, esistono anche treppiedi un po’ più leggeri e abbastanza stabili, come quelli in carbonio; leggeri e costosi sono molti stabili, e ideali per le attività outdoor e per escursioni in montagna.
Esistono poi treppiedi “ibridi”, realizzati in materiale misto, con parti in carbonio, leghe varie, alluminio e altre curiose tipologie di materiali. Si narra anche di treppiedi composti da materiale aeronautico che, in effetti, costano come un aereo supersonico! Senza esagerare, marche come Gitzo, Manfrotto, Arca Swiss, per esempio, producono treppiedi di ottima qualità e anche in carbonio, quindi piuttosto leggeri, non proprio economici. E’ anche vero che un buon treppiede dura per moltissimi anni di uso intensissimo. Tenete presente anche che sullo stesso dovete agganciare un’attrezzatura che non è certo economica. Serve, quindi, un supporto sicuro, non certo uno che potrebbe scaraventare in un dirupo la fotocamera al primo alito di vento. Consigliabili anche marche come Leofoto, Bernro, K&F Concept, Sirui anche se, nel momento in cui scrivo, qualche azienda ne sta inventando una nuova tipologia.

I treppiedi migliori sono composti da due parti: le gambe e la testa. Le gambe, estensibili, comprendono anche una colonna centrale che si può alzare ulteriormente. Più gambe e colonna vengono estese e più si perde in stabilità. Si rischia, quindi, non solo di ottenere foto mosse, ma anche di veder cadere a terra la nostra preziosa attrezzatura. I produttori di cavalletti indicano il peso sostenibile per ogni testa e treppiede. Se montiamo pesanti teleobiettivi (500 mm, 600 mm), è necessario utilizzare un supporto particolarmente robusto ed un’apposita testa, sufficientemente stabile e adeguatamente dimensionata. Esistono molti tipi di teste, con scopi, funzioni e nomi diversi, a seconda delle marche. Ci sono “teste a sfera”, joystick, panoramiche e a tre movimenti, ecc. Le teste professionali hanno una piastra (ad attacco rapido) che si aggancia alla fotocamera o agli obiettivi, consentendo di fissarli velocemente sulla testa del cavalletto. Personalmente consiglio le teste a sfera, per fotografare in montagna. Sono piuttosto leggere e molto versatili.

Eccellenti sono i cavalletti che consentono di abbassare la macchina fotografica quasi al livello del terreno, utili per fotografare i fiori, o per scattare da un punto di vista vicino al suolo. Cito anche il monopiede, ovvero una sorta di bastone allungabile, con possibilità di montare sopra la fotocamera, in alcuni casi anche tramite una testa apposita. Utile per la fotografia di soggetti in movimento, dove può essere d’aiuto per ottenere foto più nitide.

E per escursioni lunghe o trekking di più giorni?
Suggerisco un treppiedi leggero, in carbonio. Rinunciando alla possibilità di utilizzare uno strumento che si estende di molto, si può ridurre nettamente il peso. Infondo, per la maggior parte delle situazioni, non serve alzare di molto la fotocamera e si può sempre porre il treppiede su una roccia o cercare un punto rialzato, se è necessario. Diciamo che, in montagna, non mancano gli appoggi di fortuna, come rocce, tronchi. In casi disperati, ho anche appoggiato lo zaino fotografico su un pietrone, appoggiandoci sopra la fotocamera. L’inquadratura non sarà proprio perfettamente dritta e in bolla, ma si può intervenire in post produzione e raddrizzare il tutto. Non è proprio un sistema ortodosso, ma se siete davanti all’alba della vostra vita, piuttosto di scattare una foto mossa o di alzare gli iso, questa può essere una soluzione vincente.