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“Era come andare sulla Luna!” Inaugurata a Trento la mostra sui 70 anni del K2

Al Palazzo Roccabruna, fino al 18 maggio, si può visitare la mostra dedicata ai 70 anni della spedizione del 1954. Ce la racconta Leonardo Bizzaro, che l’ha curata insieme a Roberto Mantovani e a Vinicio Stefanello

“Era come andare sulla Luna!” Questa esclamazione di Lino Lacedelli, cinquant’anni dopo la sua ascensione più famosa, spiega molto della spedizione italiana che nel 1954 ha salito per la prima volta il K2. “Lino, ormai anziano, ha usato queste parole in un’intervista video rilasciata a Vinicio Stefanello. Ci è sembrato un modo perfetto per spiegare l’importanza di quella vittoria nell’Italia di settant’anni fa” racconta Leonardo Bizzaro, giornalista e storico dell’alpinismo trapiantato da Trento a Torino.

Bizzaro, insieme ai colleghi Roberto Mantovani e Vinicio Stefanello, ha curato “K2 1954. Era come andare sulla Luna!”, la mostra storica sulla spedizione diretta da Ardito Desio che è stata promossa dal Trento Film Festival e dal Museo Nazionale della Montagna di Torino, e che può essere visitata fino al 18 maggio a Palazzo Roccabruna, nel centro storico di Trento.

“Durante il Festival il Palazzo diventa il centro delle attività della rassegna, che si svolgeranno quindi attraverso la mostra e la storia del K2. Il nostro obiettivo era di raccontare l’impresa, e il suo impatto sull’Italia, a chi ha ascoltato questa storia fin da quando era bambino, ma anche ai suoi – ai nostri – figli e ai nipoti” spiega ancora Leonardo.

Molte cose, nelle austere sale di Palazzo Roccabruna, raccontano la spedizione al K2 con il linguaggio del 1954. Lo fanno le decine di oggetti esposti (“per favore non parliamo di cimeli!” dice ancora il curatore) che sono stati prestati da più di trenta fra musei, fondazioni, archivi, collezioni private e familiari dei membri della spedizione.

Lo fanno le nove immagini dell’agenzia Publifoto, quasi sconosciute al pubblico, che mostrano dettagli importanti come la preparazione dei bagagli prima della partenza, e poi l’accoglienza trionfale da parte della città di Milano, con Achille Compagnoni portato in trionfo all’aeroporto e con una sfilata degli alpinisti nel centro. Quest’ultima, paragonata con le immagini dell’accoglienza ricevuta quindici anni dopo a New York dagli astronauti dell’Apollo 11, a spingere Lino Lacedelli a paragonare il ritorno dal K2 con quello dalla Luna.

Riportano a settant’anni fa le trasmissioni radio d’epoca che escono da un grande apparecchio prodotto dalla Allocchio Bacchini, l’azienda che aveva fornito alla spedizione i walkie-talkie, e che fanno ascoltare al visitatore le voci di Ardito Desio, di Compagnoni e di Pino Gallotti, il milanese del gruppo. Lo fanno l’audio e le immagini in bianco e nero dell’intervista televisiva in cui Walter Bonatti racconta che, durante il bivacco a 8100 metri con Mahdi, ha davvero temuto di morire. A porre le domande è il filosofo e autore televisivo Gianni Vattimo. 

Pochi mesi dopo il ritorno degli alpinisti in Italia sono iniziate le polemiche. E gli scontri tra Desio e il CAI sui soldi, tra Compagnoni e il CAI sui diritti del film “Italia K2”, e poi tra Bonatti da una parte e Desio, Compagnoni e Lacedelli dall’altra sulla scelta su dove piazzare l’ultimo campo e sul fatto che il sacrificio di Bonatti e Mahdi fosse stato ignorato dal libro e dal film ufficiali hanno falsato l’immagine della spedizione italiana.

“Insieme a Roberto e a Vinicio, ho tentato di lasciare le polemiche da parte. Nella mostra raccontiamo come l’Italia ha reagito alla notizia della vittoria sul K2, e di come l’epopea ha contribuito a trasformare in una nazione attiva e moderna un Paese uscito a pezzi dalla guerra, e che aveva ricevuto passivamente i soldi del Piano Marshall” racconta Leonardo Bizzaro.

Fa parte di questo racconto la storia del permesso per tentare la montagna, “soffiato” agli americani grazie al premier Alcide De Gasperi che ha convinto il suo omologo pakistano Mohammed Alì Bogra. In quegli anni, grazie alle vittorie sugli 8000 (i francesi sull’Annapurna e sul Makalu, i tedeschi e gli austriaci sul Nanga Parbat, i britannici sull’Everest e sul Kangchenjunga, gli italiani sul K2) si è creato un piccolo club di Paesi proiettati sul futuro anche grazie all’alpinismo himalayano.

Nella mostra di Trento, che in autunno riaprirà al Museo della Montagna di Torino, uno spazio importante è dedicato alla spedizione del Duca degli Abruzzi. Non lontano da una delle tende modello Himalaya usate nel 1954 sul K2, compare quella utilizzata da Vittorio Sella nel 1909. Ci sono anche gli scarponi del fotografo biellese, realizzati mettendo a frutto l’esperienza dei Sella nelle loro ascensioni invernali sulle Alpi.

Una grande foto di Vittorio occupa un’intera parete, ed è affiancata dalla cronologia della spedizione Desio. In un elenco compaiono i nomi di tutti gli italiani che hanno toccato la vetta, da Compagnoni e Lacedelli nel 1954 fino alla guida valdostana François Cazzanelli nel 2022.

Su un’altra parete campeggiano 20 grandi immagini dei protagonisti del 1954: il capospedizione, gli alpinisti, i quattro ricercatori, l’ufficiale di collegamento Mohammed Ata Ullah. C’è anche Amir Mahdi, il portatore d’alta quota di etnia Hunza che ha accompagnato Bonatti a 8100 metri portando uno dei pesantissimi basti con le bombole di ossigeno. E che, al contrario dell’alpinista lombardo, ha riportato dei congelamenti gravissimi ai piedi.

Il K2 divenne un marchio valido per aziende di ogni tipo

Uno spazio importante della mostra è dedicato al rapporto tra la spedizione del 1954 al K2 e l’economia italiana. Prima della partenza della spedizione vediamo gli scarponi in pelo di renna del calzaturificio La Dolomite, le bombole di ossigeno prodotte dalla Dalmine, una delle tute termiche realizzate dalla CATEC di Trecate (Novara). “Ognuna aveva un colore diverso, per consentire al professor Desio di individuare gli alpinisti con il binocolo” sorride Leonardo Bizzaro.

Dopo la vittoria il marchio K2 va a ruba, come mostrano le decine di richieste di brevetti con quel nome arrivate alla Camera di Commercio di Torino, e le 351 aziende italiane ancora esistenti che portano il nome della montagna. Molte, a sorpresa, sono alberghi e pensioni della Riviera romagnola.

Della seconda cima della Terra, però, si può anche sorridere, come rimostrano alcune pagine del fumetto “Topolino sul K2” e il gioco da tavolo ispirato all’ascensione che compaiono in una delle ultime sale. Poco lontano ci sono anche i francobolli. Nel 1954 sono usciti solo quelli del Pakistan, mentre quelli che dovevano uscire in Italia hanno avuto il veto di Desio perché c’era scritto “Club Alpino Italiano”. Le Poste italiane hanno celebrato la montagna solo nel 2004.

Nel 2014, invece, sono comparsi i francobolli dedicati al K2 dal Togo a cent’anni dalla nascita di Achille Compagnoni. Sono una sorpresa per gli alpinisti ma non per chi s’interessa alla filatelia. “Molti Stati africani vanno in cerca di anniversari in tutto il mondo, per realizzare francobolli da vendere ai collezionisti” spiega ancora il curatore. Dopo l’Italia, e dopo il Karakorum, il viaggio ispirato al K2 ci porta nel cuore dell’Africa.

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