AlpinismoGente di montagna

La leggenda di Riccardo Cassin

Dalle prime arrampicate sulle Grigne alle salite estreme che hanno segnato la storia dell’alpinismo. Ripercorriamo i momenti più significativi della sua irripetibile carriera dalle Dolomiti al Bianco, dal Karakorum all’Alaska. Ci lasciò, dopo aver compiuto 100 anni, il 6 agosto 2009

Si dice semplicemente “andare in Grigna” ma la Grigna non è una cima, la Grigna è un mondo

Riccardo Cassin

Sestogradista in Dolomiti; tecnico scalatore sulla Alpi Occidentali. Alpinista capace Riccardo Cassin ha realizzato ascensioni che oggi appartengono alla storia dell’alpinismo, vie diventate in breve grandi classiche. Carismatico capospedizione ha guidato il gruppo che nel 1958 ha vinto il Gasherbrum IV, una rivincita personale dopo essere stato ingiustamente escluso da quella al K2 del 1954. Riccardo Cassin rappresenta oggi un’icona per l’alpinismo internazionale. Una persona che ha scritto un pezzo si storia avvincente e romantica sia sulle nostre montagne che su quelle del mondo.

La vita

Riccardo Cassin nasce il 2 gennaio 1909 a San Vito al Tagliamento. La sua è una famiglia povera, tanto che il papà Valentino è costretto a emigrare in Canada in cerca di lavoro. Trova un posto da minatore, in un impianto nel sud-ovest della nazione, a poca distanza da Mission (Columbia Britannica). Un giorno del 1913 l’esplosione di una carica esplosiva uccide due operai italiani lasciando Riccardo orfano di padre. Senza più sostegno economico la mamma si trasferisce con lui e la sorella minore da suo papà (il nonno materno di Cassin) a Savorgnano, sulle sponde del fiume Tagliamento. Qui vive in prima persona gli effetti della prima guerra mondiale, anche se ancora molto piccolo.

Nel 1926, a diciassette anni, si trasferisce a Lecco per ragioni lavorative iniziando ad appassionarsi alla montagna scoprendo le guglie delle Grigne, su cui si arrampica in estate. In inverno pratica invece lo sci e, durante tutto l’anno si dedica al pugilato. Disputa anche degli incontri, ma nel giro di pochi anni sceglie di lasciare al boxe per dedicarsi in toto al mondo della montagna. La sua attività in Grignetta si intensifica mostrando di volta in volta i miglioramenti che l’avrebbero portato a prendere sempre più confidenza con quell’ambiente fino a trasformarlo in uno dei più forti sestogradisti italiani.

Dopo l’8 settembre 1943 partecipò attivamente alla guerra di liberazione combattendo partigiano per liberare la città di Lecco dall’oppressione nazi-fascista.

Il destino, o forse il caso, ha voluto che si spegnesse a 100 anni e pochi mesi dalla sua nascita. Se ne va in pace, nell’intimità della sua casa ai Piani Resinelli, il 6 agosto 2009. Cinquantuno anni dopo la prima salita del Gaserbrum IV e settantuno dopo l’incredibile salita a istinto dello sperone Walker alle Grandes Jorasses.

L’alpinismo

L’attività alpinistica di Riccardo Cassin inizia ufficialmente nel 1929 e già nel 1931 traccia le sue prime vie sulle Prealpi lombarde. Tra le sue prime realizzazione la via Valentino Cassin al Sigaro Dones aperta con Giovanni Riva, in memoria del padre.

A dare un impulso, soprattutto tecnico, alla scalata di Cassin è la visita in Grigna da parte di Emilio Comici che gli insegna la tecnica dell’arrampicata in artificiale e il corretto utilizzo dei chiodi. In breve le abilità dello scalatore friulano, lecchese d’adozione, si fanno notare. Cassin porta a termine, nel giro di una manciata d’anni, un numero di ascensioni che ha dell’incredibile riuscendo, tra l’altro, a risolvere alcuni dei maggiori problemi alpinistici del periodo sia in Dolomiti che sulle Alpi Occidentali. In un’epoca in cui si differenzia, a seconda dell’esperienza, tra orientalisti e occidentalisti Cassin interpreta un nuovo modo di approcciare la montagna dove, grazie ad allenamento e determinazione, è possibile riuscire con ottimi risultati sia sul calcare che sul misto.

Nel 1934 arriva in Dolomiti dove mette a segno una serie di salite uniche. In agosto, insieme a Gigi Vitali e Luigi Pozzi, riesce nella prima salita della Cima Piccolissima di Lavaredo; quindi si dedica alla Cima Grande dove con Mario Dell’Oro e Gigi Vitali effettua la seconda ripetizione della Comici-Dimai sulla parete nord. Il giorno di ferragosto attacca, insieme a Vitali e Pozzi, la via Panzeri-Dell’Oro-Giudici al monte Popera (la via è stata aperta solo da un giorno). Tre giorni dopo è sullo Spigolo Giallo alla Cima Piccola di Lavaredo dove, insieme a Gigi Vitali, effettua la terza ripetizione impiegando solo otto ore.

Nel 1935 si muove sulle orme del “maestro” Emilio Comici ripetendo, insieme a Mario Dell’Oro, la Comici-Benedetti alla nord-ovest del Civetta, si tratta della seconda ripetizione. Poco dopo questa salita decide di tentare, insieme a Vittorio Ratti, la salita della Torre Trieste per lo spigolo sud-est. Una via elegante che li tiene per tre giorni in parete. Il meglio ha però da venire. Verso la fine di agosto, sempre con Vittorio Ratti, si porta ai piedi della Cima Ovest di Lavaredo. I due alpinisti sono intenzionati a scalarne la parte nord, obiettivo ambito da tutti i migliori dolomitisti del periodo dopo la salita del 1933 che ha violato la nord della Cima Grande. La scalata, già dura di suo, è resa ancora peggiore dalla pioggia incessante. In tutto impiegano tre giorni di arrampicata e due bivacchi in parete prima di riuscire a sbucare in vetta. Nasce la via Cassin-Ratti, per molti anni ritenuta la più difficile delle Alpi.

Nel 1937 sceglie di spostarsi dal Calcare al Granito e, con Vittori Ratti, Gino Esposito, Mario Molteni e Giuseppe Valsecchi, punta alla nord-est del Pizzo Badile. La parete è impressionante ma Cassin è determinato a salirla, vi riesce dopo tre giorni di scalata sotto l’imperversare del maltempo disegnando una linea che rappresenta la sua eredità più pura. Purtroppo il successo dell’impresa è funestato dalla morte di Molteni e Valsecchi, morti di sfinimento nel corso della discesa.

Partito dalle Dolomiti Cassin ha iniziato a spostarsi verso Ovest, prima sulle Alpi centrali poi sui grandi Quattromila della catena. Nei primi giorni dell’agosto 1938 lo troviamo impegnato sul massiccio del Monte Bianco dove, con Ugo Tizzoni e Gino Esposito, vuole salire lo sperone Walker sulla nord delle Grandes Jorasses. L’idea è quasi improvvisata: Cassin non ha mai visto la parete, se non attraverso una cartolina inviatagli da un amico. Non ha nemmeno la più pallida idea di dove si trovino le Grandes Jorasses, per identificarle il gruppo sale al rifugio Torino e chiede informazioni al gestore. Non sa nulla di quella parete, non conosce la storia dei tentativi precedenti e non incarna alcun significato particolare. Sa però che è uno dei grandi problemi alpinistici da risolvere e così la affronta. Sale diretto, affrontando una fessura di difficoltà estrema (i ripetitori la ignoreranno sempre in favore di un tracciato più agevole) e poi prosegue puntando dritto alla cima. I tre alpinisti impiegano tre giorni per vincere la scalata, una delle imprese più grandi che l’alpinismo ci ha donato.

Quindici giorni prima che scoppiasse la seconda guerra mondiale riesce ancora a portare a termine una prima ascensione sull’Aiguille de Leschaux, in cordata con Ugo Tizzoni.

Dopo la guerra Riccardo Cassin ritorna alla montagna. Molti dei suoi amici sono morti, caduti in battaglia. Il compagno di tante imprese Vittorio Ratti, non c’è più. La verticali cime dolomitiche e le difficili goulotte ghiacciate del Bianco sono però ancora lì. Riparte dal Calcare Riccardo, nel 1947 effettua la prima ascensione della parete nord della Terza Sorella del Sorapis insieme a Felice Butti per poi puntare, con Carlo Mauri, allo Spigolo sud-est della Torre del Diavolo nei Cadini di Misurina. Nel 1950, sempre con Mauri, compie la quarta ripetizione della Ratti-Vitali all’Aiguille Noire de Peuterey.

Attivo fino in tarda età nel 1987, a 78 anni, ripete la sua via al Pizzo Badile. Quel tracciato aperto mezzo secolo prima che l’ha fatto conoscere al mondo come uno dei più forti del suo tempo.

Capospedizione

Nel 1953 partecipa, con il professor Ardito Desio, a una spedizione ricognitiva in Karakorum. L’obiettivo è studiare la piramide del K2 per raccogliere dati utili a tarare la strategia per la spedizione dell’anno successivo. Nel 1954 ci si aspetterebbe di vederlo protagonista attivo del tentativo di scalata alla seconda montagna della Terra, invece così non è. In seguito a discussi esami medici Desio decide per l’esclusione di Cassin dalla spedizione. Stessa sorte tocca ad alcuni dei migliori arrampicatori del periodo come Cesare Maestri, Gigi Panei e Toni Gobbi.

Nel 1958 ritorna in Karakorum, questa volta a capo di una spedizione che mira a vincere l’inviolato Gasherbrum IV. Una verticale, spaventosa ed elegante piramide dalla punta mozza. La spedizione ha successo e il 6 agosto Carlo Mauri e Walter Bonatti si abbracciano sui 7925 metri della montagna. Una rivincita per lui e per Bonatti.

Nel 1961, a 52 anni, parte alla volta dell’Alaska dove guida la spedizione italiana al Denali. L’obiettivo è l’apertura di una via sull’inviolata parete sud. La salita riesce e tutti i componenti della spedizione raggiungono la cima lungo un tracciato che ancora oggi conserva il suo fascino e incute un certo timore reverenziale. Diciassette anni dopo, nel 1978, guida la sua ultima spedizione, quella alla parete sud del Lhotse. Vi partecipa anche un ormai famoso Reinhold Messner. Il gruppo riesce a raggiugere una quota di circa 7000 metri prima di dover rinunciare a causa dell’imperversare del maltempo e dell’elevato rischio valanghe.

Curiosità

Negli anni del secondo dopoguerra Riccardo Cassin inizia a sviluppare materiale alpinistici. Dal 1947 attiva un produzione di chiodi per arrampicata, quindi martelli e piccozze. Nel 1950 sviluppa alcune tipologie di moschettoni e idea le prime giacche in piumino d’oca per le spedizioni in altissima quota. Tocca quindi agli imbraghi, ai ramponi in titanio e alla piccozza con manico in carbonio.

Onorificenze

  • 1980 – Grande ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica italiana
  • 1999 – Cavaliere di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana
  • 1935, 1937, 1938 – Medaglia d’oro al valore atletico

Libri

  • Dove la parete strapiomba, prima edizione 1958. (Ripubblicato da Alpine Studio nel 2019)
  • Capocordata, la mia vita di alpinista, 2001, Vivalda

Come è diverso il mondo: vette, boschi, ghiaioni, amici, guardando dall’alto in giù! Prospettive e forme mutano, e anche i giudizi

Riccardo Cassin

Articolo scritto originariamente da Gian Luca Gasca. Aggiornato dalla redazione di montagna.tv il 2 agosto 2024.

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2 Commenti

  1. Lo scrivo in dialetto.. eran gli ann che in autunn s’anava in resinelli durant’ la smana,na corda dù rob in del zaino,nebbiolina che sa stemperava giù vers la brianza giù in bass e l’erba gialda cun al sò udur particular,pasà via la ca del Pagnotta e dai sò sa risaliva vers al Rif.Porta e capitava di vedè ul Cassin e i so can che al caminava lung al busc….ecco l’immagine perfetta di un signore..d’altri tempi che in perfetto silenzio e solitudine s’immergeva nel Suo mondo.. con nel suo zaino della vita momenti irripetibili e storici dell’Alpinismo..Brau Ul Cassin e bravi voi a ricordarlo…

  2. Desio l’ha giocata veramente sporca a Cassin, facendo risultare che lui avesse problemi di salute per cui non poteva partecipare alla spedizione al K2. Che mondo squallido e corrotto quello del CAI.

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