Gente di montagna

Omar Di Felice

“Molti pensano che la solitudine sia una condizione negativa. Ma non lo è quando raggiungi il tuo equilibrio interiore. E’ proprio la solitudine la condizione in cui riesco a dare il meglio di me. Tutte le mie più grandi avventure e vittorie nascono da momenti come questo. Da solo, nel cuore di madre natura.”

Omar Di Felice

Amante dell’inverno e delle lunghe distanze, appassionato di salite e discese, Omar Di Felice è il ciclista del freddo. Con una breve parentesi professionistica alle spalle scopre e si innamora dell’ultraciclismo, quella disciplina in cui ci si mette alla prova su distanze estreme, dove il sonno viene centellinato e i dislivelli sono massacranti. A oggi Omar è uno degli atleti più forti in circolazione, continuando a conquistare podi nelle gare più rinomate. Ma la sua attività non si ferma al mero agonismo. Nel corso degli anni si è messo alla prova con avventure ai limiti della resistenza in quella che ironicamente definisce “zona Omar”. La si incontra quando le temperature scendono sotto lo zero e si continua a pedalare ammirando lo spettacolo dell’aurora boreale, i suggestivi paesaggi del deserto del Gobi o l’imponente vetta dell’Everest sempre più vicina.

La vita

Nato a Roma il 21 luglio 1981 da mamma di origini algerine Omar Di Felice si innamora del ciclismo guardando in TV Marco Pantani spingere leggero sui pedali fino a conquistare i più alti passi alpini. Era il 1994 e nasceva il mito del Pirata nelle tappe di Merano e dell’Aprica al Giro d’Italia.

Per l’Omar 14enne l’immagine di Marco che si sfila la bandana, si alza sui pedali e parte in salita è folgorante, tanto da portarlo subito in sella a una bicicletta. Nel 1995 si tessera con la Ciclistica Nettunese e da avvio alla sua carriera agonistica. Ha talento, si allena e qualche risultato arriva, ma una volta raggiunta la maggiore età sceglie di lasciare l’agonismo per dedicarsi agli studi universitari in design. Chiusa, temporaneamente, la parentesi gare non si ferma però la passione per la bicicletta che continua a occupare gran parte del tempo libero del ragazzo. Dopo aver conseguito la laurea triennale inizia a lavorare come grafico, riuscendo comunque sempre a ritagliarsi del tempo da spendere in sella.

Nel 2003 ci riprova. Spinto dal suo storico allenatore, Giovanni De Carolis, e da alcuni amici torna ad agganciare il pettorale. A 24 anni torna a gareggiare nelle gran fondo con un team amatoriale dell’area romana. Subito si mette in mostra svelando il suo naturale talento e ottenendo podi e ottimi piazzamenti in classifica. Risultati che gli garantiscono, nel 2005, l’ingaggio nel team Sintesi Scott, una delle più forti formazioni italiane nel panorama amatoriale. Con loro ottiene ottimi piazzamenti nelle principali granfondo nazionali mentre si classifica al primo posto nella Granfondo Internazionale Alpen Brevet. A fine stagione inizia a lavorare sulla possibilità di passare tra le fila dei professionisti. Fa il procuratore di se stesso e si mette alla ricerca di una squadra in cui correre. Trovata la squadra Omar, in possesso di doppio passaporto italiano-algerino, prende la decisione di debuttare sotto la bandiera della mamma. Il 2006 è l’anno del debutto nei pro, un anno in parte sfortunato che vede Di Felice colpito da diversi problemi di salute. A luglio è di nuovo in sella e i risultati non tardano ad arrivare nelle gare open elite-professionisti, ma dopo poco un’infezione lo costringe a un nuovo stop. Con la malattia sfuma anche il mondiale di Salisburgo, per il quale riceve la convocazione.

Gli anni successivi vedono Omar allontanarsi dal mondo del ciclismo professionistico. “Quando ho dovuto decidere se dedicarmi esclusivamente al professionismo o alla mia attività di designer, ho scelto la seconda opzione” spiega. “Mi sono messo di fronte allo specchio con grande onestà, perché a te stesso non puoi mentire. Nel ciclismo non sarei stato un protagonista e quindi era meglio dedicarsi ad altro. Questa decisione non lo porta però ad allontanarsi dalla bici, dove ha trovato la sua strada da battere affrontando distanze e dislivelli disumani.

Nel marzo 2020 Omar si ritrova bloccato in Mongolia dal lockdown messo in atto per il contenimento della pandemia da Coronavirus. Completata la prima traversata invernale e in bici del deserto del Gobi dedica le restanti settimane alla scoperta del territorio mongolo, fino alla possibilità di poter prendere un volo con cui tornare in Italia.

Poco dopo la chiusura del breve capitolo professionistico Omar Di Felice incontra Sara, con cui convive e a cui ha dedicato l’impresa dei 40 anni: la traversata dell’Himalaya e il campo base dell’Everest in bici. “Hai ispirato il mio cammino, accompagnandomi ogni giorno silenziosamente. Tu forse non lo sai, ma tutto ciò che mi ha permesso di realizzare ogni singolo sogno, e di tornare a casa sano e salvo, è stato quel filo rosso invisibile che hai avuto il potere di stendere” la dedica alla compagna.

L’ultraciclismo

L’ultracycling, o ultraciclismo in italiano, è qualcosa di quasi assurdo. Qui stile, velocità e potenza contano poco. A trionfare è chi lavora di testa e resistenza, chi dorme meno e meglio. L’ultraciclimo è una disciplina del mondo bici dove gli atleti partecipanti alle gare si trovano ad affrontare percorsi di almeno 300 chilometri con dislivelli a quattro zeri, il tutto in modalità non-stop. Vince chi arriva primo, chi è in grado di reggere a quell’irrefrenabile tentazione di mollare e godersi il meritato riposo. Omar Di Felice in questo è un maestro. A oggi è uno dei più forti ultraciclisti in circolazione. La prima esperienza arriva nel 2011, cinque anni dopo l’addio al professionismo. Omar partecipa al Tour du Mont Blanc, 330 chilometri con 8000 metri di dislivello, e si classifica quarto assoluto. Ha talento, ma per perfezionare le cose e ambire al podio bisogna lavorare seriamente. Così ecco che sceglie di affidarsi a un preparatore. Da questo momento in poi la vita di Omar viene scandita dai ritmi delle gare e delle avventure, anche loro di ultraciclismo. Nel 2012, quando decide di pedalare da Lourdes a Santiago de Compostela in modalità non-stop: 1220 chilometri coperti in sole 4 tappe. Dopo arrivano le prime gare: Race Across The Alps (533 km, 13000 md+), quinto assoluto; TorTour Switzerland (1051 km, 20000 md+), settimo assoluto. Il primo podio arriva nel 2013, alla Race Across Italy (640 km, 9000 md+) dove si classifica terzo assoluto. Il 7 giugno 2014 raggiunge finalmente il gradino più alto del podio al Raid Provence Extreme (585 km, 12000 md+) che chiude nel tempo record di 21 ore e 24 minuti. Poco dopo sarebbe toccato al Tortour Switzerland. Da qui in avanti la carriera di Omar procede inarrestabile con una serie di vittorie che lo consacra come uno dei più forti ultraciclisti in attività. Nel 2015, tra le numerose vittorie, arrivano quelle al Tour du Mont Blanc e alla Race Across Italy. Nel 2016 si classifica secondo all’Italian Ultracycling Championship mentre nel 2017 conquista il gradino più alto del podio. Nel 2018 è secondo alla Transiberica Race (3500 chilometri da affrontare in autonomia) e nel frattempo vince tutte le altre gare a cui partecipa. Nel 2019 si classifica terzo alla Trans America Bike Race, 7000 chilometri in autonomia attraverso gli Stati Uniti, mentre vince la Trans Dolomitics Way (1300 km, 28000 md+) e la Terminillo Ultra Marathon (530 km, 10000 md+). Infine, nel 2020, eccolo al secondo posto del podio all’ambita Race Across France (2500 km, 31000 md+), gara che avrebbe vinto nel 2021.

L’avventura

Non solo gare nel mondo di Omar Di Felice. Quando la bici è una passione è difficile scendere dalla sella e dedicarsi ad altre attività, così ecco che Omar si inventa esploratore o, meglio atleta-esploratore. Nel corso degli anni Di Felice si è cimentato in sfide estreme che l’hanno portato in alcuni degli ambienti più freddi del pianeta alla scoperta dei suoi limiti fisici e mentali. Vere e proprie avventure esplorative affrontate con un approccio e una mentalità di stampo quasi agonistico, come inevitabile per un atleta.

Dopo aver pedalato da Lourdes a Santiago de Compostela in soli 4 giorni, nel 2013 decide di affrontare l’inverno artico pedalando per 1200 chilometri attraverso l’Islanda. L’anno successivo prende la decisione di raggiungere Capo Nord lungo un freddo itinerario di 700 chilometri. Nel 2015 pedala invece da Parigi a Roma per 1600 chilometri senza fermarsi e nel 2017 torna a Capo Nord, partendo questa volta da Helsinki e compiendo un itinerario invernale di 1600 chilometri. Nella mente di Omar c’è una continua ricerca, il desiderio di alzare sempre più l’asticella del suo possibile, delle sue capacità. Un innato desiderio di confrontarsi con se stesso e di vivere un’esperienza attraverso ambienti, scenari e paesaggi unici nel loro genere. Con gli anni il livello delle sfide sale. Nel 2018 torna ad affrontare l’inverno islandese, questa volta in completa autosufficienza lungo la Ring Road. Sempre nella stessa stagione affronta l’Artic Highway, tra Whitehorse e Tuktoyaktuk in Canada. Nel 2019 si cimenta con la nevosa Lapponia prima di spostarsi in Alaska e percorrere la Dalton Highway. Nel 2020 ancora Islanda e poi Mongolia. L’obiettivo è importante: attraversare il deserto del Gobi in inverno e in totale autonomia. Il risultato è positivo è Omar diventa il primo a riuscire nella traversata del deserto del Gobi in inverno, in bici e in totale autonomia. Nel 2021 il cuore punta in alto e lo sguardo di Omar si focalizza sulle più alte montagne della Terra. L’obiettivo è una lunga traversata dell’Himalaya in bici per poi compiere la salita fino al campo base dell’Everest, il tutto in pieno inverno. Anche questa volta ci riesce e la notizia fa letteralmente il giro del mondo uscendo su testate specializzate, generaliste e televisioni di molti Paesi.

Libri

  • Pedalando nel silenzio di ghiaccio. Il ciclismo estremo e la felicità, Rizzoli, 2019
  • Zona Omar. Stati Uniti coast to coast pedalando oltre il limite, Baldini+Castoldi, 2021

“Ho sempre amato lasciar parlare la strada, rispondendo con le azioni.”

Omar Di Felice

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