Cronaca

Brad Gobright muore in Messico. Alex Honnold: “Abbiamo perso una luce”

È morto ieri, mercoledì 27 novembre, in un incidente d’arrampicata il climber californiano Brad Gobright. Gobright, 31 anni, era un eccellente arrampicatore nonché uno dei più grandi esperti di free solo al mondo.

Brad al momento dell’incidente si trovava a El Portero Chico, località messicana famosa per le sue falesie. Stava scalando, insieme al compagno Aiden Jacobson, il settimo tiro di El Sendero Luminoso, 15 tiri gradati 5.12. Come riporta a Rock&Ice un testimone oculare che si trovava tre tiri sopra i due, Gobright e Jacobson stavano utilizzando una corda da 80 metri alla cui estremità si sono dimenticati di fare il nodo, Brad si è così trovato nel vuoto senza più l’assicurazione della corda ed è caduto addosso ad Aiden.

I due sono precipitati in basso, su una grossa sporgenza che i climbers usano come bivacco per i percorsi da più giorni. Qui Aiden ha arrestato la sua caduta mentre Brad è rimbalzato continuando a cadere fermandosi solo una volta raggiunta la base dell’itinerario.

Per Gobright l’esito della caduta è stato fatale mentre Jacobson non ha riportato traumi gravi.

Gobright e la velocità

Gobright era l’uomo della velocità e dei free solo. Aveva costruito la sua esperienza arrampicando su big wall, passando giornate sulla roccia di El Capitan. Tra le vie ripetute in velocità sul El Cap figurano le difficoltà di “El Nino”, “The Shaft”, “Golden Gate” senza dimenticare “The Nose” su cui il 19 ottobre 2017 aveva stabilito, insieme a Jim Reinholds, il nuovo record di velocità: 2 ore 19 minuti 44 secondi. Un tempo ce ha retto quasi per un anno, quando sul Naso sono arrivati Alex Honnold e Tommy Caldwell che hanno continuato ad abbassare il tempo.

L’anno prima, nel 2016, Gobright si era invece reso protagonista insieme a Scott Bennett di un concatenamento in velocità riuscendo a portare a casa, in appena 23 ore e 10 minuti, “Zodiac”, “The Nose” e “Lurking Fear”.

Il cordoglio del mondo verticale

Alex Honnold, più volte compagno di cordata di Gobright – come su “El Nino” dove nel giugno di quest’anno hanno realizzato la seconda salita in libera della via-, affida il suo ricordo a Instagram. “Era un’anima così calda e gentile, uno di quei partner con cui ho sempre amato passare una giornata. Suppongo ci dovrebbe essere qualcosa da dire sulla sicurezza e sui rischi dell’arrampicata, ma in questo momento non mi interessa. Sono triste per Brad, per la sua famiglia e per tutti noi che siamo stati influenzati positivamente dalla sua vita. Brad era un gioiello, nonostante tutti i suoi punti di forza e di debolezza. Nel profondo era solo un bravo ragazzo. Immagino non ci sia nulla da dire, sono triste. Il mondo dell’arrampicata ha perso una luce, riposa in pace”.

“Con empatia e compassione per i genitori di Brad, per i suoi amici e per la nostra comunità – scrive invece Conrad Anker in un commento sotto al post di Honnold -. In momenti come questi l’insieme dei valori dell’arrampicata, noi tutti condividiamo i rischi e solo chi la pratica ne sperimenta la gioia, sembra sbilanciato. Ho sempre apprezzato la tua saggezza, hai vissuto questo mondo appieno”.

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10 Commenti

  1. Nell’articolo o nella testimonianza c’è qualcosa che non mi torna…se sono al 7°tiro di una via non posso dimenticare il nodo in fondo alla corda perché ci sono legato io o il mio compagno ai 2 capi della corda…a meno che non mi sleghi ogni volta assicurandomi sosta in altro modo, ma questo oltre a non avere senso non spiegherebbe perché il secondo è caduto con lui per un tratto….a mio modestissimo parere stavano arrampicando con in conserva, protetta o meno non posso dirlo, ma nei filmati dei top climber a caccia di velocità e record si vede dare spesso anche vie normalmente percorse a tiri….RIP

    1. non stavano scalando, si stavano calando in doppia simultanea, ognuno su un capo si corda, e non avevano i nodi in fondo. uno è uscito da un capo ed è precipitato pure l’altro. il socio si è fermato su una cengia. brad è finito oltre ed in fondo alla parete.
      almeno delle traduzioni corrette si possono chiedere..?

  2. Forse arrampicavano in simul-climb ma in ogni caso sarebbero stati attaccati alle estremità, se ci sono anche una o due protezioni nel mezzo nessuno dei due in teoria dovrebbe toccare terra in caso di caduta di entrambi. Anche se il secondo faceva protezione dall’ancoraggio, il capo della corda sta sempre legato all’inbrago e a maggior ragione passa nel freno. C’è qualcosa che non mi torna. Non hanno spiegato bene la dinamica di questo incidente.
    Mi fa ancora più strano che un sito di alpinismo riporti notizie così confuse. Un articolo del genere me lo sarei aspettato da Repubblica.
    Cmq RIP a un grande climber di classe internazionale, forse l’unico che si avvicinava alla classe di Honnold.

  3. @Ric, @Daniele
    Altrove ho letto che si stavano calando simultaneamente, e hanno dimenticato i nodi in fondo alla doppia. I due sono quindi caduti quando, calandosi, è finita la corda senza che se ne accorgessero.

      1. La discesa in doppia simultanea è praticata da decenni; sicuramente non è insegnata ai corsi e nemmeno consigliata dato che il fattore rischio aumenta rispetto ad una pratica, la corda doppia classica, che già richiede massima attenzione; è un peccato che la sua totale ignoranza riguardo l’argomento non le abbia impedito di commentare in modo sarcastico la morte di una persona.

        1. Zero sarcasmo e grandissimo rispetto per Brad che seguivo da tempo.

          Forse proprio perche questa pratica non la usa nessuno in quanto molto pericolosa, non se ne parla.

          Mauro prova a rileggere prima di commentare.

  4. In effetti qualcosa di poco comprensibile nell’articolo c’era…anche io non avevo mai pensato che qualcuno facesse una cosa simile…

  5. Quella della doppia simultanea è una pratica non proprio ortodossa ma neppure così immaginifica. Accorcia il tempo di discesa, aumenta il fattore di rischio. In ogni caso chi la pratica conosce bene quali sono le conseguenze se i due arrampicatori non scaricano i rispettivi capi contemporaneamente. Tutti facciamo errori, tutti accettiamo i rischi collaterali. Giudicare serve solo ad accrescere l’ego di chi si erge a giudice.

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