Ultime notizie dal Makalu. Tante alpiniste in cima e la morte misteriosa di uno Sherpa
In attesa dei primi arrivi sull’Everest, l’attenzione dei media è puntata sul Makalu. Numerose le donne che hanno raggiunto la vetta provenienti da Canada, Australia, Iran, Pakistan e Perù. La morte in discesa di uno Sherpa è ancora avvolta dal mistero
L’alta stagione dell’alpinismo in Himalaya ha fatto la sua prima vittima. Si chiamava Lhakpa Tenji Sherpa, aveva 54 anni, era nato nel villaggio di Mahakulung, nel Solu Khumbu. Lavorava per la Seven Summit Treks, l’agenzia-leader per le spedizioni commerciali in Nepal. Lhakpa è morto al campo III del Makalu, dopo aver raggiunto la vetta insieme ai suoi clienti. “Si è spento mentre le altre guide lo stavano portando verso il basso”, ha dichiarato Rakesh Gurung, funzionario del Ministero del Turismo di Kathmandu, al sito EverestChronicle.com.
La morte di Lhakpa Tenji Sherpa è avvenuta poche ore dopo che Seven Summit Treks aveva annunciato sui social l’arrivo sugli 8485 metri del Makalu, di un gruppo di tredici alpinisti composto da otto guide Sherpa e cinque clienti. Ciò nonostante, l’agenzia di Kathmandu non ha finora diffuso notizie sulle cause della fine di Lhakpa, che evidentemente si era sentito male più in alto.
“Le condizioni sul Makalu nei giorni scorsi erano durissime. La mancanza di neve ha costretto gli alpinisti ad affrontare ghiaccio e roccia, oltre a un vento forte e incessante”, ha commentato Angela Benavides su ExplorersWeb.com
“E’ stata la vetta più difficile della mia vita, e non è stato facile scendere. Così epica, così esausta, così esposto. Sono arrivata in cima intorno alle 15, ora stiamo scendendo” aveva scritto sui social Allie Pepper, l’alpinista australiana che punta a salire senza respiratori e bombole le vette dei 14 “ottomila”.
Qualche giorno prima, insieme al team di Seven Summit Treks che ha attrezzato la via di salita del Makalu, è arrivato sulla cima il diciottenne Nima Rinji Sherpa, ormai al suo dodicesimo “ottomila”, accompagnato da un altro Sherpa, Pasang Nurbu.
Anche Nirmal Purja ha annunciato di essere arrivato in cima con un gruppo della sua Elite Expeditions, ma non ha specificato la data. Lo stesso vale per la canadese Liliya Ianovskaia, cliente della 8K Expeditions, salita in vetta con i fratelli Migma Dorchi Sherpa e Dawa Tashi Sherpa. Notevole l’exploit di Pemba Sherpa, che è salito in cima per piazzare le corde fisse, e ci è tornato qualche giorno più tardi con il coreano Cheol Hee Cho.
L’8 maggio, il Ministero del Turismo del Nepal ha annunciato di aver rilasciato finora un migliaio di permessi ad alpinisti, e che 412 di questi sono per l’Everest. E’ ancora presto per considerare chiuso l’elenco, ma il calo dei pretendenti al “Tetto del mondo” è probabilmente motivato dalla riapertura, confermata pochi giorni fa, del versante tibetano della montagna.
E’ interessante notare che, tra i cinque clienti di Seven Summit Treks arrivati sul Makalu il 6 maggio, ben quattro erano donne. Oltre ad Alexandra “Allie” Pepper, australiana, l’elenco comprende due iraniane, Shima Afsari e Afsaneh Hesami Fard, una dottoressa specializzata in medicina di montagna che ha già all’attivo l’Everest e il K2.
E’ arrivata a 8485 metri di quota anche la peruviana Flor Cuenca Blas, nata a poca distanza dalla Cordillera Blanca, ma che vive da molti anni a Karksruhe, in Germania. Come Allie Pepper, l’alpinista latinoamericana è salita in cima senza utilizzare respiratore e bombole e portando da sola il carico. L’unico cliente maschio ad arrivare sulla vetta è stato Ahmad Mohammad Mousa Bani-Hani, funzionario dell’Ente del Turismo della Giordania.
Il giorno prima era arrivata sulla vetta Naila Kiani, un’alpinista del Pakistan, che sul Makalu è arrivata al suo undicesimo ottomila. “Non ho mai dovuto sopportare tanto freddo. C’erano solo roccia e ghiaccio blu, spazzati da un vento fortissimo. Mi hanno impressionato gli Sherpa, che non hanno mai smesso di sorridere e cantare”, ha dichiarato Kiani dopo essere tornata in elicottero dal campo base a Kathmandu.
Il ruolo degli Sherpa, però, ci riporta alle domande sulla fine di Lhakpa Tenji il 6 maggio. “Perché è morto? Stava bene? Aveva un allenamento sufficiente? Era sotto pressione per continuare a tutti i costi da parte dei clienti o del capospedizione? Non lo sappiamo, ma qualcosa deve cambiare nel rapporto tra le guide d’alta quota, i loro clienti e le agenzie che organizzano le spedizioni”, commenta Angela Benavides di ExplorersWeb.
E’ troppo presto per fare paragoni, e le condizioni di lavoro degli Sherpa sono ben diverse da quelle dei portatori d’alta quota pakistani di etnia hunza o baltì. Gli interrogativi sulla morte di Lhakpa, però, riportano alla mente la valanga che nel 2014 ha ucciso 14 Sherpa sulla seraccata dell’Everest (“un terribile incidente sul lavoro” ha commentato all’epoca Reinhold Messner) e la tragica fine del portatore pakistano Mohammed Hassan nell’agosto del 2023 sul K2. Spedito sulla cima più pericolosa del mondo senza esperienza né equipaggiamento adeguato, Mohammed è morto a 8400 metri di quota dopo che un volo causato da una piccola slavina aveva rotto la maschera del suo respiratore. Più di cento alpinisti, quel giorno, lo hanno superato sia in salita (quando era ancora vivo) sia in discesa, senza fermarsi per aiutarlo.