AlpinismoAlta quota

Tragedie e miracoli sull’Annapurna, torna la quiete dopo giorni di caos

Sulle pendici dell'Annapurna si è vissuta una settimana di gioie e dolori, tra successi, tragedie e salvataggi estremi

Sulle pendici dell’Annapurna (8091 m) è tornata la quiete dopo un avvio di settimana tra gioie e dolori, tra successi, tragedie e salvataggi estremi. Sulla decima montagna del Pianeta, il più letale degli 8000, si sono registrati tra sabato 15 e lunedì 16 aprile i primi arrivi in vetta della stagione primaverile. Una sequela di summit push che è stato possibile seguire, quasi in diretta, grazie agli aggiornamenti forniti dalle differenti agenzie operative sulla montagna. Fino alla mattina di lunedì dalla più letale delle montagne sono giunte soltanto buone notizie, di arrivi in vetta con ossigeno, alcuni anche senza, addirittura di una bella discesa sugli sci realizzata dalla vetta a 4800 metri dal polacco Bartosz Ziemski, protagonista insieme al connazionale Oswald Rodrigo Pereira nel MAD Ski project, progetto di salita e discesa sugli sci di 2 Ottomila (Annapurna e Dhaulagiri). D’improvviso, nel corso della giornata, alle alte quote dell’Annapurna la situazione è però sembrata precipitare.

Problemi a campo 3

La prima notizia allarmante è giunta dal francese Jonathan Lamy, che salito in vetta nella giornata di domenica, e trascorsa una prima notte al campo 4, è riuscito a scendere all’indomani al campo 3, lamentando dei congelamenti ai piedi e la necessità di scendere quanto prima al campo base per evitare di dover chiamare i soccorsi. La seconda notizia negativa arrivata in giornata è stata la scomparsa dell’indiano Anurag Maloo, precipitato in un crepaccio a circa 6000 metri di quota, in fase di discesa tra campo 3 e campo 2, dopo aver abbandonato il tentativo di vetta e dato per disperso. Nell’impossibilità di un sorvolo aereo della zona causa meteo avverso, è stata inviata per un primo sopralluogo una squadra di Sherpa a piedi, che non è però riuscita a localizzarlo.

Noel Hanna, prima vittima della stagione

Nella mattina di martedì la situazione è ulteriormente peggiorata. A campo 4 si è registrata la prima vittima della stagione, l’irlandese Noel Hanna, deceduto presumibilmente per mal di montagna nel corso della notte. Nohel, 56 anni, era un “avventuriero e atleta di endurance”, come si presentava sul suo sito. Non era alla sua prima avventura a quota 8000. Sull’Everest era salito 10 volte (da entrambi i versanti), due volte in compagnia di sua moglie Lynne dal versante sud. Il Tetto del Mondo ha rappresentato una delle cime protagoniste del suo particolare progetto di salita delle Seven Summits, ribattezzato “7 Summits to sea level challenge”, ovvero la salita in vetta seguita da una corsa (a piedi, in bici o sugli sci) fino al mare “più vicino”. Nel 2018 è stato il primo irlandese a realizzare salita e discesa del K2. Nel 2019 ha raggiunto la vetta del Manaslu.

Il suo corpo è stato prelevato via elicottero e trasferito a Kathmandu. Tra gli amici alpinisti che lo hanno voluto ricordare sui social, troviamo Tamara Lunger, raggiunta dalla triste notizia in Islanda. I due erano sul K2 nel tragico inverno 2020/2021, stagione durante la quale hanno perso la vita sulla montagna Sergi Mingote, Atanas Georgiev Skatov, Ali Sadpara, John Snorri e Juan Pablo Mohr. “Caro Noel, sono triste e non riesco a credere a tutto questo – il messaggio di Tamara – . Non dimenticherò mai la nostra discesa dal K2 in inverno. Sei stato quello con cui ho trascorso i miei ultimi momenti sulla montagna e ti sono grata del fatto che tu ci sia stato. Tutti e due senza luce, alla ricerca del campo base e finalmente eccoci lì alle 2 di notte a mangiare pasta e pizza! Gli 8000 sentiranno questa perdita, perché ti ho sentito come una parte di loro. R.I.P. e grazie di tutto”.

Elicotteri in volo per ricerche ed evacuazioni

Sempre nella mattina di martedì, l’agenzia Piooner Adventure, poco dopo aver riportato l’arrivo in vetta di un team composto da Pasang Sherpa, Kami Sherpa e l’alpinista indiana Baljeet Kaur (salita in cima senza ossigeno supplementare), ha annunciato di aver perso contatto con quest’ultima in fase di discesa verso campo 4. Nell’arco di poche ore, durante le quali non sono mancate di circolare notizie sulla presunta morte dell’alpinista, dalla medesima agenzia è fortunatamente giunta notizia del suo ritrovamento.

“Pioneer Adventure ringrazia di cuore tutti coloro che hanno contribuito al salvataggio di Baljeet Kaur. Abbiamo un debito speciale di gratitudine verso il capitano Cloudy Martin della Kailash Helicopter Services – il messaggio diffuso sui social – , il cui audace e abile volo in elicottero ad alta quota ha reso possibile il salvataggio. Desideriamo anche riconoscere il ruolo vitale svolto dal nostro direttore, Mingma Dorchi, che ha accompagnato il capitano Cloudy nella ricerca e ha aiutato a localizzare Baljeet. Quando Baljeet è stato trovata, la comunicazione risultava difficile, e non si avevano notizie certe sulle sue condizioni. Tuttavia, Pioneer è riuscita a contattarla attraverso il suo dispositivo GPS Garmin e a coordinarsi con lei per far sì che si agganciasse alla long-line per il salvataggio. Baljeet ha dimostrato notevole intraprendenza e coraggio nel modellare un’imbracatura improvvisata, tutta da sola, a un’altitudine di 7600 metri”.

 

Il salvataggio di Baljeet non è stato l’unico della giornata, che ha visto operare in maniera incessante i soccorsi per trasportare via elicottero al campo base alpinisti in difficoltà, a causa di congelamenti e mal di montagna. Tra gli alpinisti evacuati, che secondo le diverse fonti dovrebbero essere stati almeno 6, tra cui i pakistani Shehroze Kashif (The Broadboy) e Naila Kiani, in team con Sajid Sadpara, salito in grande stile, senza ossigeno supplementare, nella giornata di sabato, l’alpinista indiano Arjun Vajpai, e il capitano dell’esercito nepalese Suman Panday. Jonathan Lamy alla fine si è ritrovato nella necessità di chiamare i soccorsi, intervenuti nel suo recupero a campo 3 insieme a ChongBi Sherpa. Nel corso della giornata sono proseguite le ricerche anche di Anurag Maloo, in un progressivo calare delle speranze di ritrovarlo in vita.

A testimoniare l’andirivieni di elicotteri tra campo base e campi alti, un video condiviso da Sajid Sadpara, mediante il quale ha tenuto a ringraziare l’operato delle squadre di soccorso aereo.

 

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Un miracolo sul finale

Nella mattina di giovedì, quando ormai le speranze di trovare in vita Anurag Maloo sembravano arrivate al lumicino, è arrivata dall’Annapurna la notizia del suo recupero. Dopo 3 giorni trascorsi a circa 50 metri di profondità in un crepaccio a quota 6000 metri circa, l’alpinista indiano è stato localizzato da una squadra di Sherpa insieme ad Adam Bielecki, che insieme a Mariusz Hatala, ha temporaneamente abbandonato la parete nord-ovest su cui dovrebbero concentrarsi nelle prossime settimane gli sforzi della coppia, insieme a Felix Berg (attualmente sul Manaslu, 8000 del quale ha toccato la vetta, secondo quanto riportato da Stefan Nestler, nella giornata di lunedì). Maloo è stato estratto dal crepaccio e trasferito in condizioni critiche via elicottero prima al campo base e poi a Pokhara per essere affidato alle cure dei medici del Manipal Hospital.

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