Gente di montagna

Gino Soldà, dalle Piccole Dolomiti al K2, passando dalle Olimpiadi

Il grande scalatore vicentino realizzò imprese memorabili sulle Dolomiti. Partecipò alla spedizione sul K2 nel 1954, ma anche alle gare di fondo delle Olimpiadi invernali del 1932

“La montagna insegna a vivere: questa frase l’ho udita spesso, ma… non è vera. C’è gente che frequenta i monti da una vita e non ha imparato un tubo! La montagna al massimo regala emozioni a chi è sensibile ed educato”.

Gino Soldà

Gino Soldà rientra sicuramente nel ristretto novero dei grandi capicordata dell’epoca d’oro del sesto grado, quegli straordinari scalatori che, negli Anni 30 dello scorso secolo, con mezzi limitatissimi e straordinario coraggio, affrontarono e risolsero le pareti più imponenti e repulsive delle Alpi, seguendo la logica del “cercare il facile nel difficile“.

Forse per via della sua pacatezza e il suo understatement di stampo quasi inglese, la figura di Soldà non è mai assurta alla celebrità di altri grandi suoi contemporanei come Comici, Gervasutti o Cassin, ma le sue vie sono lì, assieme al giudizio che ne hanno dato tanti illustri ripetitori, a testimoniarne il talento cristallino dell’alpinista che, dalle Piccole Dolomiti, arrivò fino al K2.

La vita

Gino Duilio Soldà nasce a Valdagno, in provincia di Vicenza, l’8 marzo del 1907. È il secondogenito di quella che oggi definiremmo una famiglia numerosa: dopo di lui verranno al mondo altri quattro fra fratelli e sorelle. Il padre, Leone Soldà, di mestiere fa la guardia municipale e la madre, Maria Zarantonello, è ostetrica. Sono probabilmente le esigenze di lavoro a far sì che ben presto la famiglia lasci la pianura vicentina per trasferirsi a Recoaro Terme, ai piedi delle Piccole Dolomiti.

Fra queste montagne che, per storia geologia e conformazione, sono quasi un riassunto dei grandi massicci da cui derivano il nome, Gino scopre la sua vocazione per l’avventura e lo sport, sia in salita che in discesa.

Nello sci si dimostra un talento precoce. Partecipa come fondista ai campionati italiani del 1926, ma la sua tecnica non è ancora perfezionata e una brutta caduta ne compromette la prestazione. Per rifarsi dalla delusione si iscrive anche alle gare di salto, cui partecipa utilizzano gli unici sci che ha a disposizione: quelli da fondo!

Nel 1928 diventa guida alpina e, con il fratello Aldo, assume la gestione del rifugio situato al passo Campogrosso, nel cuore delle Piccole Dolomiti. Comincia così un’intensa fase di esplorazione di nuovi e difficili itinerari fra le montagne di casa. L’esperienza acquisita nella “palestra” delle Piccole viene messa a frutto anche fra i grandi massicci dolomitici, dove Soldà è in diretta competizione con i capicordata che si contendono le più prestigiose prime salite e ripetizioni.

Quando non è in parete Gino è sugli sci e anche lì si esprime a livelli altissimi. Nel 1932 gareggia come fondista alle Olimpiadi invernali di Lake Placid, ottenendo la miglior prestazione italiana in quell’edizione dei Giochi. Lui però non è soddisfatto: un errore nella scelta della sciolina gli impedisce di raggiungere il piazzamento sperato. Di quell’inconveniente farà tesoro: tornato a casa approfondirà l’arte di far scorrere gli sci sulla neve, avviando, nel 1934, la produzione delle apprezzatissime Scioline Soldà.

L’intensa attività atletica non gli impedisce di curare gli affetti e la vita familiare. Nel 1938 sposa Lena Trevisan, la sua compagna di tutta la vita, dalla quale avrà due figli: Evi e Manlio.

I primi Anni 40 vedono Gino ancora impegnato nelle sue salite alpinistiche e nell’attività di guida e maestro di sci, ma l’epilogo tragico della Seconda guerra mondiale presto lo chiamerà in montagna in altre vesti. Dopo l’8 settembre, infatti, l’alpinista Soldà entra in clandestinità e diviene il partigiano “Paolo”, impegnato in prima linea nella lotta di liberazione, sia nelle azioni di guerra con il battaglione “Tordo Valdagno”, sia nelle pericolose missioni con le quali contribuisce a far espatriare in Svizzera ebrei ricercati e soldati alleati fuggitivi.

Negli anni del dopoguerra lo scalatore di Recoaro è ancora in piena attività: prende parte alla spedizione al K2 del 1954 e continua ad aprire e ripeteregrandi vie di VI grado sulle Dolomiti. Il tempo però passa anche per uomini della sua tempra e, varcata la soglia dei 60, arriva il momento di smettere con la professione di guida alpina, ma non certo di rinunciare alle scalate o allo sci.

L’ultima giornata in parete Gino la vive alla bella età di 78 anni, sulle rocce delle sue amate Piccole Dolomiti, in cordata con il figlio Manlio e la nipote Giorgia.

La sua lunga avventura umana si conclude l’8 novembre del 1989 fra le pareti della sua casa di Recoaro.

L’alpinismo

Dopo qualche rocambolesca impresa da autodidatta, Gino Soldà viene introdotto all’arrampicata da un amico più esperto e, a soli 17 anni, si lancia in quella che egli stesso definì come “la via più pericolosa della mia vita“, ovvero la ripetizione invernale e solitaria dello spigolo del Baffelan, un itinerario non estremo, aperto dal Berti nel 1908, ma che lui affronta con un’attrezzatura quasi ridicola: calzoni corti e martello da falegname, usato più per scavare gradini nella neve che per piantare chiodi…

Con qualche miglioria all’equipaggiamento e un po’ di esperienza in più, il talento di Soldà comincia subito ad emergere: gli itinerari da lui aperti fra la fine degli Anni 20 e i primi 30 segnano l’ingresso del VI grado nelle Piccole Dolomiti. Ne sono un esempio la via salita con Franco Bertoldi alla parete sud della Sisilla o quella al Dito di Dio, una guglia di piccole dimensioni dove però Soldà è certo di aver affrontato il suo passaggio più difficile in assoluto.

Non trascorre molto tempo prima di vedere la sua firma suggellare la risoluzione di alcuni fra i più grandi problemi alpinistici dei Monti Pallidi. Il suo anno di grazia è il 1936. All’inizio del mese di agosto è in azione sulla nord della Cima Ovest di Lavaredo, dove, con Raffaele Carlesso, mette a segno la terza salita della via aperta solo un anno prima da Riccardo Cassin e Vittorio Ratti e già entrata nel mito dell’alpinismo dolomitico.

Qualche settimana dopo è di nuovo in parete. Questa volta l’obiettivo è la gigantesca nord del Sassolungo. Qui, legato al fido Bertoldi, realizza un capolavoro assoluto di coraggio e intuizione, una via estrema, non tanto per le difficoltà tecniche quanto per l’impegno complessivo richiesto e l’impossibilità di vie di fuga, come testimonierà con ammirazione Reinhold Messner che, nel 1969, ne effettuerà la prima ripetizione in solitaria.

A soli tre giorni di distanza dall’impresa sul Sassolungo Soldà è al cospetto della Marmolada. Nel 1929 la cordata guidata da Luigi Micheluzzi aveva salito la sud della Punta Penia, inaugurando il VI grado sulla Parete d’Argento. Ora gli occhi dei più forti sono puntati sull’intonsa sudovest, che promette difficoltà ancora maggiori. Ci hanno già messo mano Ettore Castiglioni e Bruno Detassis, arrivando con enormi difficoltà fino alla cengia mediana. Anche Emilio Comici probabilmente ci sta facendo più di un pensiero.

Soldà prende tutti in contropiede: attacca assieme a Umberto Conforto e sale letteralmente di corsa lungo la linea affrontata da Castiglioni e Detassis. Da lì i due proseguono fra gli strapiombi della parte superiore dove all’arrampicata libera estrema si affiancano passaggi complessi e precari da affrontare con chiodi e staffe. Dopo tre giorni di scalata sono finalmente fuori dal pilastro e dentro alla leggenda dell’alpinismo. La cosa che non sfugge all’occhio lungo della propaganda fascista: il Duce in persona vorrà stringere la mano a un poco entusiasta Soldà, consegnandogli la medaglia d’oro al valore atletico.

Nel dopoguerra Gino torna alle crode con la stessa passione e lo stesso talento degli anni giovanili, tanto che nel 1954, ormai quarantasettenne, viene chiamato a far parte della squadra della spedizione italiana al K2. Al momento della convocazione c’è qualcuno che storce il naso per la presenza di quel “vecchietto”, ma gli esiti degli allenamenti nel gruppo del Monte Rosa non lasciano dubbi: Soldà è uno dei più forti e portati anche per l’alta quota. Nonostante la poca affinità caratteriale con il capo spedizione Ardito Desio, quella sulla Grande Montagna è per lui una grande e bella avventura, nella quale riesce a dare un importante contributo, salendo e attrezzando la via fino alla Piramide Nera, a 7100 metri, poco sotto la Spalla.

A testimonianza di quanto fosse ancora “sul pezzo” il Soldà ormai cinquantenne, c’è anche un capolavoro del cinema di montagna: il film “Direttissima”, del 1960, di cui il vicentino è protagonista assieme al giovane scalatore tedesco Wulf Sheffler. L’opera documenta la loro ripetizione della via italo-svizzera sulla parete nord della Cima Ovest di Lavaredo, allora considerata una delle più difficili ascensioni dolomitiche.

Qualche anno dopo, nel 1963, Soldà firma la sua ultima salita di VI grado, ovviamente nel gruppo delle Piccole Dolomiti, aprendo con l’amico Hans Kraus una via sulla Torre dell’Emmele, dedicata al presidente americano John Fitzgerald Kennedy da poco scomparso.

Le principali salite nelle Alpi

  • 1932, Sengio della Sisilla, Via Diretta, prima via di VI della catena del Sengio Alto
  • 1933, Guglia Negrin, prima salita
  • 1933, Punta Sibele, parete est con Raffaele Carlesso e Maria Luisa Orsini
  • 1934, Dente del Sassolungo, prima salita della fessura della parete nordest
  • 1934, Ortles, via diretta della parete sudovest con G. Pirovano e due clienti
  • 1935, Dito di Dio, parere nordest, con Italo Soldà e L. Dal Lago
  • 1936, Prima Torre del Sassopiatto, parete nordest con Franco Bertoldi
  • 1936, Campanile Wessely, Gran Diedro della parete sudest con Franco Bertoldi
  • 1936, Cima Ovest di Lavaredo, Via Cassin-Ratti alla parete nord, terza salita assoluta con Raffaele Carlesso
  • 1936, Sassolungo, parete nord, prima salita con Franco Bertoldi
  • 1936, Marmolada di Punta Penia, parete sudovest, prima salita con Umberto Conforto
  • 1937, Monte Civetta – Torre di Babele, spigolo sud con Italo Soldà
  • 1937, Baffelan, spigolo nordest, con Italo Soldà
  • 1947, Piz Ciavazes, con Guido Pagani
  • 1959, Moiazza – Pala delle Masenade, prima salita con Hans Kraus

Curiosità

L’enorme attività alpinistica di Gino Soldà si svolse quasi esclusivamente in area dolomitica. Verrebbe da pensare che il grande scalatore di Recoaro non fosse portato per le grandi salite in stile occidentale. La prima ascensione della via diretta alla parete sudovest dell’Ortles, però, dimostra il contrario. Lui e Giuseppe Pirovano l’affrontarono con due clienti al seguito, salendo per 700 metri con difficoltà tutt’altro che banali su ghiaccio e misto e passaggi impegnativi in libera e artificiale.

D’altra parte lo stesso Soldà sosteneva che scalare su ghiaccio non fosse poi tanto diverso dall’affrontare le salite sulla roccia instabile e le zolle d’erba delle Piccole Dolomiti, dove aveva fatto il proprio apprendistato: “È tutta una questione di equilibrio!”.

Nel 2022 è uscito il docu-film  “Gino Soldà – Una vita straordinaria”, scritto e diretto da Giorgia Lorenzato e Manuel Zarpellon, con tra i protagonisti Simone Moro e Simon Messner

Libri

  • Ascensioni con Gino Soldà, Tamari, 1980
  • Gino Soldà e il suo tempo, Cierre, 2008
  • Gino Soldà – Dalle Piccole Dolomiti al K2, Nuovi Sentieri, 2011

Film

  • Direttissima, Regia di Lothar Brandler, Italia, 1960, 24′
  • Gino Soldà – Una vita straordinaria, Regia di: Giorgia Lorenzato e Manuel Zarpellon, Italia, 90′, 2022

[Gino Soldà] non si aggrappa alla roccia ma la sfiora, la tocca appena con la punta delle dita, con la punta dei piedi. Senza esitazioni ma senza scatti, sembra che egli non salga tanto i suoi movimenti non mostrano sforzo alcuno. Superiorità del suo stile!

Gaston Rébuffat

 

Articolo pubblicato il 24 marzo 2021; aggiornato dalla redazione di montagna.tv il 6 marzo 2024.

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2 Commenti

  1. In tema di CELEBRITA’ anche al giorno d’oggi ci sono gli alpinisti telegenici sempre invitati ed altri mai. Non ricordo grandi interviste su reti nazionali a Cesare Maestri…quando ancorale sue condizioni di salute avrebbero permesso. Per fortuna di molti alpinisti si sono incaricatele tv reti locali.
    Qunto alle scioline ci sono ancora e si stann oaddentrando come tante altre ditte nel settore NATURALE ECOLOGICO .
    NE HO ANCORA DI ARGENTATA PER DISCESA in scatoletta di cartone anni 70, abbastanza consumata, una mano santa quandosi formava lo zoccolo.

  2. Soldà ha pensato e salito delle fantastiche vie, scalando spesso ai massimi livelli del suo tempo.
    Oggi le sue grandi vie vengono ripetute pochissimo, sono tutte valutabili fra il TD e l’ED, ma bisogna sapersi arrangiare ancora in tutto, c’è poca roba.
    Quelle facilmente accessibili sono state quasi tutte addomesticate bucherellando o quasi.
    Gli piaceva vagabondare in montagna e direi “mai senza tanto pepe” !

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