Addio Sylvain Saudan, lo sciatore dell’impossibile
Considerato l’inventore dello sci estremo, Saudan si è spento a 87 anni nella sua casa di Les Houches. Negli anni ’60 e ’70, affrontava pendenze ritenute impossibili sulle grandi pareti delle Alpi. Nel 1982 fu il primo a scendere da un Ottomila con gli sci

55 non è solo un numero. Se ci si aggiunge il simbolo °, quello dei gradi di pendenza, diventa un vero e proprio stile di vita. Sylvain Saudain è il padre di questo stile di vita. Lui che già a inizio degli anni 60 del secolo scorso sciava couloir a 45° con sci dritti e uno stile inconfondibile. Lui che pochi anni dopo sciava per la prima volta il Couloir del Rothorn, la nord del Piz Cortvatsch, il Whymper all’Aiguille Verte. Lui che, in breve tempo è passato dai 45 ai 55. Gradi, naturalmente.
“Mi chiedevo perché mai non avremmo dovuto sciare i pendii che fino a quel momento erano riservati agli alpinisti”, diceva nel film La Verte, une histoire de pente raide.
Nel ’69 scia il Canalone Marinelli sulla Est Monte Rosa, oggi frequentato da tanti sciatori sognanti che tentano di ripercorrere le sue tracce. L’anno dopo tocca alla montagna simbolo di casa sua, la Svizzera. Così Sylvain si fa depositare dall’elicottero in cima all’Eiger. I suoi sci pennellano leggeri e precisi la parete ovest per la prima volta.
“Bisogna imparare a conoscersi senza sopravvalutarsi o sottovalutarsi. Ho domato le difficoltà aumentandole nel tempo. Mi hanno dato fiducia. L’apprensione esiste, l’ho provata soprattutto prima della prima curva, ma non c’è spazio per la paura. Se hai paura, è finita”, racconta in una delle tante interviste.
Intanto, lo sciatore dell’impossibile, si prepara per gli ottomila metri. Ed è scendendo il Gasherbrum I che, nel 1982, diventa il primo uomo a compiere una discesa integrale con gli sci di un ottomila. Sylvain apre ufficialmente un nuovo capitolo dello sci estremo.
“Ha ispirato l’intero mondo dello sci e ha scritto una grande parte della storia degli ultimi decenni. Tutti noi gli dobbiamo tanto”, scrive in una nota Jeremie Heitz.
La scorsa domenica, all’età di 87 anni Saudan è deceduto nella sua casa di Les Houches. Il patrimonio di prime discese che lascia è inestimabile, un tesoro preziose di linee mistiche e irriverenti.
Chiunque ami lo sci ripido gli deve qualcosa, come Ettore Personettaz, uno che di vita a 55° ne sa qualcosa. Anche se con un attrezzo diverso (la splitboard) ha sceso varie linee di ripido, come la parete Nord della Grivola. “C’è una frase del grande Saudan che mi ripeto spesso nelle mie discese. Lui diceva che ogni traccia ha qualcosa di unico e irripetibile, racconta chi sei. Ecco, per me, l’estremo e il freeride hanno sempre rappresentato quella ricerca di una linea estetica e continua, quella ricerca di una traccia personale tanto sognata. Saudan a tutti noi ha insegnato a sognare la propria linea personale e poi a studiarla e realizzarla. Con consapevolezza e passione”.
Giuliano Bordoni è autore di alcune prime di ripido nel Gruppo Ortles-Cevedale oltre che un freerider instancabile e eccentrico: “se uno si allena a sciare sui sassi o è scemo o è un curioso, visionario, avventuriero, un animo estroso. Ecco, io avevo in quei cassetti dimenticati della memoria, un’immagine di uno sciatore che sciava sui sassi. Nella mia testa era stata seminata quell’idea che con sci potevi sciare ovunque. La libertà aveva preso nuovi spazi. Quell’idea, scoprii solo molti anni dopo che a installarla era stato Saudan”.