Ambiente

Microplastiche a quota Ottomila. La salute dell’Everest sempre più a rischio

Anche sull’Everest piovono microplastiche. La notizia, che giunge da un team di ricercatori del National Geographic, non sorprende poi molto. Si tratta piuttosto della conferma di un timore che, tra gli scienziati ma non solo, ha preso piede dopo che la presenza dei microscopici frammenti plastici è stata osservata negli ultimi anni a quote sempre più elevate, sulle Alpi, sui Pirenei e sulle Montagne Rocciose. Persino i ghiacci artici hanno dimostrato di non essere immuni all’inquinamento plastico, a causa della facilità di trasporto da parte del vento e delle correnti oceaniche di tali minuscoli residui a centinaia di chilometri di distanza dal punto di dispersione nell’ambiente.

Everest, una montagna dalla salute cagionevole

L’Everest dal canto suo è stato definito negli ultimi anni la discarica più alta del mondo, a seguito dell’accumularsi di rifiuti abbandonati nel corso dei decenni di spedizioni. Parte dei quali, con sacrificio e fatica, vengono annualmente portati a valle da campagne di pulizia avviate sui versanti nepalese e cinese. Il rinvenimento di microplastiche fino a una quota di 8400 metri, all’altezza del cosiddetto The Balcony per intenderci, non fa che peggiorare la valutazione dello “stato di salute” del Tetto del Mondo. Che risulta decisamente cagionevole.

La scoperta delle microplastiche

Il team multidisciplinare del National Geographic, composto da oltre 30 scienziati, si è recato tra aprile e giugno 2019 nella valle del Khumbu, in Nepal, per condurre molteplici studi volti ad analizzare gli effetti del cambiamento climatico e delle azioni umane sull’Everest. Sono state pertanto installate 5 stazioni meteo e raccolti a quote crescenti campioni di roccia, acqua, neve e ghiaccio.

Nel maggio 2019 il glaciologo Mariusz Potocki della University of Maine si trovava in prossimità dell’area del The Balcony, speranzoso di poter raggiungere la vetta, nonostante le code che tutti ricorderete, per raccogliere una carota di ghiaccio da record a quota 8848 m. Ma alla fine il glaciologo e il suo team hanno desistito dall’attendere il proprio turno. Cambiando programma, con intenzione di raccogliere la carota glaciale più alta del mondo al Colle Sud (7906 m), hanno ben pensato di approfittare della loro posizione per campionare un po’ di neve a quota 8400 m.

Le successive analisi su tale campione e altri dieci raccolti tra il campo base e The Balcony hanno evidenziato la presenza delle temute microfibre plastiche. In concentrazioni decrescenti con l’aumentare della quota, da 79 per litro al CB a 12 per litro a 8400 metri.

Come sono arrivate le microplastiche a 8400 m?

Secondo gli scienziati la presenza di queste piccole fibre è in parte dovuta ai venti, in parte al passaggio degli alpinisti. Le microplastiche originano infatti soprattutto dall’abbigliamento sintetico. Secondo studi scientifici un grammo di tessuto sintetico è in grado di rilasciare 400 minuscole fibre ogni 20 minuti di utilizzo.

In termini di materiale, i frammenti rinvenuti sull’Everest risultano essere composti di poliestere, acrilico, nylon e polipropilene. Esattamente le materie prime di cui si compongono gli indumenti outdoor. A confermare il legame tra alpinismo e inquinamento è proprio l’aumento della concentrazione in punti corrispondenti ai campi utilizzati in salita.

Khumbu Valley plastic free. Ma non basta!

C’è da dire che passi avanti ne sono stati fatti nella Khumbu Valley. La plastica monouso è stata bandita di recente, gli alpinisti sono tenuti a riportare a valle i rifiuti e le campagne di pulizia sono sempre più numerose ed efficienti. Ma il mondo della scienza lancia l’allarme: non basta per arrestare l’accumulo di microplastiche. Che, come anticipato, vengono rilasciate dagli alpinisti in cammino senza rendersene conto e si muovono nei venti, letteralmente piovendo sul Tetto del Mondo, trasportate da ben lontano.

Il destino di tali minuscoli residui è che, non essendo facili da allontanare dalla montagna come nel caso di grandi rifiuti in materiale plastico, scivolino progressivamente verso valle nelle acque del Dudh Kosi, il fiume che raccoglie le acque di fusione dei ghiacciai dell’Everest e fornisce sostentamento idrico alla regione del Nepal orientale.

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Un commento

  1. ma volete capire il problema non sono le plastiche o le microplastiche ma il co2. Per fortuna che esiste il monouso in plastica. Sicuro e meno inquinante del vetro e l’alluminio, perchè non lo dite?
    Mi piacerebbe un confronto con quelle comunità montane che per “green wasching” decidono di essere plastic free. Avete mai sentito parlare di carbon foot print? No? azz..

    Ciao da un amante della montagna e della natura ma realista.

    Paolo

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