Gente di montagna

In ricordo di Bojan Petrov

Il 7 febbraio 1973 nasceva il grande alpinista bulgaro che riuscì a salire ben 10 Ottomila senza ossigeno prima di scomparire sullo Shisha Pangma nel 2018. Ripercorriamo i giorni del drammatico epilogo della sua carriera

Martedì 15 maggio 2018 è stato l’ultimo giorno di ricerche di Boyan Petrov, scomparso da giorni sullo Shisha Pangma. Nessun corpo o indizio del suo passaggio è stato trovato durante le perlustrazioni da parte dei soccorritori così, al termine della giornata, è stata presa la decisione di interrompere la ricerca. Poi l’ulteriore annuncio ufficiale: Bojan rimarrà per sempre sulla montagna.

La moglie di Petrov, Radoslava Nenova, aveva in precedenza espresso la volontà che le ricerche proseguissero solamente al di sotto del C3 dove le chance di ritrovare il marito ancora in vita erano ancora presenti, seppur ridotte, e la vita dei soccorritori non sarebbe stata a rischio.
Prima del sopraggiungere del maltempo un gruppo di soccorritori cinesi e sherpa nepalesi aveva raggiunto la vetta senza però trovare tracce del passaggio dell’alpinista bulgaro. Un ulteriore gruppo di alpinisti ha battuto tutta la zona dal Campo base al C1, anche in questo caso senza risultati. Poi la decisione di sospendere definitivamente le ricerche.

Il tentativo di Petrov allo Shisha Pangma era iniziato il 29 aprile. L’ultimo avvistamento risaliva al 3 maggio, quando da C3 si preparava per un tentativo di vetta in solitaria. Una delle ipotesi sulla scomparsa, come confermato da Kiril Petkov, tra i numerosi partecipanti alle spedizioni di ricerca, è che Boyan possa essere caduto in un crepaccio tra C3 e la vetta.
Con 10 Ottomila all’attivo, Boyan era un alpinista di grande esperienza. Tra le sue imprese va certamente ricordato il trittico Kangchenjunga (20 maggio), Broad Peak (23 luglio) e K2 (31 luglio) realizzato nel 2014 in meno di 100 giorni, di cui Broad Peak e K2 in appena 8 giorni. Nel 2016 invece lo zoologo bulgaro si è reso protagonista di un altro affascinante trittico toccando la vetta di Annapurna I, Makalu e Nanga Parbat.

Da sottolineare infine come tutte le ascensioni siano state realizzate senza l’uso di ossigeno ausiliario o di accompagnatori d’alta quota, pur avendo bisogno di una particolare attenzione alla salute per il fatto di essere diabetico.

Articolo già pubblicato, aggiornato dalla redazione di Montagna.tv il 5 febbraio 2025

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3 Commenti

  1. onore a un gigante della resilienza, a un umile e grande professionista, benvoluto e stimato da tutto il mondo alpinistico.

    Dispiace tantissimo
    addio Boyan

  2. Ci tengo a precisare che Boyan era diabetico di Tipo 1, quindi insulinodipendente, il che richiede molto di più di “una particolare attenzione alla salute”, soprattutto in condizioni estreme come quelle di un 8000! Ad un continuo e perfetto autocontrollo dei valori glicemici, e ad una costante attenzione ai dosaggi insulinici ed all’alimentazione si aggiungono, a quelle quote, problematiche ormonali legate all’ipossia ed alla difficoltà di dormire, ambientali dovute alle basse temperature che rischiano di far congelare l’insulina da iniettarsi.
    Se n’è andato un eroe umile e dalle spiccate doti umane, un esempio per tutti noi diabetici e per il mondo dell’alpinismo in generale!
    Ciao Boyan, riposa in pace nel cuore delle tue amate montagne!
    Resterai sempre nel cuore di chi ti ha conosciuto.

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