Da Polenza: la vita vale ogni sforzo
ISLMABAD, Pakistan — Ashraf Anman è l’alpinista più noto in Pakistan. Nel 1977 è stato il primo pakistano a mettere piede sulla cima del K2. Un "eroe" della patria. E’ da 20 anni un sincero amico, un discreto organizzatore della logitica delle spedizioni alpinistiche in Karakorum con il quale continuo a colaborare. Ieri era costernato.
Ma alla Askary gli hanno chiesto prima di ogni cosa i soldi, in contanti. Altrimenti nulla, nemmeno discuterne. Certo è stato così anche i giorni scorsi e lui ha fatto fronte, per consentire al compagno di Carlosche che era sceso dalla montagna per dare l’allarme, di andare a vedere con l’elicottero il suo ompagno. Certo Ashraf ha avuto garanzie, anche se solo a voce , per telefono, dagli amici spagnoli del ragazzo che tutto sarebbe stato poi pagato, ha informato l’ambasciata di Spagna, che ora interverrà…
Ma son passati ormai sei giorni. Tutti sanno che la tempestività nell’emergenza salva la vita. Altrimenti che accidente di emergenza sarebbe. Generosi gli alpinisti spagnoli che sono partiti da Madrid e sono arrivati a Islamabad stamani. Sono già a Skardu con Ashraf, ma sono probabilmente in ritardo.
Ero sul Baltoro il 6 e il 10 agosto. Ero con la mia compagna Stefania a Korofon, alla fronte del ghiacciaio Biafo. Carlos Javierre stava a qualche migliaio di metri da noi, lassù a 6500 metri sullo spigolo dal Latok. Una montagna molto bella e difficile che svettava in quei giorni nel cielo cobalto del Karakorum. Abbiamo visto un paio di elicotteri andare a venire sopra di noi. Speravo fossero le solite perlustrazioni militari. Poi a Skardu abbiamo saputo.
Ieri ero con Ashraf che mi ha raccontatto i fatti. Il fiato sospeso, come lassù c’è una vita sospesa. Quella di un ragazzo spagnolo. Un lumicino di speranza di risportarlo a casa…Un colossale atto di fede nella vita da parte degli alpinisti spagnoli che lo vogliono aiutare.
C’è anche Sebatian Alvaro a Skardu, il giornalista alpinista della televisione spagnola che da venti anni conduce la più seguita trasmissione di avventura "Sul filo dell’impossibile". Nessun dubbio sulla necessità di intervenire. Lo scorso anno il re Juan Carlos, ha insignito di una alta onoreficenza i componenti della squadra nternazionale che si era prodigata per tentare di salvare un altro ragazzo forte, bravo e simpatico dell’alpinismo ellenico: Inaki Ochoa, morto sulla parete sud dell’Annapurna. Nessun dubbio, la vita vale ogni sforzo.
Mi viene rabbia nel pensare al conformismo idiota e alle becere polemiche (per fortuna di pochi e circoscritti, anche se amplificate dai megafoni mediatico-ideologici) che hanno seguito i soccorsi sul Nanga Parbat dpo l’incidente che lo scorso anno costò la vita al migliore degli alpinisti italiani in attività, Karl Unterkircher. E dell’assistenza prestata, subito dopo, a Marco Confortola sul K2.
Buona furtuna Carlos. In ogni caso.