Gente di montagna

Enzo Cozzolino

Ritratto del fortissimo arrampicatore triestino, uomo del VII grado, delle grandi solitarie e del rifiuto dell’uso del chiodo per progredire, sostituito da grande tecnica e meticoloso allenamento. Cadde a soli 24 sulla Torre di Babele

Dico che il chiodo ad espansione elimina la componente essenziale dell’alpinismo, cioè l’incognita e il rischio.

Enzo Cozzolino

Sarà l’aria che scende dalle Dolomiti a rendere Trieste culla di grandi alpinisti, due in particolare: Emilio Comici nel 1901 e il suo degno successore Vincenzo Cozzolino. Nato il 28 giugno 1948 in una famiglia della media borghesia, Enzo scopre l’arrampicata a 17 anni nella vicina Val Rosandra. Salendo la via più dura della valle, ossia la Junior, gli vengono spalancate le porte della sezione del CAI XXX Ottobre di Trieste.

Stile ed etica

Tenacia, struttura forte, mento e dentatura pronunciata sono il motivo del suo soprannome riferito ad un pesce marino: “Il Grongo”.

Conferma fin da subito queste caratteristiche passando tre giorni sulla Videsott-Rittler-Rudatis sullo spigolo Ovest della Busazza nell’inverno 1968. Sempre a 19 anni apre una via sulla Giralba Alta, la prima delle 14 che aprirà nella sua carriera, nello stile che perseguirà per tutta la vita.

Infatti, Cozzolino aspira alla libertà nell’arrampicata costruendo una ferrea e moderna etica. Rifiuta il chiodo come mezzo di progressione e lo sostituisce con una miglior preparazione tecnica e fisica. E’ metodico nell’allenamento, con tanto di sbarra e pesi, e introduce l’uso sistematico della magnesite e delle scarpe da ginnastica nell’arrampicata al posto dello scarpone rigido. I segni bianchi sulla roccia laddove gli altri tirano i chiodi sono la firma del suo passaggio. La sua palestra preferita sono le pareti sulla vicina Strada Napoleonica dove inventa traversi e nuovi itinerari. Nel 2014 il Comune di Trieste dedica a Cozzolino il belvedere su questa strada, rendendo indelebili i segni del suo passaggio.

Nel 1970, con Luciano Corsi, mette a segno due nuove prime salite di spessore: sulla Sud della Punta Chiggiato nel massiccio dell’Antelao, 1000m in 12 ore, e sulla parete Ovest dell’Agner Nord.

Quest’ultimo è per lui una montagna tanto speciale da ripetere molte delle sue vie più celebri; come il lunghissimo spigolo Nord, la Jori, la Gilberti, la De Col e il Canalone Ovest. Sempre nel 1970 apre una nuova via sulla sua parete Nord con il giornalista e scrittore Paolo Rumiz che affermò: “Era teso alla purezza geometrica, euclidea della linea di salita. Faceva tutto lui, e ti stroncava con il suo ritmo: credo che avrebbe potuto prendere per compagno anche un sacco di patate”. Per questo suo attaccamento, nel 1974, venne costruito un bivacco alla base dello spigolo Nord dell’Agner, a 1560 metri di quota, dandogli il suo nome.

Il VII grado

La sua cura del gesto atletico, che lo porta a scalare pulito e leggero, non può restare nei confini della scala di difficoltà Welzenbach allora in uso. Enzo si spinge oltre il VI grado inaugurando la stagione del VII grado. Con Armando Bernardin, il 22 e 23 settembre 1970, sfiora questa difficoltà salendo gli 800 metri dell’evidente diedro del Piccolo Mangart di Coritenza con solo 10 chiodi.

In pochi anni ripete le vie più celebri e difficili delle Dolomiti come la Pisoni alla Cima Scotoni, lo Spigolo Dayer alla Madre dei Camosci, la Solleder al Sass Maor e la Buhl alla Cima Canali.

Per i suoi meriti alpinistici nel 1970 riceve il Premio Panathlon Sport e Studio.

Si mette in gioco scalando in libera anche i tratti che vennero aperti in artificiale e la sua leggerezza gli permette di essere veloce ed efficace; come dimostra il suo concatenamento in giornata della Pompanin-Alverà e della Costantini-Apollonio nelle Tofane.

Cozzolino mette a segno le salite che respinsero i grandi del suo tempo, aprendo una nuova via sulla Ovest della Terza Sorella del Sorapiss, tentata da Livanos, e un’altra sulla Ovest della Busazza. Nell’inverno del 1971, su questa parete, che respinse perfino Armando Aste, Enzo apre un itinerario di 1000 metri, con 8 chiodi, fino al VI+, in meno di 11 ore di corsa verticale con Adelchi Casale.

La via dei fachiri

L’inverno successivo, il 14 e 15 gennaio 1972, realizza con Flavio Ghio uno dei suoi capolavori di difficoltà e coraggio: la Via dei fachiri sulla Cima Scotoni. Una dozzina di chiodi, qualche cuneo e pochi viveri per percorrere 450 metri di scalata sostenuta lungo un percorso di grande intuito.

Partendo da questa via il regista Giorgio Gregorio realizzò nel 2011 un lungometraggio sull’alpinista triestino dal titolo: “Fachiri – Echi verticali

Dopo questa salita presta servizio militare a Siracusa ma il richiamo della montagna è troppo grande e, dopo qualche mese, riesce a farsi trasferire nel Gruppo Alpino dei Rocciatori di Moena.

Le solitarie

Trova la massima espressione di libertà salendo senza corda itinerari di ampio respiro. In questo stile ripete la Tissi alla Torre Venezia, la Hasse-Brandler alla Cima Grande di Lavaredo e la Comici alla Cima d’Auronzo. Si spinge al massimo nella prima solitaria invernale della Pisoni-Stenico alla Torre del Lago.

Tra le oltre 50 vie percorse in solitaria molte sono anche fuori dalle Dolomiti e su terreno di ghiaccio e misto, nel 1971 scala: Grossglockner, Gran Zebrù, Piz Palù, Presanella, Tour Ronde, Lyskam e Mont Blanc du Tacul.

Pur amante delle solitarie, Enzo è circondato da tanti amici fidati e si fidanza con la triestina Tiziana Weiss, forte scalatrice che, tra le molte salite, realizzò la prima invernale della Castiglioni-Detassis al Sass Maor.

Il 18 giugno 1972 lui e Mario Zandonella stanno salendo slegati lungo la Soldà alla Torre di Babele quando il cedimento di un appiglio gli è fatale. Enzo Cozzolino, il “Grongo”, a soli 24 anni, lascia un grande vuoto nel mondo alpinistico e, in particolare, nella città di Trieste della quale era anima e pilastro portante.

Libri

Enzo Cozzolino. Dall’alpinista all’uomo. Monografia in 5 parti edita dal CAI Trieste

Film

Fachiri – Echi Verticali, regia di Giorgio Gregorio, 2011

Sono rimasto stupefatto nel vedere lo stile di Cozzolino, come sale leggero, sicuro, su pur minimi appigli. Dove altri hanno tentato con chiodi a espansione, lui è passato in libera

Reinhold Messner

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