Turismo

Cibiana, il borgo dei muri che parlano

Oltre 60 murales dipinti sulle facciate delle case del paese cadorino raccontano storie vissute dagli abitanti del luogo. E trasmettono emozioni

C’è un piccolo paese del Cadore, alle falde del monte Rite, quasi nascosto alla vista di chi transita sulla Strada 51 di Alemagna diretto verso Cortina. Si distende  in una valle laterale rispetto a quella del torrente Boite. Sono solo pochi chilometri dalla trafficata direttrice principale, ma pare di entrare in un altro mondo.

E’ Cibiana di Cadore, ufficialmente 322 abitanti. Un tempo erano molti di più, ma le ripetute ondate migratorie li hanno portati altrove nel mondo, con alterne fortune. Oggi Cibiana ha riguadagnato una certa notorietà per essere “il paese che dipinge la sua storia”.  I suoi muri sono le tele di un museo a cielo aperto. Passeggiando nelle sue strette vie e nelle piazzettesi incontrano oltre 60 murales. Tante opere che insieme diventano un racconto illustrato scritto sui muri, sin qui da centoventi mani di artisti italiani e stranieri, ma  ogni anno se ne aggiungono di nuove. “Non sono una semplice decorazione”,  spiega Osvaldo Da Col, 83 anni, innamorato del suo paese, promotore quarant’anni fa dell’idea dei murales. “Fin da subito decidemmo di legare i dipinti alla storia della casa sul muro della quale venivano eseguiti, lasciando però all‘artista la libertà di esprimersi con il suo stile personale”.

Le atmosfere dei racconti illustrati sui muri non intendono celebrare qualche personaggio di spicco, ma vogliono trasmettere alle attuali e future generazioni il ricordo delle vicissitudini del paese, attraverso la quotidianità dei mestieri antichi, gli svaghi di un tempo, ma anche la tragedia degli eventi devastanti come gli incendi e l’emigrazione.

Cibiana ha una storia millenaria. Forse qui, in quello che dovette essere stato un luogo molto selvaggio e di difficile penetrazione, pochi nuclei famigliari trovarono rifugio verso il V-VI secolo d. C. per fuggire alle incursioni barbariche. Quello che è certo è che attorno al 1200 Cibiana aveva già una chiesa e poco più tardi venne redatto il primo documento scritto, un laudo, una sorta di delibera, tuttora conservato in Comune. Fu il ferro la fortuna del paese. Grazie anche alle  miniere di Ronzei e Vallinferna dalle quali veniva estratto un pregiato minerale che avrebbe dato origine a un artigianato del ferro di qualità. Nel XVIII secolo la produzione della chiave forgiata si affermò in maniera notevole e la lavorazione del ferro proseguì anche dopo la chiusura, per esaurimento, delle minere a metà del ‘900. La produzione di chiavi continua ancora oggi con l’azienda Errebi, leader europeo del settore.

Ma è stata l’emigrazione a segnare profondamente il destino del paese. Le prime partenze verso le Americhe, sia del Nord che del Sud. Un movimento che prese una piega irreversibile dopo la Seconda guerra mondiale. Anche Osvaldo Da Col è stato per tanti anni emigrante in Germania. “Partivo con le lacrime agli occhi e un soffocante magone. Per anni ho sognato di ritornare e rimanerci per sempre. Quando ciò accadde il sindaco mi chiese di pensare a qualche iniziativa che richiamasse turisti a Cibiana per dare impulso all’economia del paese. Avevo visto Oberammergau in Baviera, un paese bellissimo dove quasi tutte le case sono dipinte con soggetti religiosi. Conoscevo i murales messicani del grande Diego Rivera. E così proposi la realizzazione di dipinti murali ispirati alla vita del mio paese coinvolgendo il caro amico Vico Calabró”.

L’idea nata da un emigrante di ritorno che intendeva rivitalizzare il suo paese

Passeggiare per Cibiana oggi significa leggere, attraverso quei dipinti, la vita di chi quelle contrade un tempo ha animato. Momenti felici e spensierati come i filó in casa di Pascal, la vita di ogni giorno, i tronchi trainati a valle con la slitta, i scarpete che le donne confezionavano magistralmente, zoccoli e gerle. E ancora la camera dello scultore Tita, dipinta da Loreno Viola che si ispirò senza dubbio alla camera di Van Gogh ad Arles, la tragedia di Franco, che ha perso la vita per amore delle sue montagne, la transumanza, l‘emigrazione con i suoi drammi.

“Raccontati in questo modo gli eventi dipinti sui muri delle vecchie case cibianesi assumono anche il valore di una cronaca”, osserva Osvaldo Da Col, che sull’argomento ha scritto un libro di prossima pubblicazione, I autzelute de Tzobiana Cronache minime di umili genti, ampiamente illustrato. “Non si vede solo l‘espressione artistica del maestro che lo ha realizzato”, conclude, “ma si percepisce il respiro angosciato di chi ha patito la situazione raffigurata, oppure ha la felicità di chi ha vissuto un momento esaltante”.
Non solo parlano, quei muri. Ma ridono, piangono, si emozionano. Vivono.

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