AlpinismoGente di montagna

Andrew Irvine

“L’esperimento della spedizione è il signor Irvine… I suoi precedenti a Spitsbergen l’anno scorso e il suo fisico davvero notevole, per non parlare della sua reputazione di tuttofare generale, giustificano l’esperimento che stiamo facendo esponendo uno dei suoi teneri anni ai rigori del viaggio tibetano. Non nutriamo timori per questo motivo”

Geoffrey Bruce

Mallory e Irvine. E Irvine. Come se quest’ultimo fosse un’appendice del celebre George Leigh Mallory, carismatico alpinista e docente britannico, primo uomo a toccare quota 8000 metri nel 1922. Tanto che a lui sono stati dedicati centinaia di libri e film, mentre viene ricordato molto meno Andrew Irvine (per familiari e amici “Sandy”). Chi è, dunque, questo giovane destinato a perdere la propria vita insieme a Mallory l’8 giugno del 1924, a soli 23 anni, nella terza spedizione inglese per la conquista del Monte Everest? Se guardiamo la foto della loro squadra, notiamo che è alto e robusto, coi capelli biondi e lineamenti morbidi. Dimostra qualche anno in più di quelli che ha, ma rispetto agli altri componenti dell’impresa guidata dal capitano Norton, in realtà abbassa l’età media di 14 anni.

La vita e l’alpinismo

Andrew Irvine proviene da una famiglia benestante di Birkenhead, città dell’Inghilterra occidentale a due passi da Liverpool. Secondo di cinque fratelli, viene da loro descritto come un po’ vanitoso e “something of a dandy“. Uno che piace alle donne, insomma: non a caso, dopo la sua scomparsa sull’Everest, diverse ragazze reclamano di essere sue fidanzate.

Brillante studente di ingegneria, è in licenza di due mesi dal Merton College di Oxford. Rispetto ai fratelli, più intellettuali, “Sandy” è un tipo pratico: non spicca nelle materie teoriche, ma se si tratta di aggiustare qualcosa sa il fatto suo. Dimostra il suo talento per la meccanica anche nella spedizione all’Everest, riparando ad esempio i fornelli di campo o le macchine fotografiche, spesso con materiale di fortuna. In particolare, apportando una semplice ma geniale modifica agli apparati di erogazione dell’ossigeno, alleggerisce notevolmente i carichi con cui scalano: capovolgendo le bombole, riesce ad eliminare valvole ausiliarie e pesi inutili.

Campione di canottaggio nelle gare universitarie, pratica sci (per come scende viene soprannominato Human Avalanche) e arrampicata.

La sua esperienza alpinistica, però, è molto scarsa: oltre a qualche cimetta nell’arcipelago delle Svalbard e nel Galles del Nord, non ha scalato granché. Nel 1923, però, partecipando ad una missione scientifica ed esplorativa a Spitzbergen, nel Mar Glaciale Artico, si dimostra affidabile, altruista e intraprendente. Tanto da essere raccomandato dal geologo e alpinista Noël Odell per la spedizione sull’Everest, di cui diventa ben presto la mascotte. Addirittura, secondo il generale Geoffrey Bruce, Irvine è il nostro splendido esperimento“: il fatto che una persona così giovane affronti i rigori del viaggio e dell’altitudine viene giustificato, quindi, in forza “della spedizione precedente a Spitzbergen e del suo fisico davvero notevole, per non parlare della sua reputazione di tuttofare universale”.

Lo scrive anche Mallory all’amico Geoffrey Winthrop Young: “Irvine rappresenta il nostro tentativo di ottenere un superuomo, nonostante la mancanza di esperienza”. Quel che sappiamo è che per la riuscita dell’impresa è fondamentale che gli apparati di erogazione dell’ossigeno, spesso capricciosi, funzionino a dovere. Mallory ha assistito al fallimento di due tentativi proprio per l’assenza di ossigeno, dunque può essere che voglia così assicurarsi il successo della spedizione a tutti i costi.

Gli alpinisti, guidati dal capitano Norton, piazzano a 8168 m un campo. Da qui Mallory e Irvine partono per tentare la vetta, l’8 giugno del 1924. Probabilmente, però, a causa dei problemi ai respiratori, lasciano in ritardo il campo VI. L’amico Noël Odell, che li osserva dal campo V, li vede tra i salti rocciosi della cresta, sui nevai. La cima è vicina, ma per una bufera scompaiono nelle nuvole. Da qui in poi, di loro non si saprà più nulla. E in quelle nuvole rimarrà avvolto fino ad oggi il mistero della loro morte, insieme alla domanda che, da allora, tormenta il mondo dell’alpinismo: sono riusciti a raggiungere gli 8848 metri dell’Everest? O i primi sono stati, 29 anni dopo, il neozelandese Edmund Hillary e lo sherpa Tenzing Norgay?

Il 1° maggio 1999, sotto la cresta Nord Est, a circa 8230 metri di quota viene recuperato il corpo di Mallory. Ma le domande restano aperte. Non è mai stato ritrovato, invece, quello di Irvine. Nella macchina fotografica Kodak Vest Pocket, che aveva con sé, probabilmente sono contenute alcune risposte.

Libri

  • La seconda morte di Mallory, Reinhold Messner, Bollati Boringhieri, 2013
  • Scomparsi sull’Everest, Peter Firstbrook, Il Saggiatore, 2010
  • The Irvine Diaries. Andrew Irvine and the Enigma of Everest 1924, Herbert Carr, Gastons-West Col Publications, 1979

“Ripenso agli enormi sforzi e alla stanchezza e al triste guardare fuori dalla porta di una tenda su un triste mondo di neve e speranze che svaniscono – e tuttavia, eppure, eppure ci sono state molte cose buone da mettere dall’altra parte”.

George Mallory

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