AlpinismoAlta quota

Un altro mistero dell’Everest. Il corpo di Irvine è stato rimosso?

Nel 1924 George Mallory e Andrew Irvine, scomparvero durante un tentativo sul Tetto del mondo. E’ possibile che ce l’abbiano fatta? Per saperlo, bisognerebbe trovare il corpo e la piccola Kodak di Irvine. Che forse sono stati rimossi dai cinesi

Tra due mesi e mezzo, in tutto il mondo, gli appassionati di montagna ricorderanno una delle tragedie più note della storia dell’alpinismo. L’8 giugno del 1924, esattamente un secolo fa, gli alpinisti inglesi George Mallory e Andrew Irvine lasciarono la loro tenda a 8370 metri di quota, e partirono verso la cima dell’Everest.

Furono visti per l’ultima volta da Noel Odell, un compagno di spedizione che osservava da parecchie centinaia di metri più in basso. Non tornarono indietro, e che Mallory e Irvine fossero morti fu chiaro fin dal mattino seguente. Sopravvivere a un bivacco all’aperto, con l’abbigliamento del tempo, era assolutamente impensabile. Restava un mistero, e non piccolo. I due alpinisti avevano raggiunto gli 8848 metri della cima?

Nel 1933, durante un’altra spedizione britannica, Lawrence Wager e Percy Wyn Harris trovano una delle piccozze dei due alpinisti scomparsi. Nel 1953, subito dopo essere arrivato sulla vetta insieme a Tenzing, Edmund Hillary si guarda intorno in cerca di tracce di passaggio. Nel 1975, durante una spedizione cinese che sale l’Everest dal versante tibetano, uno degli alpinisti, Wang Hong-Bao, trova un corpo. Il giorno dopo, però, Wang viene ucciso da una valanga.

Il mistero sembra sul punto di essere risolto nella primavera del 1999, quando una spedizione finanziata dalla rete inglese BBC e dalla tedesca ZDF va in cerca dei resti dei due alpinisti scomparsi. Il 1° maggio cinque alpinisti risalgono in diagonale la parete Nord della montagna. Uno di loro, Conrad Anker, scopre a 8170 metri di quota il corpo di George Mallory.

Le ossa spezzate e la corda tagliata dimostrano che l’alpinista è caduto dall’alto, dopo un sommario esame del corpo e una ricerca nelle sue tasche, l’alpinista morto 75 anni prima viene salutato con una preghiera e sepolto. Ma il ritrovamento, però non risolve il mistero. L’unica (e remota) speranza di avere una risposta certa sta nella macchina fotografica, una Kodak Vest Pocket, che era stata affidata a Irvine, e che diventa così il Sacro Graal degli alpinisti-archeologi.

Da allora la caccia continua. Nel 2009 il ricercatore americano Tom Holzel afferma di avere individuato sulle foto aeree il corpo di Irvine a 8425 metri di quota. Secondo lui, in una spaccatura tra due massi, si riconosce “una figura umana di circa 1,80 metri di statura”. Nel 2019, l’ultimo anno di apertura dell’Everest prima della chiusura imposta dal Covid-19, altre due spedizioni vanno in cerca dei resti di Irvine.

Il cameraman Thom Pollard e l’alpinista Mark Synnott, collaboratore del “National Geographic”, individuano la spaccatura indicata da Holzel con un drone, e poi la raggiungono. Ma Irvine non c’è. “C’era una piccola alcova di roccia, chiusa da una parete, e in questa era una vena di roccia scura incisa da una fessura larga meno di trenta centimetri, troppo stretta per consentire a una persona di entrare. E’ stata un’illusione ottica” scrive Synnott nel suo libro “The Third Pole”.

Tante voci alimentano l’ipotesi che il corpo di Irvine sia stato davvero rimosso

Poi, pian piano, tornano alla luce altri episodi. Nel 1999, due componenti del team che ha trovato i resti di Mallory parlano con Xu Jing, un componente della spedizione che ha salito l’Everest da nord nel 1960, e che racconta di aver trovato un corpo sulla cresta. Poi arriva l’avvistamento di Wang Hong-Bao, che però non raggiunge il mondo dell’alpinismo occidentale.

Nel loro lavoro, Mark Synnott e Thom Pollard trovano altre fonti (di seconda, terza o quarta mano) che rivelano informazioni. Una di queste è Phantog, Pan Duo nella translitterazione cinese, la prima donna ad arrivare in vetta da nord nel 1975.

Secondo il suo racconto a un diplomatico inglese, poi riferito a una signora americana e infine a Synnott, il corpo di cui ha parlato Wang c’era e aveva una macchina fotografica, ma la pellicola, sviluppata a Pechino, non aveva nessuna immagine.

Altre storie sono arrivate a Pollard e Synnott da Jamie McGuinness, una guida neozelandese che ha salito per cinque volte l’Everest. Secondo lui, nel 2010, un funzionario della China Tibet Mountaineering Association, al campo-base di Rongbuk, avrebbe ammesso che il corpo era stato rimosso molti anni prima.

Nel 2015, lo stesso McGuinness visita un piccolo museo privato presso Lhasa, dove vede uno scarpone e dell’attrezzatura da alpinismo dell’epoca di Mallory e Irvine. Sono rimasto sorpreso, e alla fine ho avuto l’impressione che quei tibetani pensassero che tutti sapevano che il corpo era stato portato via dalla montagna. Ho anche pensato che qualcuno potrebbe aver voglia di parlare, purché in maniera anonima commenta.

Thom Pollard, nel documentario “Lost on Everest”, dice di non voler tornare lassù a cercare i resti di Irvine, ma suggerisce a chi lo volesse fare di “cercare alla base della montagna, nel caso in cui il corpo sia stato davvero scaraventato di sotto”.

“Non possiamo sapere se le voci sul ritrovamento o la rimozione di Irvine siano plausibili. Da qualche tempo, il legame della Cina con questo mistero ben noto ha scatenato un dibattito sui social, in alcuni podcast e in molti blog” spiega Angela Benavides sull’informatissimo sito ExplorersWeb.

Nelle prossime settimane, intanto, le prime spedizioni commerciali torneranno sul versante tibetano dell’Everest. E’ probabile che guide e clienti, soprattutto nell’ultima parte della via, si guarderanno intorno per avvistare i resti o la Kodak di Andrew Irvine. Ma gli anni passano ed è sempre più probabile che questo mistero dell’Everest non avrà mai una risposta.

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