Cronaca

In Nepal per offrire supporto sanitario ai villaggi dell’Himalaya

“In Nepal ci siamo già stati: nel 2017, nel villaggio di Rapsa; nel 2018 in quello di Sembung; nel 2019 a Cepuwa” raccontano i ragazzi dell’associazione Cuore Attivo Monte Rosa che proprio in questi giorni ha fatto ritorno nel Paese delle grandi montagne per portare aiuto alla popolazione locale. I tipi di Cuore Attivo Monte Rosa li abbiamo conosciuti lo scorso autunno, quando in piena emergenza pandemica sono partiti alla volta del Pakistan per offrire un supporto a famiglie di guide, cuochi e portatori rimasti senza introiti dall’annullamento di spedizioni e trekking sulle montagne che caratterizzano il nord della nazione.

Quest’anno, in Nepal, portano avanti un lavoro avviato ormai da molto tempo. “Operiamo in piccoli centri rurali e remoti, concentrandoci principalmente sulla promozione dell’istruzione tramite la costruzione di scuole elementari e materne. Il nostro impegno in questa direzione continua, ma quest’anno abbiamo deciso di ampliare l’orizzonte dell’attività dando importanza all’aspetto sanitario. Tutto il mondo sta vivendo una situazione storico-sanitaria estremamente precaria, una condizione che, se è stata capace in intaccare profondamente le istituzioni occidentali, possiamo solo immaginare quali problemi possa aver comportato nei piccoli villaggi tra le montagne dell’Himalaya. “Per questo siamo venuti in Nepal con un obiettivo importante: creare un campo medico itinerante. Negli anni passati, anche nel nostro ultimo viaggio in Pakistan, abbiamo constatato che molte persone hanno difficoltà concrete nel raggiungere i luoghi dedicati all’assistenza sanitaria. Perché, dunque, non andare noi da chi ha bisogno?”. Detto, fatto.

Qualche giorno fa il team è atterrato a Kathmandu e proprio in questi momenti sta organizzando quella che ha battezzato come “Safe Dome” itinerante, una cupola sicura che si sposta di villaggio in villaggio per “coprire la quasi totalità delle esigenze o, quantomeno, le più urgenti”. Ogni tappa prevede una sosta di due o tre giorni, in modo da avere tempo a sufficienza per visitare gli abitanti dei villaggi. I luoghi prescelti per questa spedizione sono i centri più isolati, che con maggiori difficoltà riescono ad accedere ai servizi sanitari di base, anche per questa difficoltà di accesso tutti gli spostamenti saranno effettuati a piedi, l’unico modo per poter raggiungere i villaggi.

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