Ambiente

Due cuccioli di leone delle caverne emergono intatti dal permafrost siberiano

Il permafrost è una vera e propria finestra su un passato remoto. Ogni elemento che emerga dai ghiacci che un tempo ritenevamo perenni, e che oggi a causa del cambiamento climatico sono sottoposti a un inesorabile scioglimento, consente all’uomo di effettuare un tuffo in epoche lontane. Scoperte importanti per la scienza, che spesso non mancano di emozionare non solo gli addetti ai lavori ma l’umanità nel suo complesso. É il caso dei cuccioli di animali dell’antichità che stanno riaffiorando negli ultimi anni, e che a distanza di decine di millenni, conservano la tenerezza che ogni cucciolo sa regalarci. Dopo il giovane rinoceronte lanoso scoperto nell’agosto 2020 nei pressi del fiume Tirekhtyakh, nel distretto di Abyisky della Repubblica russa della Yakutia, dalla Siberia arriva notizia di un nuovo riaffioramento “piccolo” e peloso: due cuccioli di leone delle caverne.

Gli scienziati li hanno ribattezzati “Sparta” e “Boris”. Prima di immaginarli in modalità peluche, teniamo però a mente che il leone delle caverne sia ritenuto dagli esperti la più grande specie di leone mai esistita. Secondo le ricostruzioni, aveva dimensioni superiori del 10% a quelle della specie moderna.

Non uno ma due cuccioli di leone tra i ghiacci siberiani

Boris è stato scoperto nel 2017. La piccola Sparta nel 2018, entrambi lungo il corso del fiume Semyuelyakh, in Yakutia, a breve distanza l’uno dall’altro. Ma per certo non sono appartenuti allo stesso nucleo familiare. La datazione al radiocarbonio di Boris ha portato a collocarlo in un periodo storico molto lontano, parliamo di 43.448 anni fa. A confronto Sparta è un esemplare vissuto “più di recente”, 28.000 anni fa.

I risultati delle analisi effettuate sui resti dei due cuccioli sono stati pubblicati solo di recente in un paper dal titolo “The Preliminary Analysis of Cave Lion Cubs Panthera spelaea (Goldfuss, 1810) from the Permafrost of Siberia”, sulla rivista scientifica MDPI. Uno studio complesso, delicato, che ha visto collaborare enti di ricerca russi, svedesi, francesi, britannici e giapponesi.

Entrambi sarebbero morti all’età di 1-2 mesi, dato definito sulla base delle analisi della dentatura dei cuccioli. Una sostanziale differenza tra i due è stata rilevata a livello di pelliccia. Sparta viene descritta come un esemplare dal pelo grigiastro – marrone chiaro. Mentre Boris mostra un pelo biondo, molto più chiaro. Da confronti con altri reperti di leoni delle caverne più giovani (di un paio di settimane di vita) rinvenuti nel passato e dotati di pelo più scuro, gli scienziati sono giunti all’ipotesi che durante la crescita il pelo dei felini tendesse a schiarire, per adattarsi all’ambiente innevato. Ma se Sparta e Boris erano coetanei, come si spiegano le differenze? In base al sesso. Probabilmente le femmine avevano tempi di modifica della colorazione più lenti.

Morire da cuccioli nella Preistoria

Non è un caso che Boris e Sparta siano morti nei primi mesi di vita. Ipotizzando che i leoni delle caverne gestissero i cuccioli esattamente come le moderne specie del genere Panthera (leoni, leopardi, giaguari e tigri), ovvero escludendo i maschi dalle cure parentali, si fa presto a immaginare che i piccoli rimanessero da soli, esposti a numerosi predatori, ogni qualvolta la madre si allontanasse per cacciare. In caso di morte della mamma, i cuccioli erano destinati a morire di fame.

Altro elemento da considerare è la rigidità dell’inverno. Come si legge nel paper, la tigre siberiana (Panthera tigris altaica) solitamente dà alla luce i cuccioli nel periodo più caldo, tra maggio e agosto, ma può capitare che nascano anche in inverno. Il più alto tasso di mortalità tra i piccoli si rileva in una fascia di età tra i 2,5 e i 4 mesi, quando vengono “svezzati”, passando dal latte materno all’alimentazione a base di carne. Ovviamente a quell’età non sono ancora in grado di mangiare grandi quantità di carne, al contempo il latte materno non basta più a sostenerli, e così iniziano a crescere lentamente. Questo lento accrescimento li rende più fragili, e in inverno, quando il cibo tra l’altro congela più in fretta, si tratta di una condizione che può facilmente portare alla morte.

“Non sappiamo quando siano nati Sparta e Boris – si legge – ma è probabile che fosse estate o autunno e che siano morti attorno a 1-2 mesi di vita nella loro tana, sotto la neve o la terra. Questo spiegherebbe come mai predatori e necrofagi non abbiano trovato i corpi ed è per questo che non vediamo alcun segno di danno sulle mummie, derivante da ferite. Forse i cuccioli sono stati sepolti da una frana e i corpi deformati dalla massa di terra piombata su di loro, poi il permafrost ha portato a un rapido congelamento, convertendoli in mummie.”

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