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Everest 1971, il fallimento della “spedizione delle stelle”

La morte, sull’Everest, è una compagna di avventura frequente. Ma la fine di Harsh Vardhan Bahuguna, il 18 aprile del 1971, è più dolorosa di altre. L’alpinista indiano, che fa parte di una spedizione internazionale, perde la vita in discesa, lungo la rampa glaciale che collega il campo-base avanzato nel Western Cwm con la cresta Ovest della montagna. La rampa, non particolarmente difficile, è già stata seguita nel 1963 dalla spedizione americana che ha salito per la prima volta la cresta. Il capospedizione Norman Dyrenfurth è lo stesso di otto anni prima. Il team, invece, è completamente diverso. 

 

La spedizione del 1963, sponsorizzata dalla National Geographic Society, è una classica squadra nazionale, come quelle di Herzog, di Hunt e di Desio, che compie la quarta ascensione dell’Everest e la sua prima traversata. Quello del 1971 è invece un “Dream Team”, una squadra internazionale che comprende 25 alpinisti di 13 paesi diversi, più una troupe di 8 persone della BBC. L’obiettivo è di tentare la gigantesca parete Sud-ovest dell’Everest, e di ripetere la cresta Ovest, se possibile con una variante diretta. Per Dyrenfurth, che è nato in Germania, è fuggito da ragazzo insieme ai genitori in Svizzera per sfuggire alle persecuzioni naziste contro gli ebrei, e vive sulla West Coast degli USA, unire nazionalità diverse è importante. 

Un team stellare

Oggi, molte spedizioni di punta agli “ottomila” mettono insieme alpinisti di paesi diversi. Cinquant’anni fa, invece, l’esperimento non funziona. Secondo lo storico Walt Unsworth, il team è “un firmamento di stelle”, “un amalgama di sconosciuti, ognuno geloso della propria reputazione”, un esercito con “troppi generali e pochi soldati”. “La gelosia imperversa, e si rivela molto più potente di ogni artificioso cameratismo”. 

Fanno parte del gruppo il tedesco Toni Hiebeler, autore della prima invernale dell’Eigerwand e direttore del mensile Alpinismus, il francese Pierre Mazeaud protagonista di grandi ascensioni sul Monte Bianco, i britannici Dougal Haston e Don Whillans che un anno prima sono arrivati in vetta all’Annapurna per la difficilissima parete Sud. Completano il team gli austriaci Wolfgang Axt e Leo Schlömmer, gli svizzeri Michel e Yvette Vaucher, il norvegese Odd Eliassen, i giapponesi Reizo Ito e Naomi Uemura. Quest’ultimo ha esplorato nel 1969 la parete Sud-ovest dell’Everest, e ha calcato la cima nel 1970. Rappresenta l’Italia Carlo Mauri, un Ragno di Lecco, che ha all’attivo un tentativo al Cerro Torre e la prima salita del Gasherbrum IV con l’amico Walter Bonatti. Nei mesi precedenti, con il norvegese Thor Heyerdahl e altri cinque avventurieri, ha traversato l’Atlantico sulla Ra, una barca di papiro modellata su quelle dell’antico Egitto.  

Prima di partire, Dyrenfurth ha offerto a Chris Bonington, star dell’alpinismo britannico, la direzione del team della parete Sud-ovest, ma lui ha risposto di no. La affronterà per due volte, e nel 1975 parteciperà alla sua conquista. Ma sarà il leader di team britannici, scelti e assemblati da lui.

E’ una star anche l’australiano Murray Sayle, che racconta la spedizione per il Sunday Times. Un collega lo descrive “grosso, scaltro, con molte caratteristiche di un carro armato”. Ha raccontato le guerre del Medio Oriente e del Vietnam, e ha traversato a vela da solo l’Atlantico. Tra i suoi scoop la prima intervista a Kim Philby, l’agente segreto britannico che lavorava per Mosca, e la ricerca di Ernesto “Che” Guevara nella giungla della Bolivia. 

La spedizione

A fine marzo, a rotazione, gli alpinisti e gli sherpa attrezzano l’Icefall, la seraccata del Khumbu. Poi, dal campo-base avanzato, Whillans, Haston, Uemura e Ito si spingono sulla parete Sud-ovest, dove la neve abbondante facilita la progressione. Verso la cresta Ovest invece, le cose vanno a rilento.

Anglosassoni e tedeschi accusano i “latini” di non trasportare abbastanza carichi, Mazeaud e Mauri vorrebbero deviare sulla normale perché né la Francia né l’Italia hanno ancora portato un alpinista sulla cima. Harsh Vardhan Bahuguna è un buon alpinista, ma non un fuoriclasse come i suoi compagni di avventura. E’ un maggiore dell’esercito di New Delhi, come molti alpinisti del suo paese si è formato alla High Altitude Warfare School di Gulmarg. Nel 1965, quando nove indiani hanno salito l’Everest, Harsh si è dovuto fermare sulla Cima Sud, e questo forse lo spinge a rischiare troppo. Ha passato molti giorni sulla montagna, e ha risposto di no agli inviti degli altri a scendere a riposare al campo-base. Mentre scende nella bufera, poco sotto i 7000 metri di quota, Bahaguna scivola lungo una traversata, e resta appeso alla corda fissa. Whillans, Eliassen e Vaucher lo raggiungono, provano a calarlo verso il basso, ma la corda finisce. Come Toni Kurz sull’Eiger, l’alpinista indiano si spegne a pochi metri dai soccorritori in attesa. 

Dopo la tragedia la spedizione esplode. Toni Hiebeler è il primo a rompere gli indugi e a partire, seguito dai Vaucher. Carlo Mauri e Pierre Mazeaud attrezzano la parete del Lhotse, pensano di proseguire verso il Colle Sud e la cima. Per radio, però, arriva il secco no di Dyrenfurth. Secondo l’alpinista (e futuro ministro) francese, e il suo libro Montagne pour un homme nu che esce due anni dopo gli eventi, l’americano è “un capospedizione senza autorità, subordinato per contratto alla BBC”. Whillans dice che “la normale è indegna di alpinisti come noi”. John Cleare, responsabile delle riprese, aggiunge di “voler filmare solo una vittoria britannica”.   

Quando Mauri e Mazeaud sono ormai in viaggio verso Kathmandu e l’Europa, anche Schlömmer accusa i britannici di volere tutta la gloria per loro, e riparte con Axt. Dougal Haston e Don Whillans, seguiti dai due giapponesi, continuano sulla parete Sud-ovest. 

Arrivano a 8300 metri di quota, scoprono una rampa che consentirebbe di uscire verso destra sulla via di Hillary e Tenzing. Ma la loro etica severa non consente di utilizzarla. Proseguono per un camino difficile, capiscono di non avere energia e materiale sufficienti, decidono di lasciar perdere. A vincere la parete Sud-ovest dell’Everest, nel 1975, saranno lo stesso Haston e Doug Scott, seguiti da Pete Boardman, Pertemba e Mick Burke, con la spedizione britannica diretta da Chris Bonington, che troverà una via migliore di salita a sinistra della grande fascia rocciosa. 

Dieci anni più tardi, nel 1985, Jai Vardhan Bahuguna, il fratello minore di Harsh, morirà per assideramento sul Colle Sud dell’Everest, insieme ad altri quattro alpinisti indiani. Nessuno dei due fratelli coronerà il suo sogno di toccare gli 8848 metri della cima.  

Il film

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