Film

Tre biopic per tre figure celebri dell’alpinismo

Le storie di Reinhold Messner, Hans Kammerlander e Agostino Gazzera

Il mondo del cinema ha il magico potere di consentire allo spettatore di viaggiare nel tempo e nello spazio. Le pellicole in particolare dedicate al mondo della montagna, portano gli appassionati alle quote più elevate, ripercorrono epiche imprese e aiutano a scoprire angoli di mondo che forse i nostri occhi non vedranno mai. E inoltre consentono di scoprire la vita di alcuni personaggi, il cui nome rimarrà impresso nella storia dell’alpinismo. Abbiamo selezionato per voi 3 biopic per scoprire insieme vite e imprese di tre alpinisti, i cui nomi non necessitano di presentazione: Reinhold Messner, Hans Kammerlander e Agostino Gazzera. 

“Messner – Il Film”

Messner – Il film” (1h 44′, 2012, titolo originale: “Messner – Der film”) del regista Andreas Nickel, racconta la storia del Re degli Ottomila. La pellicola, presentata durante la 61esima edizione del Trento Film Festival (2013) ripercorre la vita di Reinhold Messner attraverso una collezione di interviste, in cui l’alpinista altoatesino espone le proprie ambizioni. Il forte desiderio di superare i limiti che lo ha spinto ad affrontare le vette più alte del Pianeta. Nel film sono inseriti anche spezzoni di interviste rilasciate da coloro che Messner ha incrociato lungo il cammino. La narrazione che ne emerge è appassionante. Si parte dall’infanzia, da una dimora che il giovane Reinhold sentiva stretta, per arrivare alle spedizioni maggiori, tra successi, insuccessi e tragedie. Alcune scene di scalata sono state ricostruite a posteriori lungo gli itinerari originali in Dolomiti, sulla Nord del Droites nel massiccio del Monte Bianco, sul Monte Everest e in Groenlandia.

Il film è disponibile su Prime Video.

“Manaslu”

“Manaslu” (128’, 2018) racconta, attraverso ricostruzioni e filmati d’archivio, la vita alpinistica di Hans Kammerlander. I suoi maggiori successi così come le tragedie. Tra i successi troviamo la salita di 13 Ottomila e le epiche discese dalle vette più alte del Pianeta. Nel 1990 Hans fu il primo a scendere con gli sci dalla parete Diamir del Nanga Parbat. Nel 1996 realizzò quello che è ancora oggi un record imbattuto: la discesa con gli sci dalla Nord dell’Everest, dopo aver raggiunto la vetta in sole 16 ore e 40 minuti.

Ampio spazio è poi dedicato alla tragedia del 1991 sul Manaslu, la vetta nepalese che dà il titolo al film. Karl perse in quella spedizione due dei suoi migliori amici. Nel corso dell’ultimo tentativo di attacco alla vetta, dopo giorni di meteo molto mutevole, Karl Großrubatscher perse la vita cadendo nel vuoto. Poco dopo, mentre il team si ritirava colpito da una improvvisa tempesta, Friedl Mutschlechner venne colpito mortalmente da un fulmine. Kammerlander riuscì a raggiungere il campo d’alta quota, strisciando a filo di terreno.

Nell’autunno 2017 Kammerlander ha deciso di tornare coraggiosamente sulla montagna con Stephan Keck, con l’intento di salire in vetta e scendere lungo una nuova via con gli sci. Una sfida che diventa anche un ritorno con la mente a quei tremendi momenti. Le pessime condizioni della montagna carica di neve hanno portato i due alla resa. Ma per Hans non si è trattato di una sconfitta. Ora sono in pace – dichiarava di ritorno a casa – Credo di essere arrivato alla fine di questo percorso. Non è mai stata davvero la vetta quello che cercavo, sarebbe stato qualcosa in più. Ho solo voluto essere più vicino a Friedl e a Karl e ciò mi ha dato molto e per questo mi reputo soddisfatto della spedizione”.

Il film è disponibile su Vimeo on demand.

“L’alpinista”

“L’alpinista” (49′, 2015), pellicola a firma dei registi Giacomo Piumatti e Fabio Mancari, racconta la storia di Agostino “Gustìn” Gazzera, ex operaio FIAT appassionatosi alla montagna nei duri tempi del secondo dopoguerra. Un rappresentante di un pionieristico alpinismo mordi e fuggi, vissuto nei ritagli di tempo tra i lunghi turni in fabbrica. Il ritmo di lavoro giornaliero ero estenuante all’epoca. La giornata lavorativa media di un operaio era di 17 ore, per un compenso tale da consentire il mantenimento di una famiglia. Ma al termine della fatica quotidiana, Gazzera aveva in serbo ancora energie residue per salire in sella alla sua bici e spostarsi da Torino verso le Alpi. Fin dove poteva pedalava, poi iniziava a scalare. Partendo dal Monviso arrivò fino al Cervino. Un’avventura, quest’ultima, che già di suo meriterebbe una pellicola a parte.

Era il 1949. Al terimine di una giornata di lavoro Gustin partì in bici pedalando fino a Cervinia. Aveva una vaga conoscenza della via di salita della Gran Becca, derivante da una vecchia cartolina. Nonostante fosse la sua prima volta sulla terza vetta più alta d’Italia, fu in grado di salire e scendere in 24 ore. Una volta a valle salì in sella alla bici e corse a Torino, per riprendere a lavorare. Mezzora il ritardo con cui arrivò in fabbrica. Un tempo all’epoca non tollerato, che gli causò il rimprovero da parte del capo-squadra.

Il “Vichingo delle Alpi”, come era soprannominato, ha indossato caschetto e piccozza fino ai novant’anni, salendo su pareti e cascate di ghiaccio. Non ha mai smesso fin quando il fisico lo ha consentito, nonostante un congelamento che gli era costato tutte e dieci le dita dei piedi e parte della pianta.

Il film è disponibile su Prime Video.

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