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Completata la trilogia sulle Alpi: Hervé Barmasse apre una nuova via sul Monte Rosa insieme al padre Marco

Hervé e Marco Barmasse (Foto d'archivio sul Cervino - Damiano-Levati The North Face)
Hervé e Marco Barmasse (Foto d'archivio sul Cervino - Damiano-Levati The North Face)

VALTOURNENCHE, Aosta — E tre. Dopo Cervino e Monte Bianco, è arrivata la terza via aperta da Hervé Barmasse, questa volta sul Monte Rosa: il pezzo mancante che chiude così il progetto ‘Exploring The Alps’ che prevedeva una trilogia di nuove vie sulle Alpi. L’itinerario sale sulla parete sud, è lungo circa 800 metri ed è stato aperto dal fuoriclasse valdostano insieme a suo padre Marco tra il 29 e il 30 settembre. “E’ stata una salita molto classica, ma speciale perché si è svolta con mio padre. Dimostra che ancora oggi l’avventura si trova anche sulle Alpi”. Ecco il racconto Hervé Barmasse della bella impresa.

Squadra che vince non si cambia. Se poi il tuo compagno di cordata è anche tuo padre le cose sono ancora più speciali. Hervé Barmasse e suo padre Marco, eredi di una nota dinastia di guide valdostane, sono tornati ad aprire una nuova via insieme. Dopo “Linea continua”, quella dell’anno scorso sul Couloir dell’Enjambee del Cervino, i due alpinisti di Valtournenche hanno aperto un itinerario sulla sud del Monte Rosa.

La via, a cui non è ancora stato dato un nome, è la terza del progetto sostenuto da The North Face e dalla e Regione Valle d’Aosta, ‘Exploring The Alps’, che prevedeva l’apertura di 3 vie nuove sulle 3 cime più alte delle Alpi. Quest’ultima arriva dopo “La Classica Moderna”, aperta 1 agosto da Hervè Barmasse, insieme ai fratelli baschi Iker ed Eneko Pou, sul versante italiano del Monte Bianco, e dopo la solitaria al Cervino dell’8 aprile scorso.

Dove si trova la via?
“Si trova sulla parte sinistra della parete sud est del monte Rosa, a sinistra della via “Africa Nostra” aperta nel 1987 da una cordata di Alagna Valsesia. La parete è stata raggiunta in modo diverso dal solito: normalmente si passa da Alagna, si va al bivacco Resegotti e si arriva alla parete, questo è il percorso logico. Noi invece l’abbiamo raggiunta dalla Val d’Aosta scendendo per il canale Sesia, il che potrebbe essere anche uno spunto per altri alpinisti che in futuro vogliano andare a scalare anche altre vie lì, perché alla fine il percorso, non dico che sia più semplice perché sicuramente l’avvicinamento è più difficile, però forse è più corto, il che non è male..”.

Come si è svolta la salita?
“Siamo andati a dormire il primo giorno al Balmenhorn, dove si trova anche il Cristo delle Vette a quota 4.167 metri, e dove c’è anche il bivacco non custodito. Il giorno dopo siamo andati al Col Sesia, siamo scesi dal Canal Sesia e siamo poi risaliti per la parete. Il ghiacciaio che è sotto la parete lo danno a 3.800 metri, la Capanna Margherita, la Punta Gnifetti, che è dove si arriva, è 4.554 metri. In totale sono quindi circa 750 metri di parete, e saranno circa 800 metri di sviluppo della via, anche perchè noi siamo usciti più a sinistra, un po’ sotto la cresta sommitale che poi abbiamo raggiunto a piedi e normalmente c’è sempre differenza tra i metri della parete i metri dello sviluppo”.

Hai salito la prima via da solo, la seconda con amici (i fratelli baschi Iker ed Eneko Pou), e la terza con tuo padre…
“Questo progetto era una trilogia che voleva sì fare grande alpinismo, ma non solo. Se vogliamo la grande salita delle tre è quella sul Cervino, una via in solitaria così l’aveva fatta solo Bonatti. La seconda salita sul monte Bianco invece nasceva da un lato dalla voglia di andare ad aprire una via sul versante più selvaggio della montagna, che è il sud, ma c’era anche l’idea di omaggiare la cordata, perchè la maggior parete degli alpinisti salgono in cordata, non da soli. Per concludere la terza salita è stata molto classica, ma speciale perché si è svolta con mio padre”.

Qual è stata la salita più divertente, quale la più difficile e quale la più emozionante?
“La più difficile e la più emozionante quella sul Cervino, la più divertente o forse dovrei dire più “rilassante” perchè aperta in tranquillità, quella sul Monte Bianco. Quella più speciale per me sicuramente quella sul Monte Rosa: anche se quest’ultima è tecnicamente meno impegnativa richiede comunque un alto grado di concentrazione e un impegno psicologico, sia perchè la qualità della roccia non è delle migliori, sia per le protezioni lunghe e sia per il pericolo che grandi lastre possano rimanerti in mano. E’ incredibile come su quella parete, su tutta la parte alla sinistra della via dei ragazzi di Alagna, non ci fosse neanche un itinerario di salita”.

Qual era l’importanza di completare un progetto come ‘Exploring The Alps’?
“Al di là delle salite in sé il progetto si proponeva proprio di rispolverare le Alpi, aprendo delle vie su delle grandi montagne. Anche quest’ultima sul Rosa esce comunque a 4.500, che è una quota rilevante sulle nostre montagne. Questo va al di là del grado, della tecnica, del fare una via nuova: dimostra che ancora oggi l’avventura, almeno in termini di alpinismo classico, si trova anche sulle Alpi, senza aver bisogno di arrivar in Himalaya. Non sono vie sportive in montagna, si tratta di alpinismo classico, che prevede una certa difficoltà logistica perché gli avvicinamenti e i dislivelli sono sempre momenti importanti su queste vie. E poi oltre a tutto ciò, questo è anche l’anno dei 150 anni dell’Unità di Italia. Molto spesso non ci rendiamo conto di quanto le nostre montagne ci siano invidiate dagli stranieri, anche perché l’Italia è l’unico Paese che comprende tutto l’Arco alpino, 1200 chilometri di monti tutti italiani: qualcosa di unico di cui dovremmo essere più consapevoli e felici. Certo ci sono state tante importanti personalità che hanno fatto grandi cose, fatto la fama del nostro Paese nel mondo. Però ci sono anche altre cose che l’Italia offre, come questa straordinaria catena che ci regala la natura”.

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6 Commenti

  1. Grande Hervè e bello assieme al padre e agli amici. La natura ci regala grandi emozioni e le montagne sono ancora più meravigliose se si guardano con gli occhi del cuore e non solo per la prestazione che si raggiunge.

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