Alpinismo

La Canna di Filicudi. Il ricordo di una conquista particolare

Era il 1972 e si celebravano I 100 anni della prima salita della Est del Rosa. Per festeggiare le Guide di Macugnaga andarono all’assalto di un… faraglione

Nel giugno del 1972 cinque guide di Macugnaga lasciarono la “Perla del Rosa” per attraversare l’Italia e raggiungere l’isola di Filicudi, nell’arcipelago siciliano delle Eolie.

Strana destinazione, ma solo fino a un certo punto. A nord dell’isola, infatti, emerge dalle acque un faraglione di circa 100 metri, chiamato per la sua forma la “Canna”. Nessuno lo aveva mai scalato, né gli abitanti locali, né climber arrivati da lontano.

Fu Carlo Ravasio (fondatore del giornale Il Rosa) a notarlo e d’accordo con l’ingegner Giuseppe Rodriguez (Presidente dell’Azienda di Soggiorno di Lipari) organizzò la mini spedizione di conquista inserendola nell’ambito delle celebrazioni per il centenario della prima salita della Est del Rosa, che ricorreva proprio in quell’anno.  Del gruppo facevano parte le guide di Macugnaga Luciano Bettineschi, Felice e Carlo Jacchini, Michele Pala e Lino Pironi, oltre ad autorità, alcuni macugnaghesi e il coro Monte Rosa.

Con loro una madonnina di bronzo, che le guide avrebbero posto sulla sommità della Canna dopo la scalata.

Il ricordo in prima persona della Guida di Macugnaga Carlo Iacchini

Carlo Jacchini è l’unico ancora in vita tra le guide che portarono a termine l’ascesa. Ecco il suo racconto a ruota libera: “Carlo Ravasio ci propose una scalata a Filicudi. Prima siamo scese in Sicilia solo noi guide per preparare l’attrezzatura e la via, poi ci ha raggiunto anche un nutrito gruppo di macugnaghesi per assistere alle celebrazioni.

Nei primi giorni, come punto di partenza dell’operazione, abbiamo utilizzato un piccolo scoglio nei pressi della Canna. Ricordo che guardavamo in alto e vedevamo falchi e gabbiani, guardavamo in basso e vedevamo acque scure e grossi pesci che si inseguivano. Un mondo del tutto nuovo e diverso rispetto a quello a cui eravamo abituati.

All’inizio  della salita abbiamo affrontato una traversata in diagonale verso destra con passaggi di terzo grado, sostato su un terrazzino esposto, proseguito per dieci metri ancora in traversata fino a uscire su uno spigolo.

Successivamente con un altro spostamento verso sinistra siamo giunti a un camino di roccia nera, molto friabile. Era il punto chiave della salita. Optammo per una traversata molto esposta verso destra, dove notammo uno strapiombo di almeno 50 metri. Dopo questo passaggio, il più difficile di tutta la salita, ci portammo su una cengia comoda per assicurarci.

Da qui la roccia cambia è più dura e di colore marrone, inoltre potemmo osservare segni di vita: un nido con delle grosse uova e delle lucertole nere (riconosciute in seguito come endemiche, ndr).

Dopo un’altra lunghezza di corda sostammo di nuovo in un buon punto. Sopra di noi una parete verticale di circa 40 metri con rocce rossastre. Gli ultimo 20 metri, che ci avrebbero condotto al punto più alto, li percorriamo insieme. A 97 metri, segnati dal nostro altimetro, la “Canna di Filicudi” è stata vinta!

Alle 15.30 dopo aver raggiunto la cima, siamo scesi a corde doppie, ero l’ultimo e trovarmi a cento metri sul mare è stato davvero emozionante. Una scalata diversa rispetto a quelle a cui ero abituato sul Rosa”.

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