Ambiente

La foresta, un insieme di alberi che “parlano” e si aiutano. La controversa teoria del Wood Wide Web

Cosa significa la sigla WWW? La risposta che potremmo fornire all’unisono è che si tratti dell’acronimo di World Wide Web, il sistema di condivisione di documenti ipertestuali multimediali tramite rete internet. Vi è però una seconda opzione, meno nota, che vede in WWW l’acronimo di Wood Wide Web. Il criterio è il medesimo, si tratta di una rete che mette in connessione “qualcosa”, nel primo caso il mondo degli umani, nel secondo caso gli alberi delle foreste.

Il Wood Wide Web è da immaginarsi come una rete sotterranea di collegamento che consente alle piante di comunicare e cooperare tra loro. Ma come? A rivestire un ruolo chiave sarebbero i funghi simbionti. Per simbiosi in biologia si intende una stretta associazione tra due organismi viventi, nel caso di un fungo e una specie arborea si parla di micorriza, una tipologia di simbiosi generalmente mutualistica, ovvero con scambio reciproco di vantaggi tra i due organismi coinvolti.

Fungo e albero entrano in connessione tra loro a livello radicale, mediante colonizzazione delle radici da parte del micelio (l’apparato vegetativo del fungo, che appare come un intreccio di filamenti, dette ife) e iniziano a scambiarsi nutrienti ma anche “favori”. Lo scambio più diffuso è quello che vede il fungo estrarre dal terreno acqua e elementi nutritivi (es. P, N, K, Zn e Cu) e trasferirli alla pianta in cambio di zuccheri prodotti con la fotosintesi. Tra i “favori” si può citare la difesa nei confronti dei funghi patogeni favorita dalla presenza fungo simbionte. I miceli possono collegare tra loro le radici di più piante e fungere da canali di trasferimento di nutrienti, da cui l’immagine del WWW degli alberi.

Suzanne Simard, pioniera del WWW

Pioniera dello studio del World Wide Web è considerata l’ecologa forestale canadese Suzanne Simard, la prima a dimostrare il sopracitato trasferimento di zuccheri da un albero all’altro, mediato da reti fungine. In un esperimento, oggetto di una pubblicazione scientifica su Nature nel 1997, Simard e colleghi, utilizzando anidride carbonica marcata radioattivamente, furono in grado di dimostrare un passaggio del carbonio radioattivo tra alberi di specie diverse, posti nelle vicinanze (nello specifico betulle e abeti di Douglas) in particolari condizioni. Le betulle risultarono ricevere carbonio dagli abeti quando, cadute le foglie, si trovavano impossibilitate a svolgere la fotosintesi. Viceversa, gli abeti ricevevano carbonio dalle betulle quando esposti a condizioni di ombra, svantaggiosa anche in questo caso per l’attività fotosintetica. Le due specie, per certi versi, sembravano mostrare un comportamento altruistico.

Simard ipotizzò che il trasporto del carbonio avvenisse per mezzo delle micorrize. Studi successivi hanno confermato la possibilità, oltre al carbonio, di un trasferimento di altri nutrienti tra piante diverse, della medesima specie o di specie differenti. Si è addirittura arrivati a parlare di “cure parentali” da parte di piante madri, più grandi e vecchie, che comportandosi un po’ come gli hub del mondo di internet, cederebbero nutrienti alle piante più giovani.

Non fu ad ogni modo Suzanne Simard a coniare il termine Wood Wide Web. La geniale intuizione si deve alla rivista Nature, che dedicò alle ricerche della ecologa una copertina nell’agosto 1997. L’analogia col mondo di internet ha portato a un crescente interesse del vasto pubblico nei confronti della teoria di Simard, divenuta fonte di ispirazione per libri, talk e film, basti pensare agli alberi interconnessi di “Avatar” di James Cameron.

Una storia affascinante ma controversa

Gli studi della Simard hanno dato il via a quella che in una puntata del podcast “Ci vuole una scienza” del Post, è stata egregiamente sintetizzata come “una storia scientifica tanto affascinante quanto controversa”. La sua teoria non è infatti condivisa all’unanimità a livello scientifico. Una disamina di quelli che sono i punti di debolezza del WWW è stata di recente effettuata dal New York Times in un articolo a firma di Gabriel Popkin intitolato “Are trees talking underground? For scientists, it’s in dispute.”

Una delle principali critiche è la visione eccessivamente antropomorfa che viene fornita della foresta, come insieme di alberi che mostrano un comportamento sociale, comunicando e aiutandosi tra loro. In tempi recenti si è diffusa anche la tendenza a parlare di intelligenza delle piante, nonostante l’assenza in esse di un sistema nervoso. Come ammesso dalla stessa Simard, antropomorfizzare la natura ha un risvolto positivo, in quanto aiuterebbe ad accrescere l’interesse del pubblico, a incuriosirlo, ad appassionarsi.

L’immagine degli alberi che cooperano tra loro è certamente di effetto, ma non rispecchia pienamente la realtà. Nel corso di un TED talk l’ecologa ha addirittura definito gli alberi di un bosco “super-cooperators”. La foresta è infatti un ambiente complesso, in cui vivono organismi e specie differenti, che possono interagire tra loro sia in maniera positiva che negativa. Errato è cercare nei comportamenti delle piante degli esempi di puro altruismo. Nel celebre esperimento del 1997, le specie protagoniste erano 3: betulle, abeti di Douglas e cedro del Pacifico. Quest’ultimo rimase esterno, come uno spettatore, allo scambio di carbonio in corso tra le altre due specie. Betulle e abeti, come descritto in precedenza, erano legate tra loro da una sorta di scambio di favori reciproci in momenti di difficoltà. Un dare per ricevere.

Ulteriore critica è legata al ruolo di aiutanti attribuito ai funghi. Le radici delle piante sono “immerse” in un ambiente complesso, detto rizosfera, in cui non vivono soltanto funghi, ma anche altri microrganismi, quali batteri, e organismi, come insetti, che possono contribuire al benessere delle piante in vario modo. Le piante inoltre sono in grado di comunicare, di mandarsi segnali, anche senza intermediari, rilasciando nell’ambiente ad esempio degli ormoni per allertare le piante vicine della presenza di un pericolo, come un patogeno. La ricerca del 1997 del team della Simard, da cui tutto ha avuto inizio, ha portato all’ipotesi che fossero i funghi i mediatori, ma non furono fornite prove scientifiche a riguardo. Nonostante numerosi studi successivi dedicati alla rizosfera e alle micorrize, non ci sono prove inconfutabili del fatto che siano solo e soltanto i funghi a trasferire nutrienti da una pianta all’altra. Non è da escludersi che sia il suolo stesso a mediare il trasferimento.

In sintesi, non si pone in dubbio la presenza di una rete sotterranea di filamenti fungini che rende il bosco interconnesso e non si esclude che i funghi possano veicolare nutrienti e messaggi. Ma importante è tenere a freno la tendenza a ricercare necessariamente analogie tra piante ed esseri umani, con il rischio di semplificare un mondo complesso del quale resta ancora tanto da decifrare.
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