High Summit Cop26

Non ci sono più le montagne di una volta

Portare le montagne al centro del dibattito scientifico e politico: è questo l’obbiettivo dell’evento High Summit, parte del pre-Cop26, in programma il 24 e 25 settembre. Alton Byers, Direttore della scienza e dell’esplorazione, The Mountain Institute (USA), sarà uno degli ospiti delle conferenze, e parteciperà con l’intervento: “Cambiamenti climatici, pericoli e adattamento negli ecosistemi di alta montagna: sfide e possibili soluzioni”. Abbiamo avuto l’opportunità di scambiare alcune interessanti riflessioni, ad esempio sugli impianti di risalita, lo sviluppo del turismo sostenibile in montagna, la ricerca di un equilibrio e benessere per le comunità montane e gli ecosistemi, il sovraffollamento in quota, le politiche ambientali per incentivare un uso razionale dell’acqua.

Oggi possiamo osservare le conseguenze di scelte intraprese sull’arco alpino (e non solo) negli anni del boom dello sci di pista, come la costruzione di impianti ora abbandonati a causa del cambiamento climatico. Quali sono le regole che andrebbero adottate nell’eventuale progettazione di nuovi impianti di risalita?

“Perché dovremmo costruire nuovi impianti? Mi sembra ce ne siano già a sufficienza, soprattutto considerando il cambiamento climatico che stiamo vivendo e visto che già molti di essi sono abbandonati e inutilizzati. Secondo me dovremmo invece concentrarci su come destagionalizzare il turismo, per evitare che la concentrazione dei flussi di persone in determinati periodi sia eccessiva. Parte della soluzione credo sia diversificare l’offerta, proponendo anche altre attività outdoor, come la mountain bike, l’arrampicata e i trekking. Esiste un target magari più piccolo ma con un grande potenziale di crescita e sul quale vale la pena investire in termini di sostenibilità, per esempio offrendo l’opportunità di vivere esperienze basate su un turismo lento e responsabile, eco-culturale, e che metta al centro il benessere. Di certo creare neve artificiale non risolve il problema, anzi comporta un ulteriore impatto negativo sull’ambiente, soprattutto per l’ingente utilizzo di acqua oltre che in termini di inquinamento acustico”.

Si parla sempre più spesso di sostenibilità in montagna, ma parte della popolazione locale è favorevole a incentivare lo sviluppo del turismo. Secondo lei dove e come si trova l’equilibrio tra sviluppo economico e sviluppo sostenibile? Quali sono le concrete scelte di sostenibilità da intraprendere che potrebbero rappresentare dei cambiamenti significativi per le comunità montane e gli ecosistemi?

“È un tema molto interessante. Non credo ci sia nulla di male nello sviluppo del turismo, per molte comunità montane, infatti, sta rappresentando un volano per la rinascita dell’economia. Per esempio in Nepal, nella zona dell’Everest, negli ultimi vent’anni c’è stata un’incredibile esplosione nel settore turistico che ha avuto un impatto positivo sulle comunità locali e sul territorio: la qualità della vita è migliorata, e i genitori possono mandare i figli a scuole migliori. La cosa più importante nello sviluppo del turismo è non uccidere le radici di un popolo, bisogna valutare ogni azione con molta attenzione. L’aspetto più preoccupante di quest’area montana è senza dubbio la produzione incontrollata di tonnellate e tonnellate di spazzatura che non si riesce a smaltire: bottiglie, bicchieri, prodotti sanitari, che entrano nella zona dell’Everest e lì rimangono. Contrariamente a quello che si pensa, il problema principale non sono i rifiuti in alta quota, ma le enormi discariche a cielo aperto: la spazzatura viene bruciata in maniera incontrollata e così si inquinano le falde acquifere e l’aria. Per questa ragione, come The Mountain Institute, quello che cerchiamo di realizzare insieme al governo locale e alcune NGO del posto è un piano di sviluppo sostenibile: per esempio, abbiamo creato un sistema di riciclo dei rifiuti basato su tre processi che li raccoglie differenziandoli. Il problema del riciclo dei rifiuti in montagna chiaramente non contraddistingue solo quest’area ma è specifico di molti territori e per questa ragione rappresenta una delle più importanti sfide del nostro secolo”.

Ha menzionato la zona dell’Everest, come crede si dovrebbe affrontare il problema del sovraffollamento delle spedizioni che vogliono tentare la cima? Limitare il numero di persone è una buona politica?

“È una questione delicata. Ci sono centinaia e centinaia di persone che ogni anno vogliono provare a raggiungere la vetta e la conseguenza sono code allucinanti e pericolose. Spero davvero che questo fenomeno cambi con una nuova regolamentazione e limitazione del numero di persone che possono accedere. Inoltre ritengo si possa richiedere un curriculum alpinistico che abbia determinate caratteristiche e provi che esistano le condizioni per intraprendere la spedizione, come l’aver già scalato un altro ottomila, e le competenze e l’esperienza necessarie, in modo da limitare i semplici amatori. Il problema però è che il governo guadagna molti soldi da queste spedizioni, per questo c’è poca volontà nel cambiare alcune pratiche. Ad ogni modo ritengo che la principale causa dei rifiuti nell’area dell’Everest non siano gli alpinisti, che sono comunque un numero limitato, quanto piuttosto l’enorme quantità di persone che fanno trekking. Tutto ciò potrebbe essere evitato promuovendo uno sviluppo economico basato sul rispetto della natura: alla base di qualsiasi politica inerente il turismo dovrebbe esserci prima di tutto la salvaguardia dell’ambiente”.

 Kofi Annan, ex segretario generale dell’ONU, ha previsto che l’accesso alle risorse idriche e il loro controllo potranno essere una tra le cause delle guerre del 21° secolo. Una risorsa basilare e prioritaria, bene comune dell’umanità, sta rappresentando un interesse economico tale da essere paragonato a un bene di consumo e di mercato. Oggi, alla crisi idrica che coinvolge molte popolazioni che vivono nei Paesi a basso reddito si affianca una scarsità di risorse in quelli più sviluppati che – a causa di politiche ambientali discutibili e della crescita demografica – si stanno trasformando in aree a stress idrico o con scarsità idrica. Il fatto che dalle montagne provenga tra il 60 e l’80% dell’acqua dolce disponibile sul Pianeta a quali riflessioni la porta?

“Alcune persone della popolazione locale della Cordillera Blanca, una catena montuosa situata in Perù, già vent’anni fa mi dicevano che secondo loro le prossime guerre sarebbero state a causa dell’acqua, e per questa ragione, anno dopo anno, hanno continuato incessantemente a costruire nuovi canali di irrigazione. Sicuramente anche nei paesi occidentali dobbiamo rivedere il prima possibile il nostro utilizzo dell’acqua, nell’agricoltura, nell’industria, e come cittadini privati: siamo abituati a pensare che sia una risorsa illimitata mentre non lo è. Inoltre, e sarà uno degli argomenti del Cop26, dobbiamo mettere al centro del dibattito sull’acqua le montagne, perché è da loro che proviene tra il 60 e l’80% dell’acqua dolce disponibile sul Pianeta”.

 I territori montani rivestono un ruolo fondamentale per la salvaguardia dell’ambiente, ciò nonostante, le questioni che li riguardano spesso non compaiono nelle agende dei principali summit internazionali. Quali sono le tematiche più urgenti da affrontare? Quali le principali sfide e le possibili soluzioni?

“C’è urgenza di trovare soluzioni per conservare l’ambiente montano: è una questione direttamente collegata al cambiamento e al riscaldamento climatico e non è più possibile far finta di non rendersene conto. Le comunità montane sono rimaste ai margini dei più importanti summit internazionali inerenti il global warming, spesso non sono state prese in considerazione e questo di sicuro ha avuto un impatto negativo nella gestione mondiale delle tematiche ambientali. È opportuno invece che le comunità montane vengano coinvolte nei processi decisionali globali, le loro voci devono essere ascoltate: nessuno meglio di loro conosce le alte terre. Inoltre sarebbe utile mostrare loro i benefici di una gestione consapevole delle risorse in modo che la sostenibilità venga percepita come un valore aggiunto. È necessario che i decision maker siano messi nelle condizioni di prendere decisioni più velocemente, in maniera più snella e con meno burocrazia”.

Le nuove tecnologie e le innovazioni nell’ambito dell’energia e dei trasporti in quale modo possono rappresentare un volano per l’impatto socioeconomico sulle aree montane?

“L’energia solare rappresenta di sicuro un volano eccezionale per i territori montani e gli angoli più remoti del Pianeta. L’ho vista usare in modi davvero intelligenti e inaspettati e credo sia davvero un’opportunità con un incredibile potenziale. Un altro aiuto significativo per le comunità sono le centrali idroelettriche di dimensioni ridotte, preferibili rispetto alle grandi centrali idroelettriche che si sono sviluppate negli ultimi anni ma che hanno subito molti danni a causa dei disastri ambientali dovuti dal cambiamento climatico: questi macro-progetti andrebbero accantonati il prima possibile. Un altro utile supporto – anche se non rappresenta una tecnologia innovativa è ancora un ottimo metodo – è lo sviluppo di sistemi di carrucole a fune, un modo più pratico per trasportare materiali rispetto all’utilizzo dei muli”.

Quale dovrebbe essere la strategia europea per la gestione dei territori alpini e per garantire il benessere e la vita delle comunità montane?

“Non sono europeo, ma l’alpinismo è nato in Europa, e il vostro continente ha maturato nel corso degli anni una coscienza e una consapevolezza legata al mondo della montagna unica al mondo. Siete già i principali ambassador di un modo di vivere le alte terre in maniera sostenibile: avete sviluppato innumerevoli progetti e iniziative per la tutela dell’ambiente e degli ecosistemi montani, come l’Ev-K2-CNR, fondato in Italia ma che svolge un ruolo straordinario anche in altri Paesi, come il Pakistan. Le università europee sono leader nella ricerca sulla montagna. Credo che l’Europa dovrebbe svolgere un ruolo di primo piano nell’educare il resto del mondo in merito alle tematiche sulla montagna e nel promuovere l’inserimento della montagna all’interno delle agende dei principali summit internazionali. Il mondo ha bisogno di maggiore consapevolezza sul perché la montagna sia così importante: questa è la sfida principale”.

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2 Commenti

  1. Parole, Discussioni, Condivisioni, Proposte, Comitati, Riunioni, Convegni, Deleghe, Rimandi di responsabilità ……

    Peri il fare c’è sempre tempo, e i parolai chissenefrega trionfano, basta fare spettacolo !

    Sono proprio triste… troppe morti.

  2. Le montagne hanno una loro evoluzione geologica, i giovani che le frequentarono pure nel fisico e nella psiche.. Se per montagna si intende l’ambiente antropoligico, sai che scoperta il fatto che i cambiamenti siano stati enormi.
    Ricordo olfattivo di me fanciullo anni 55: nella localita’ preferita dalla mia famiglia erano predominanti le latrine di assi di legno esterne alle vecchie case.Passando nei pressi l’odore non era discreto, col caldo si espandeva e pure nugoli di grasse mosche. Esisteva pure un esperto professionista locale dotato di un bigoncio ed un cucchiaione, pale e carriola che in autunno svuotava le buche e col contenuto concimava gli orti , ben presto ricoperti da foglie secche e neve. Se attulamente perdurasse l’usanza in zone diventate rinomate, sarebe unoscandalo,accorrerebbero giornalisti e cameramen.Persino il letame animale dalle stalle dei borghi finisce in vasconi.

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