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Il paradosso del cinghiale alpinista e le nuove sfide dei parchi di montagna
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Lo hanno scoperto mentre grufolava indisturbato nel cuore del Parco dello Stelvio. A fare la segnalazione che ha portato all’individuazione e alla cattura del “cinghiale alpinista” è stato un semplice turista, che se l’è visto comparire davanti agli occhi increduli durante un’escursione a oltre 3200 metri di quota. La notizia che sembra assurda, è verissima e a portata a portarla come esempio paradossale ma emblematico dei cambiamenti climatici in atto è lo stesso Alessandro Nardo, direttore del Parco Nazionale dello Stelvio, che il 24 e 25 settembre alla conferenza internazionale High Summit Cop26 racconterà gli effetti del climate change sugli ecosistemi montani e i nuovi progetti ideati in collaborazione con EvK2Minoprio per la conoscenza e la tutela ambientale: dal monitoraggio basato sul coinvolgimento diretto dei cittadini al programma di cooperazione con i grandi parchi dell’Himalaya e del Karakorum.

 “Certo l’incontro con un cinghiale a quell’altezza è un evento più unico che raro – chiarisce Nardo – Ma ormai è conclamato che dallo scorso anno questa specie invasiva sia entrata nel parco. Si tratta di animali il cui areale di diffusione generalmente si spinge finanche alle praterie di alta quota, ma complice l’elevata adattabilità alle diverse condizioni ambientali, presumibilmente favorita dall’innalzamento delle temperature, si stanno portando ben oltre i 2000 metri, creando ovviamente problemi e danni significativi in un ambiente al quale queste specie sono estranee. Questa curiosa vicenda per noi ha un doppio elemento di attualità e interesse: da una parte, ovviamente, la connessione al riscaldamento globale e ai suoi effetti sull’ambiente montano, dall’altra il fatto che, a dare la segnalazione di questa presenza in alta quota sia stato un turista, cosa che supporta l’utilità e l’importanza del progetto di monitoraggio ambientale che stiamo elaborando con i ricercatori dell’associazione EvK2Minoprio e che si baserà proprio su un concetto di citizen science, ovvero di coinvolgimento diretto dei cittadini nella raccolta di dati e segnalazioni di carattere ambientale”.

Citizen science: coinvolgere i cittadini per migliorare la consapevolezza ecologica

Il progetto cui il direttore Nardo fa riferimento è stato elaborato negli scorsi mesi per essere candidato al bando Effetto Eco della Fondazione Cariplo ed è focalizzato sullo sviluppo di un’apposita applicazione utilizzabile attraverso i normali telefoni cellulari, con la quale i frequentatori del Parco potranno contribuite a restituire segnalazioni georeferenziate, contribuendo così alla creazione di un network di monitoraggio ambientale più esteso e capillare di quanto qualsiasi staff di tecnici possa fare: “La citizen science è una pratica ormai ampiamente diffusa, che offre indubbi vantaggi. Chiaramente l’osservazione condotta dal cittadino si connota in maniera differente rispetto a quella degli specialisti. Queste osservazioni però consentono una capillarità e una raccolta massiva di dati, che dovranno essere verificati e validati con grande attenzione, ma che, in determinati ambiti, possono rivelarsi utilissimi per definire al meglio le politiche di gestione del territorio. Per il monitoraggio di specie come il lupo, ad esempio, i tecnici utilizzano strumenti sofisticati come le fototrappole o i collari satellitari, o rilievi diretti come il “wolf-howling” l’ascolto degli ululati indotti da richiami. A questi si possono però affiancare osservazioni occasionali, come ritrovamenti di carcasse o segni di presenza, competenze facilmente trasferibili ai cittadini, che però sono di fondamentale importanza per un monitoraggio accurato della specie, costruendo in questo modo una rete di rilievi “partecipata” e molto più capillare”.

Accanto ad un riscontro diretto nell’ambito della ricerca, la citizen science è anche un efficace veicolo di educazione e informazione dei cittadini rispetto alle tematiche ambientali, dove c’è ancora tantissimo da fare: “Non molto tempo fa – ricorda Nardo – su un media locale è stato pubblicato un articolo dove si diceva che in una delle nostre vallate una pecora e un agnello erano stati prima attaccati da un orso, poi sbranati da un lupo e poi un branco di linci aveva finito il lavoro… ci mancavano solo i marziani! Quello che scriveva era comunque un professionista dell’informazione, che però mancava di competenze idonee per trattare questi temi. È chiaro che promuovere la conoscenza e condividerla è essenziale per ridurre questa disinformazione, che costituisce un grave vincolo per il decollo e lo sviluppo delle politiche ambientali. Inoltre, questo tipo di progetto è assolutamente in linea con gli obiettivi che il Ministero della Transizione Ecologica ha fissato nel PNRR, dove sono stati stanziati circa 100 milioni per lo sviluppo di attività di ricerca open data e con coinvolgimento allargato. Uno dei grandi problemi dei parchi è spesso proprio quello della condivisione e della comprensione del loro ruolo e valore da parte dei cittadini. Coinvolgere la popolazione facendola diventare protagonista delle attività del parco può rappresentare sicuramente un grande aiuto per fare finalmente un decisivo salto di qualità in quest’ambito”.

Per ora il progetto portato avanti dal Parco e da EvK2Minoprio sta muovendo i suoi primi passi ed è presto per definire nei dettagli quali tipologie di dati verranno raccolti e con quali specifiche modalità. Quello che è certo, chiarisce il direttore Nardo, è che si tratterà di segnalazioni relative alla presenza di determinate specie animali o vegetali all’interno del territorio del Parco Nazionale: “In genere questi monitoraggi si fanno operando con gruppi ristretti, ma in alcuni casi facciamo già delle attività con i gruppi allargati che possono tranquillamente entrare in un sistema come questo. Penso ad esempio al monitoraggio dei grandi rapaci, che viene effettuato due volte all’anno con circa 200 appassionati distribuiti sul territorio per fare le loro osservazioni georeferenziando il punto dove vengono avvistati il gipeto o l’aquila reale. Tutto entra in un database che poi serve per tracciare la diffusione e la mobilitazione di questi animali. Una volta avviato il nuovo progetto si potranno pensare giornate dedicate, oppure ci potranno essere semplicemente le singole segnalazioni georeferenziate provenienti dal turista, che potranno essere aggiunte e integrate alle campagne organizzate dal parco”.

Lo strumento attraverso il quale potranno essere raccolte le segnalazioni sarà un’App sviluppata appositamente dallo staff di EvK2Minoprio che potrà essere gestita attraverso i comuni smartphone: “L’obiettivo è quello di realizzare un’applicazione specifica per un utilizzo semplificato e user-friendly da parte del cittadino, che poi, una volta testata, possa essere messa a disposizione di altri parchi e altre realtà impegnate in progetti simili”.

MountainGenius? Una straordinaria visione

Sul tema della condivisione delle conoscenze e degli open data Nardo ha un’idea molto chiara della direzione in cui lo Stelvio intende muoversi: “Il nostro parco è uno dei principali partner del progetto MountainGenius, che si pone l’obiettivo di creare un una sorta di database condiviso e aperto, una biblioteca universale delle conoscenze della montagna. Si tratta di una straordinaria visione, che spero trovi tanti genitori adottivi, evitando le gelosie dei singoli. L’individualismo e il senso di proprietà esclusiva dei dati e degli esiti del lavoro di ricerca credo costituisca attualmente uno dei limiti più grandi allo sviluppo di una scienza diffusa. Una zavorra di cui dobbiamo assolutamente liberarci visto che le questioni come la crisi climatica ci mettono di fronte a problematiche di dimensione globale, che possono essere comprese e risolte solo in un’ottica di condivisone delle conoscenze”.

Twinning: nasce l’alleanza fra i parchi montani di Stelvio, Sagarmatha, Karakorum e Deosai

Nella direzione della condivisione delle conoscenze si muove anche il progetto Twinning, un altro importante programma che il Parco sta per avviare in collaborazione con EvK2Minoprio e che si basa su una sorta di “gemellaggio” fra l’area protetta lombarda e alcuni dei più grandi parchi di montagna dell’Asia: “Ci sono ambiti di azione, sfide e problematiche che sono comuni a territori montani anche molto distanti fra loro e diversi per caratteristiche ambientali, storiche e sociali. Penso alle strategie per affrontate determinate politiche di gestione in ciascun territorio, a prescindere dal suo sviluppo economico e dalle capacità anche tecnologiche disponibili. Oppure al tema del cambiamento climatico e di come questo influisce sulle dinamiche delle popolazioni non solo umane ma anche di animali e piante. Sono ambiti nei quali le esperienze fatte dalle singole aree protette possono essere valutate in una prospettiva più generale e poi trasferite in termini di scelte da perseguire. Il progetto Twinning ha proprio questa finalità. Lo stiamo portando avanti interfacciandoci con il Sagarmatha National Park in Nepal, il Central Karakorum National Park e il Deosai National Park in Pakistan e un’area protetta di nuova costituzione nel Kurdistan iracheno, luoghi assolutamente differenti fra loro, con i quali si vuole cominciare a costruire una prima alleanza, che possa in futuro ampliarsi ulteriormente, includendo le reti di collaborazione che ciascun parco ha già avviato”.

Gli obiettivi a lungo termine del progetto Twinning sono ambiziosi e vanno ben oltre la condivisone dei dati e delle conoscenze ti tipo scientifico: “La volontà è anche quella di focalizzarsi sul rapporto tra area protetta, territorio e popolazioni locali, che, con dinamiche diverse, presentano però caratteristiche simili: il rapporto tra parco e allevatori, fra parco e cacciatori, oppure fra le aree di natura incontaminata e le porzioni di territorio abitate. Poi la grande questione della gestione dei flussi turistici in un’ottica di sviluppo sostenibile. Ci sono tutta una serie di aspetti che hanno comunque delle similitudini, che si parli di Pakistan, Nepal o Italia. In tutti questi diversi ambiti ciascun parco ha sviluppato esperienze che possono essere utili agli altri oppure ha la sua volta a necessità di acquisire formazione e competenze che possono provenire da chi ha già sperimentato con successo certe strategie”.

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