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Crisi climatica: la scienza ha fornito le prove, ora la politica deve agire
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Intervista a Oksana Tarasova

Il ruolo istituzionale di Oksana Tarasova le impone di misurare le parole e lasciare da parte le opinioni personali, ma la sua formazione scientifica reclama una valutazione spietata dei fatti: La World Meteorological Organization e le altre agenzie internazionali hanno fornito prove solide a sostegno della necessità di una politica climatica globale. Ora speriamo che queste informazioni aiutino i decisori a cambiare passo e muoversi velocemente per evitare gli impatti più drammatici del cambiamento climatico”.

Le parole della direttrice della Divisione di Ricerca sull’Ambiente Atmosferico della WMO, già capo del Global Atmosphere Watch, sono tanto misurate quanto incisive e fanno capire chiaramente quanto saranno attuali e scottanti i temi che verranno trattati il prossimo venerdì 24 settembre a Minoprio, nell’ambito della sessione della conferenza internazionale High Summit COP26 appositamente dedicata al cambiamento climatico nelle regioni di montagna. Il panel, al quale la Tarasova prenderà parte presentando una relazione dedicata al valore delle osservazioni in alta montagna per la comprensione dei driver del cambiamento climatico, si pone l’ambizioso obiettivo di fornire una panoramica completa delle dinamiche climatiche, degli impatti e degli approcci per rispondere agli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’agenda internazionale 2030.

A fronte di questa scadenza l’impressione è che dal mondo della ricerca arrivi un messaggio chiaro ed univoco ai decisori: le scadenze e gli impegni presi negli anni passati sono stati disattesi o rispettati solo parzialmente e i dati raccolti ci dicono che ormai gli spazi e i tempi di manovra si stanno riducendo in modo drastico. In questa direzione vanno anche molte delle osservazioni evidenziate nell’ultimo rapporto dell’IPCC (International Panel on Climate Change), come quella relativa alla concentrazione di CO2 nell’atmosfera, che, nel 2019, è risultata la più elevata degli ultimi 2 milioni di anni.

Dottoressa Tarasova, come va interpretato questo dato?

“Prima di tutto voglio ricordare che c’è una grande differenza tra le emissioni di CO2 e le concentrazioni di CO. La CO2 è un gas longevo e si accumula nell’atmosfera. Gli attuali livelli di concentrazione sono l’equilibrio tra le fonti di CO2 e i pozzi (dagli oceani e dalla biosfera) che si sono accumulati da quando l’uomo ha iniziato le emissioni. I politici, in una certa misura, si sono resi conto del problema e, nel 1994, hanno istituito l’UNFCCC (la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici), ma da quel momento le emissioni umane sono comunque aumentate circa del 43%. C’è una differenza tra l’impegno e le azioni e, finora, le azioni non sono state sufficienti per abbassare la curva di concentrazione di gas serra”. 

Perché l’osservazione meteorologica nelle aree montane è così importante per comprendere i drivers del clima mondiale e dei suoi cambiamenti?

“Nell’ ambito del Global Atmosphere Watch mi sto occupando della composizione chimica dell’atmosfera. Nel programma sono inclusi i principali costituenti che guidano il cambiamento climatico, compresi i gas serra, l’aerosol e i loro precursori. La World Meteorological Organization coordina le osservazioni a lungo termine di questi gas e aerosol e sviluppa standard e metodi di osservazione comuni per garantire che i dati possano essere confrontati in tutto il mondo. I siti di montagna svolgono un ruolo molto importante nel programma in quanto riflettono i processi che avvengono nell’atmosfera su larga scala. Il set di dati di CO2 più lungo proviene da Mauna Loa, un sito di montagna. Tali siti sono molto sensibili ai cambiamenti nella composizione dell’atmosfera e possono essere utilizzati per ottenere i primi segnali di allarme sul cambiamento dell’ambiente”. 

Quale è lo status attuale del monitoraggio climatico nelle aree montane del pianeta? Disponiamo di una “copertura” sufficiente? Quali sono le problematiche e gli ostacoli che gli scienziati si trovano ad affrontare per approntare questo genere di programmi di ricerca?

“Nel programma GAW abbiamo stazioni di alta montagna in tutte le parti del mondo, dall’Artico alle medie latitudini fino ai tropici. Questi siti incontrano molte sfide nel loro funzionamento. Di solito, le condizioni di montagna sono dure e richiedono requisiti molto severi all’affidabilità dell’attrezzatura. Spesso, l’accesso alle postazioni è complesso e l’esecuzione della manutenzione e dei servizi delle apparecchiature può diventare difficile. I preziosi set di dati dovrebbero anche avere una lunga durata per supportare l’analisi del clima e il finanziamento delle osservazioni a lungo termine, specialmente nei paesi in via di sviluppo, è una questione fondamentale. Molti paesi in via di sviluppo richiedono anche un notevole sviluppo di competenze e risorse per poter far funzionare apparecchiature complesse”.

Perché l’impatto dei cambiamenti climatici nei territori montani è una problematica che dovrebbe interessare i ricercatori, i politici e le comunità umane anche al di fuori dei territori direttamente interessati?

“I cambiamenti nelle zone di montagna sono sempre il riflesso di problemi molto più grandi. Le regioni di montagna sono molto sensibili ai piccoli cambiamenti nell’ambiente con gravi conseguenze per gli ecosistemi. La neve e il ghiaccio accumulati in montagna sono una fonte di acqua dolce per molte regioni, perderli ha conseguenze negative per milioni di persone”.

EvK2Minoprio sta sviluppando il progetto MountainGenius, con l’obiettivo di creare una grande piattaforma open data dove far convergere i dati scientifici, le buone pratiche e, in generale i diversi “saperi” legati al mondo della montagna. Quanto è importante per la ricerca contemporanea sull’evoluzione del clima avere a disposizione giacimenti aperti di dati verificati?

“La condivisione dei dati è essenziale per prendere le giuste decisioni su molteplici questioni. Proprio prendendo atto di questa necessità la WMO si è impegnata ad aggiornare la propria politica sui dati, che sarà discussa al prossimo Congresso Meteorologico Mondiale di ottobre. Ci sono molte risorse che sono già disponibili. Ad esempio, tutti i dati raccolti presso le stazioni GAW sono condivisi apertamente nei World Data Center e ci auguriamo che questi dati vengano utilizzati dai governi e dalle parti interessate locali a sostegno delle loro azioni di adattamento e mitigazione”.

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Un commento

  1. La politica in democrazia segue il popolo e il popolo non vuole mai cambiare, vuole solo consumare.
    Penso sia difficile ancora oggi una azione forte di convinzione, ci vogliono sempre tanti anni e tanti danni.
    Ciò che viene fatto è solo informazione per fini politici e economici di parte.
    Ma la scienza e la tecnologia stanno lavorando da due decenni per cambiare “l’offerta di energia” e sembrano a buon punto…. 10 anni per l’industrializzazione.
    Meglio che i politici e la gente non se ne rendano ben conto, così non creano intralci devastanti.

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