Cronaca

Covid-19: due alpinisti bloccati in Cile, in rientro dal Tagikistan 5 scialpinisti

Sarebbero in attesa del volo che finalmente li riporterà a casa i cinque scialpinisti italiani rimasti bloccati in Tagikistan, a seguito della chiusura della frontiere per l’emergenza coronavirus.

Giuliana Steccanella, Annapaola Perazzolo, Fabio Bullio. Giorgio Bonafini e Andrea Micheli, istruttori della Scuola di Scialpinismo Renzo Giuliani del Cai Cesare Battisti di Verona, erano partiti il 21 febbraio scorso da Verona per proseguire in Afghanistan un progetto solidale intrapreso nel 2019 con l’obiettivo di portare lo scialpinismo nella remota regione del Wakhan Corridor. Avrebbero dovuto trascorrere alcune settimane tra i monti del Pamir, per insegnare ai ragazzi appassionati di sci a diventare accompagnatori di piccoli gruppi. Purtroppo l’espandersi del coronavirus dalla Cina in Europa e poi nel resto del mondo, ha bloccato ogni piano, anche quello di un rapido ritorno in Italia. Dopo settimane di incertezze, il 28 marzo, è apparsa però sul sito del “Wakahn project” una buona notizia.

Si apre un piccolo spiraglio, dopo che le nostre autorità hanno trasmesso i nostri nominativi all’ambasciata tedesca a Dushambe che si sta occupando della ricognizione di tutti gli europei nel paese. Siamo stati contattati dall’ambasciata tedesca e pare ci sia un volo il 4 aprile per Francoforte. Teniamo le dita incrociate, manca ancora una settimana, e abbiamo già  visto sparire molti voli. Le cose cambiano in fretta. Ma intanto domenica 29 Marzo o al più tardi lunedì molto presto partiremo per Dushambe  in modo da arrivare alla sera. Saremo quindi vicini e a disposizione dell’ambasciata che, insieme alle nostre autorità, si sta occupando del nostro possibile rientro. È una grande speranza, ora qualcosa di concreto compare all’orizzonte”.

Uno scatto pubblicato nella giornata di mercoledì 1 aprile da Giuliana farebbe ben sperare in una imminente partenza del volo di ritorno. “L’ultimo saluto al nostro “Tutor” Ibrohim… senza di lui non so dove saremo in questo momento. Thanks. Ora vediamo quando arriva il volo”.

La corsa in Tagikistan

Come raccontato da Giuliana Steccanella alla rivista Estreme Conseguenze, il gruppo ha scoperto dell’emergenza Covid solo una volta rientrato a valle dopo 10 giorni trascorsi in isolamento con i ragazzi tra le montagne afghane. Nel tentativo di riportarli a casa quanto prima si è attivata l’Unità di Crisi della Farnesina, in collaborazione con l’ambasciata d’Italia a Tashkent, in Uzbekistan, che rappresenta l’ufficio consolare italiano di riferimento per chi si trova in Afghanistan. Per prendere un volo per l’Italia hanno scoperto di doversi trasferire in Takigistan. Ma al confine sono stati bloccati. Si sono così ritrovati letteralmente a contrattare una quarantena preventiva. “Due settimane in isolamento da passare al General Hospital di Khorog, in Tagikistan. Due settimane chiusi in 2 camere di ospedale”.

Nel mentre il Covid-19 veniva dichiarato pandemia, raggiungeva anche l’Asia centrale, facendo la sua comparsa in Iran e gli aeroporti venivano chiusi uno dopo l’altro. I cinque amici hanno iniziato a temere il peggio, soprattutto consci di essere in un Paese totalmente impreparato a fronteggiare una pandemia. Grazie ad un referente locale, il 21 marzo sono stati trasferiti dall’ospedale in un lodge a più di 500 chilometri da Dushanbe, la capitale del paese, sede dell’unico aeroporto internazionale. È qui che hanno pazientemente atteso i risultati del pressing mediatico messo in campo dal Club Alpino Italiano insieme ai parlamentari veronesi.

Due alpinisti italiani bloccati in Cile

Se per il gruppo veronese la disavventura sta dunque per giungere al termine, arriva notizia di una coppia di alpinisti italiani bloccati in Cile. Jasmine Bisson, 32enne valdostana e Marco Lavaggi, 35enne genovese, sono stati colti dall’avvio dell’emergenza sanitaria in America mentre erano in Patagonia. Di fronte alla cancellazione dei voli di rientro in Italia, hanno iniziato ad arrangiarsi, dormendo in tenda o in appartamenti di fortuna, sperando nel mentre di trovare un modo per tornare in Europa.

“Qui in Cile, alcuni quartieri e paesi iniziano a dichiarare la quarantena totale e gli abitanti anche di villaggi sperduti bloccano l’ingresso ai non residenti per tutelarsi, in tutto lo stato c’è il coprifuoco dalle 22 alle 5”, ha dichiarato Jasmine Bisson all’ANSA.

Sono arrivati in Argentina a inizio febbraio i due giovani, con l’obiettivo di affrontare un ampio tour con tappe nel Parco Nazionale della Terra del Fuoco, sull’Isola Magdalena e nel Parco nazionale Torres del Paine. Nella lista dei desideri avevano inserito inoltre una spedizione autonoma al Campo de Hielo Sur. Domenica 15 marzo, dopo aver attraversato il confine cileno, hanno visto chiudersi alle loro spalle la frontiera argentina. Essere italiani in piena emergenza Covid in Sud America si è rivelato più complicato del previsto. “Gente che ci chiede di dove siamo e appena diciamo italiani fanno due passi indietro o si mettono la mascherina”, ha raccontato Jasmine. Si sono trovati di fronte d ostelli chiusi e appartamenti negati agli stranieri, il tutto condito dalle difficoltà di comunicazione con l’ambasciata.

Sono riusciti con tenacia a raggiungere Santiago, dove avrebbero potuto prendere un volo per l’Italia. Ma i prezzi proposti hanno reso impraticabile la scelta. Hanno così scelto la fuga. La fuga dal virus, lasciando la capitale per spostarsi nelle aree estreme del Nord del Cile. Hanno dovuto affrontare, viaggiando in autobus, gli interrogatori delle molteplici dogane sanitarie allestite, arrivando nella regione settentrionale di Tarapacà. Attendono ora speranzosi di ricevere buone notizie. Al momento sembrerebbe esserci una possibilità di rientro in Italia per il 3 maggio.

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